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 2023  ottobre 27 Venerdì calendario

Biografia di Bernie Ecclestone (Bernard Charles E.)

Bernie Ecclestone (Bernard Charles E.), nato a St Peter South Elmham (Bungay, Suffolk, Inghilterra) il 28 ottobre 1930 (93 anni). Uomo d’affari • «Il Supremo» • «Il Dittatore» • «L’Eterno burattinaio» • «Il Napoleone della Formula 1» • «Il Padre-padrone del Paddock» • Fu lui, negli anni Settanta, a mettere in piedi il Formula 1 Group, la compagnia privata che organizza le gare di Formula 1 e ne gestisce i diritti televisivi e commerciali. «L’uomo che ha trasformato la Formula 1 in un business globale» (Umberto Zapelloni, Il Foglio 28/10/2020) • Patrimonio stimato in 2,4 miliardi di sterline (Forbes, 2023) • Caschetto bianco. Stile da rocker. Cinismo e spregiudicatezza. «Un uomo dalle tante vite, che guarda sempre al domani e molto poco all’indietro. Ironia feroce, geniale, spregiudicato, sempre lucido, mai banale» (Daniele Sparisci, Corriere della Sera 10/4/2020) • Negoziatore implacabile. Capace di far aspettare primi ministri e principi del sangue. Caustico umorismo british. Dotato però, o almeno così dicono, di una vena malinconica. Ha detto di essere un grande ammiratore di Adolf Hitler e di Saddam Hussein. Lewis Hamilton lo ha accusato di essere ignorante, maleducato e razzista. Nel 2022, in una delle sue ultime interviste, disse: «Per Putin, me la prenderei una pallottola» • Tre matrimoni. È stato sposato in seconde nozze a una modella croata ventinove centimetri più alta di lui. In terze nozze ha impalmato un’avvocatessa brasiliana, che ha la metà dei suoi anni • È diventato padre per la quarta volta all’età di novant’anni – quando era già bisnonno – rendendo in un colpo solo Charlie Chaplin (ultimo figlio a 73 anni), Mick Jagger (anche lui 73) e Pablo Picasso (68) dei padri giovani • «Tutti passano, ma non lui. L’immutabile Bernie. Rughe come canyon che gli solcano il volto? Frasi pronunciate a volumi appena percepibili? Non conta nulla. Perché Bernie è più solido dei Rolling Stone: Mick e Keith, appena più che settantenni, sono ragazzini, a confronto» (Emilio Deleidi, Quattroruote 10/2016) • «Oggi, a novant’anni suonati, è un ricchissimo pensionato che si gode la vita tra polemiche, tanti figli e anche un arresto in Brasile. I giornalisti lo chiamano, gli chiedono la sua opinione su qualcosa, e Bernie regala loro la notizia della settimana» (Giulia Tonineli, Mow 30/6/2022) • Ha detto: «Se mi chiedete di andare a vedere un balletto non fa per me. Poi se provo magari mi appassiono… Solo non riesco a capire il motivo per cui le ragazze devono danzare sulle punte. Perché non le prendono più alte? Sarebbe tutto molto più facile».
Titoli di testa «La prima regola di un buon venditore di auto usate è la puntualità. Alle 12.29 Bernie Ecclestone apre la porta al 66 di Knigthsbridge. Certe abitudini non te le puoi togliere di dosso. Neanche se dopo aver venduto macchine sei diventato una delle persone più ricche e famose del mondo. Davanti alla finestra grande del bar Boulud la bionda manager di sala, sin lì ipnotizzata dall’autunno londinese, si desta improvvisamente alla vista dell’inconfondibile caschetto bianco. “Buon giorno Mister E, il suo tavolo è pronto, se vuole seguirmi…”» (Marco Mensurati, Rep 27/10/2017).
