Corriere della Sera, 28 novembre 2023
A volte ritornano
Pietro Lunardi, da Parma, classe 1939. Paola Binetti, Roma, 1943. Roberto Castelli, Lecco, 1946. Roberto Formigoni, ancora Lecco, 1947. Letizia Moratti, Milano, 1949. Tre ragazzini: Nichi Vendola, da Bari, 1958. Gianni Alemanno, di nuovo Bari, 1958. Marco Rizzo, Torino, 1959, che comunque la somma di ognuno, di anni, ne fa almeno 64.
L’eterno ritorno, gli dèi ci perdonino. Per Nietzsche è una concezione cosmologica secondo la quale il corso degli eventi del mondo, compiuto il proprio ciclo, ritorna su se stesso. Per Vico l’umanità passa dalla fantasia alla ragione e poi, corrompendosi, ricade nello stato selvaggio. Cincinnato ha un doppio volto: è colui che nonostante i meriti acquisiti si ritira a una modesta vita privata. Oppure gli piace darlo a credere, e ostenta una semplicità che non gli appartiene, pronto a piazzare la zampata. Ma indubbiamente il filosofo di riferimento è George A. Romero. Dai, che ve lo ricordate quel film capostipite, dove anche quelli di cui ti sei fidato in passato tornano per divorarti. Non per cattiveria, ma perché spinti dalla necessità.
Sì perché la politica e il potere sono malattie incurabili, che minano il sistema nervoso e dilaniano le viscere, finché non le nutri. Eccoli allora che ritornano, non perché lo fanno apposta, ma perché sono disegnati così.
Pietro Lunardi, ingegnere, ex ministro delle Infrastrutture del secondo e terzo governo Berlusconi, è diventato consulente di Matteo Salvini per il Ponte sullo Stretto, che, salvo errori, è immaginato al Sud. Ma era lui o non era lui che ebbe a dire: «Mafia e camorra ci sono sempre state e sempre ci saranno. Dovremo convivere con queste realtà». E quindi, sacrosanto, «questo problema non ci può impedire di fare le infrastrutture». E poi, meno sacrosanto, «c’è il segreto per evitare che nascano questi problemi di camorra, che ci saranno, per carità, e ognuno se li risolverà come vuole». Allerta spoiler: sì, era lui.
«Via passasti con la spada in pugno ed il cilicio al cristian petto», e questo è Carducci, e quindi lasciatela stare Paola Binetti, pure lei consulente, questa volta della commissione diritti umani per occuparsi dei feti. Anche lei tra i ritornanti, senatrice con la Margherita, poi nel Pd, poi con l’Unione di centro, poi con Scelta civica, e ancora gruppo misto, Forza Italia, infine sconfitta da Renate Gebhard della Svp. «Sono pure stata presa in giro per essermi lasciata sfuggire la storia del cilicio – ha raccontato ad Aldo Cazzullo —. Che Cosa pensavano? Di avere a che fare con una Zapatera?». Da vocabolario, cilicio: cintura ruvida e nodosa, che si porta sotto gli abiti, come pratica religiosa di penitenza.
In lista o consulenti
C’è chi correrà alle Europee e chi, come l’ex ministro Lunardi, è consulente di Salvini
«Nella politica di Salvini c’è ormai una deriva meridionalista. Per questo prima ho lasciato la Lega e oggi fondo il Partito popolare del Nord». Chi se lo ricorda Roberto Castelli? Ingegnere pure lui, ministro della Giustizia, fedelissimo di Umberto Bossi, avvistato in piazza nei tempi d’oro a gridare: «Chi non salta italiano è, è!». Punta alle elezioni europee in versione Jacques de La Palice: «Sotto l’uno per cento sarà un insuccesso, tra l’uno e il tre si vedrà, sopra il quattro sarà un trionfo».
«Sono felice e sto benissimo, sto per andare a pranzo con cinque o sei amici...». E fin qui ci sta, la gioia di Formigoni, dopo che si è scontato per intero la condanna a cinque anni e dieci mesi per corruzione. Il debito con la giustizia lo ha pagato, e ci mancherebbe che non