Vita Padre pescatore, madre casalinga. Adolescenza sotto le bombe tedesche. Vocazione innata per gli affari. «Da ragazzino, vendeva penne, matite e compiti ai compagni di classe» (Zapelloni) • A sedici anni, finita la guerra, lascia gli studi. Il suo sogno è diventare un pilota. Ma servono soldi, e siccome si intende di motori comincia a vendere pezzi di ricambio • «Il 13 maggio 1950, giorno in cui la Formula 1 cominciò la sua avventura a Silverstone, nel vecchio aeroporto militare trasformato in circuito […], Bernie Ecclestone era lì per correre. Il giovane Bernie non aveva compiuto vent’anni […] “I was there. Io c’ero. […] Non partecipavo alla gara principale, ma in quelle che venivano chiamate Support races, la Formula 500, la Formula 3 di oggi. Con me in pista c’era anche Stirling Moss, lo ricordo benissimo”» (Zapelloni). «Ero solo un ragazzo, e fu un’esperienza emozionante correre in un circuito del genere […]. C’era un mare di gente anche se non c’erano le tribune che abbiamo in mente oggi. E poi quelle auto italiane rosse, quelle Alfa Romeo, che dominarono la gara…». «A quei tempi la Formula 1 era ancora uno sport da gentlemen appassionati, non un lavoro per fare soldi. Team e piloti erano orgogliosi di farne parte» • Con i risparmi acculumati Bernie riesce a acquistare un’auto da corsa Cooper F3 da 500 cc., ma la sua carriera non decolla. «Se oggi motorsport is dangerous, in quell’era perduta lo era ancora di più. A Brands Hatch, nel 1953, dopo una collisione con Bill Whitehouse, che in seguito morirà in un incidente di F2 a Reims, Bernie è sbalzato dall’abitacolo della sua monoposto e atterra direttamente nel parcheggio del pubblico» (Giacomo Cunial, Contrasti 8/6/2021). I sogni di gloria sono finiti: il giovane Ecclestone si ritira dalle corse (cinque anni dopo proverà a partecipare al Gp di Monaco nel 1958, ma non si qualificherà) • Si concentra sul lavoro. Prima apre un concessionario Mercedes-Benz. Poi avvia una piccola attività di compravendita di ricambi meccanici, la Compton & Ecclestone, che diventerà una delle maggiori concessionarie inglesi. Quindi diventa speculatore immobiliare. «Io non ho mai lavorato solo per fare soldi. Per me fare affari era una specie di competizione. Più ci riuscivo, meglio mi sentivo. Il fatto che mi facesse diventare ricco era solo una conseguenza» • Il mondo delle corse gli è rimasto in testa, nel 1971 diventa proprietario della scuderia Brabham. Dove diavolo ha trovato il denaro? • Nessuno ha mai saputo come abbia fatto i primi soldi. C’è persino chi sostiene che lei abbia preso parte alla grande rapina al treno postale del 1963, quando vennero rubati 2,6 milioni di sterline (60 milioni di euro di oggi). La banda fu arrestata, ma il bottino mai recuperato.... «Impossibile, c’erano troppi pochi soldi su quel treno! (ride)». «La verità è che l’autista della banda era un bravo pilota. Graham Hill mi disse che dovevamo fargli un provino alla Brabham per aiutarlo. Ma aveva più di trent’anni… Era troppo vecchio e gli chiesi cos’altro sapesse fare. Sapeva lavorare oro e argento. Così gli dissi di fare i trofei per la coppa che ancora oggi consegniamo agli organizzatori» (Mensurati) • «L’origine della mia fortuna è la fortuna stessa». Si ritiene un uomo fortunato? «Ho avuto un sacco di idee e una buona capacità di realizzarle, ma poi sono stato anche fortunato a incontrare tante persone che mi hanno aiutato» (Mensurati) • L’idea di Bernie, quella che davvero segnerà la sua vita, arriva nel 1974: fonda l’Associazione dei costruttori di Formula 1 (FOCA) a cui aderiscono tutte le scuderie. «Le scuderie inglesi impiegavano ingegneri aerodinamici arrivati dall’industria aerospaziale, forte delle esperienze belliche, e che progettavano le monoposto associando i telai di propria realizzazione con motori 8 cilindri Ford Cosworth […] Avversaria degli inglesi era la Ferrari, che realizzava tutto a Maranello: motori 12 cilindri, telai, cambio. Ovvio, allora, che fra gli inglesi ed Enzo Ferrari a volte ci fosse tensione sui regolamenti, soprattutto quando Colin Chapman − estroso proprietario della Lotus − tirò fuori delle appendici mobili che chiamò “minigonne”: scorrevano verticalmente sulle fiancate della monoposto e la sigillavano a terra in curva, garantendo un’eccezionale tenuta di strada. In più c’era il sospetto che le auto inglesi fossero sottopeso e superassero le verifiche grazie a ingegnosi espedienti, praticamente annullando la potenza superiore dei motori Ferrari. Ecclestone, presidente della FOCA, si trovò fra l’incudine (inglese) e il martello della Federazione automobilistica − presieduta dal francese Jean-Marie Balestre − che sosteneva i diritti della Ferrari e della Renault, nel frattempo entrata in F1 con un motore sovralimentato. Ma la disponibilità di Bernie al compromesso costruttivo salvò la situazione: nel 1981 un accordo generale, definito Patto della Concordia, accontentò tutto il Circus. Grazie, ovviamente, alla distribuzione del denaro che arrivava all’organizzazione dei Gran Premi» (Nestore Morosini, GQ 18/11/2020) • «Il mio grande merito? Aver attirato le televisioni di tutto il mondo. A quel tempo, trasmettevano solo la gara di Monaco. Io volevo che trasmettessero ogni gara e le comprassero come un pacchetto, non gran premio per gran premio. Non ho idea di come ci sia riuscito. Ero solo un semplice rivenditore di auto. Probabilmente ho venduto la Formula 1 come un buon rivenditore di auto usate» • Insomma: Ecclestone, già passato da pilota a proprietario di scuderia, diventa l’uomo a capo di tutto il mondo delle corse. Prima di lui, la Formula 1 lottava per trovare un posto nel mondo moderno. Dopo di lui, la Formula 1 diventa una macchina sforna soldi e un impero personale. Scrive Mensurati: «Nella Formula 1 e in generale in tutto il mondo dell’automotive, bastava pronunciare il suo nome per evocare successo, fama, potere. Bastava dire “Mister E vuole così” per aprire porte anche laddove porte non ce n’erano: se lo voleva Mister E i peggiori bidoni diventavano macchine vincenti; imprese sconclusionate, team fenomenali; i paracarri, dei campioni».
Amori La prima moglie, Ivy Bamford, sposata nel 1952, che lo rese padre di una Deborah.
Amori/2 La seconda moglie, l’ex modella di Armani Slavica Radic, da cui ha avuto Tamara e Petra, protagoniste del gossip internazionale. «Una moglie feroce e piщ giovane di lui di trent’anni, che l’ottantenne padrone della Formula Uno si portava a spasso per i box come un trofeo, ostentando con orgoglio quei ventinove centimetri di differenza: 1,59 lui, 1,88 lei. “Io lo so come si domina una valchiria”. Non lo sapeva. Come in una gag di Zelig a comandare era lei, gelida modella croata che […] gli ha impedito di partecipare al funerale del padre (Sidney) per non vederlo seduto di fianco alla figlia del primo matrimonio (Debbie). E più in generale lo ha ripetutamente insultato, picchiato, usato come bersaglio e umiliato davanti a colleghi, amici e parenti. “Si crede di essere un grande uomo, ma è soltanto un nano”. Quando si sposarono in Comune c’era solo un ospite: Max Mosley. Fece da testimone. Bernie decise di portare Slavica a pranzo al Langan’s. Non avendo prenotato non li fecero entrare. Lei torna a casa in taxi […] A raccontare l’imbarazzante lato oscuro dell’imperatore da Gran Premio è un libro del giornalista Tom Bower, che Ecclestone considerava un amico. Di più, un confidente. “Facciamola pure la mia biografia, ma lascia fuori la mia famiglia”. Quello gli ha detto: “Ci mancherebbe Bernie”. Ovviamente lo ha devastato» (Andrea Malaguti, Stampa 19/2/2011).
Amori/3 Fabiana Flosi, la terza moglie. Avvocato, classe 1976. Si sposarono nel 2012 quando lui aveva 82 anni e lei 38.
Figli La paternità a 89 anni, la notizia fece il giro del mondo. L’amico Flavio Briatore: «Sul momento mi ha fatto effetto, poi ho pensato: bene così. Bernie avrà il suo primo figlio maschio, farà un percorso con lui che mi auguro più lungo possibile. Poi non ci sarà più. Ma in fondo non è poi così male ritrovarsi orfano di Bernie...».
Suocera Aparecida Schunck, madre della sua terza moglie, una ventina d’anni in meno di lui, nel 2016 fu rapita da una banda armata che chiese un riscatto di 28 milioni di sterline. Dopo nove giorni fu liberata con un blitz dalla polizia brasiliana. Mister E ci scherzò su: «I miei amici sapevano che non avrei pagato un centesimo per una suocera».
Tony Nel 1997 donò un milione di sterline al Labour di Tony Blair.
Margaret «Ero un grande sostenitore della signora Thatcher. Pensavo che fosse andata avanti con le cose nel modo giusto. Persona corretta».
Botte Nel novembre 2010 alcuni teppisti lo hanno assalito e pestato. Era assieme alla compagna Flavia Flosi. Preso e gettato a terra, lo hanno preso a calci e sono fuggiti con un bottino di 200 mila sterline. Intervistato dal Daily Express, Bernie dichiarò che se glieli avessero chiesti, lui i gioielli li avrebbe consegnati senza opporsi.
Addii Il suo regno finisce nel 2017. Dopo 40 anni, la proprietà del Circus passa sotto al controllo della Liberty Media Corporation. Una multinazionale con interessi in svariati campi, dalle squadre di baseball (gli Atlanta Braves) allo streaming di musica in India, focalizzato sulla comunicazione (con i gruppi Time Warner e Viacom, testate come Time, People, Sports Illustrated e, soprattutto, con il colosso televisivo Discovery Communications). Valutazione dell’operazione: 8 miliardi di dollari. Da allora l’ad della F.1 diventa Chase Carey. Il giocattolo di Ecclestone non è più suo. «Gli acquirenti, gli americani della Liberty Media, vittime del più classico dei complessi yankee, un po’ per gelosia un po’ per paura di non essere all’altezza, lo hanno estromesso, nonostante l’iniziale promessa di lasciarlo al comando per altri tre anni. Perdere il potere a 87 anni […] è nell’ordine delle cose. Perderlo così, fa male. Tuttavia Ecclestone ne ha viste troppe in vita sua per portare rancore. E poi ha troppo senso dell’umorismo». «Mi hanno deposto. È ufficiale, non sono più il capo della società» disse per annunciare il siluramento dopo quattro decenni. «Ora le mie giornate saranno più tranquille. Forse tornerò a vedere un Gp. Ho ancora tanti amici nelle corse e un po’ di soldi da parte per pagare il biglietto» (Sparisci).
Finocchi Le è piaciuta la cerimonia prima della gara di Austin? «Forse è stata fantastica per gli americani ma per la F1, no. Mi hanno mandato un sacco di commenti i miei amici, uno diceva: “A un certo punto mi aspettavo saltasse fuori Biancaneve”. Avevo costruito un ristorante stellato, loro lo stanno trasformando in un McDonald’s. A un certo punto ho visto saltare fuori due piloti della Sauber tutti vestiti di rosa. Ho pensato: finalmente una bella coppia di piloti finocchi in Formula 1». Si rende conto che questa è irricevibile? «Ma ero indignato! I piloti non vestono così! Se mai avessi avuto qualcosa a che fare con quelli, li avrei fatti tornare indietro a cambiarsi. Vestitevi in modo appropriato, avrei detto. Esiste una componente di machismo in Formula 1, e va rispettata» (Mensurati)
Gaffe Lei in questi anni ha avuto un numero impressionante di uscite infelici. Da quando sostenne che Hitler è “uno che sa fare le cose” a quando definì le donne “addetti domestici”. Come spiega questa sua attitudine? «La cosa di Hitler è stata male interpretata. Mi avevano chiesto di fare dei nomi di personaggi storici che sapevano fare le cose. Nominai la Thatcher e nominai anche Hitler: aveva preso un paese in bancarotta e l’aveva risollevato. Sapeva fare le cose, non c’è dubbio. Non ho mai negato che fece molto altro di cui nessuno potrebbe essere orgoglioso. La cosa delle donne, come questa sui piloti finocchi, era invece una battuta. Ho un senso dell’umorismo un po’ irriverente. Mi spiace se qualcuno non lo capisce. Capita spesso, soprattutto con gli americani» (Mensurati).
Grane Nell’ottobre 2023, a Londra, si è dichiarato colpevole di frode fiscale, per non aver dichiarato più di 400 milioni di sterline (circa 473 milioni di euro): li aveva sottratti al fisco britannico depositandoli in un fondo fiduciario di un conto bancario di Singapore, tra il 2013 e il 2016. Condannato a pagare 750 milioni di euro di multa e a 17 mesi, pena sospesa, con una condizionale di due anni. Tradotto: se nel corso dei prossimi 24 mesi non commetterà altri reati, la pena non dovrà essere scontata.
Curiosità Detesta il vino, beve solo birra • Anche nel ristorante più costoso di Londra, è capace di ordinare hamburger, patatine fritte e acqua gasata • Ha la suoneria con il fischio del Buono, il brutto e il cattivo • Secondo sport preferito dopo la Formula 1: il tennis • Vive in Svizzera • Durante la pandemia si rifugiò nella sua piantagione di caffè nella zona di San Paolo, in Brasile, estensione superiore a quella del principato di Monaco • Si è ammalato lo stesso di Covid, ma è sopravvissuto • Ha visto dal vivo oltre settecento gare • Suo sogno: far correre un Gran Premio di Formula 1 nell’intera area metropolitana di New York • Sua idea per rendere meno noiosa la Formula 1: un po’ di pioggia artificiale sulle piste. Altra idea: far correre anche le donne • «Non sono più il Napoleone dei GP. In passato era più facile fare il dittatore. Ma adesso la F.1 è più democratica. Odio la democrazia come sistema politico, impedisce di realizzare le cose. Credo che le decisioni non debbano essere lasciate al popolo» • Il più grande pilota di sempre secondo lui: Alain Prost. «È uno degli ultimi ad aver vinto senza tutti gli aiuti che hanno i piloti di oggi. C’è stata un’epoca in cui i piloti non avevano nessun tipo di informazione. Salivano in macchina e la dovevamo spingere al massimo. Oggi sanno tutto della loro auto e di come cambia durante una corsa» • Sua tesi sul perché, dopo Alberto Ascari nel 1953, nessun italiano è più diventato campione del mondo: «Sono convinto che dipenda dal carattere degli italiani. Quando Nelson Piquet arrivò dal Brasile in Inghilterra viveva in un monolocale e mangiava cibo inglese. Si veniva qui per fare esperienza: i giovani piloti volevano correre e vincere, quindi erano disposti a fare sacrifici. Ma credo che quelli italiani non abbiano mai voluto fare questa scelta» • Pensa che la Formula 1 continuerà a esistere per sempre: «Era necessario atterrare sulla luna? Ha dato da mangiare agli affamati? No, ma l’umanità ne è ancora affascinata oggi. Le persone hanno bisogno di eroi. I piloti da corsa, in particolare i piloti di Formula 1, sono astronauti da ammirare» • «Il mondo va così: ci sono i ricchi e quelli che hanno pochi soldi, non si può cambiare» • Riguardandosi indietro, dice: «La mia ispirazione è stata quella di rendere possibile l’impossibile» • Chi dopo di lei? «Sono un cattivo maestro, non ho creato eredi. Quando si ritirò Sinatra, non si trovava nessun altro che cantasse come lui» (Stefano Zaino, Rep 28/3/2015) • «Quando me ne sarò andato, me ne sarò andato. L’ho detto a Fabiana molto tempo fa: quando muoio, prendi una bella scatola di cartone, mettimi nella scatola e mettimi nel forno. Ma prima di farlo, scrivi DHL sulla scatola e fatti pagare per la pubblicità».
Titoli di coda Mister E, ha già scelto il nome del primo erede maschio? «No, non è semplice scegliere il nome che poi una persona si deve portare dietro per tutta la vita. Bisognerebbe chiamarli con un numero, poi far scegliere a loro il nome quando compiono 18 anni». Un numero come un’auto da corsa. Allora è un vizio. Risata. «Non sarebbe male» (Zapelloni).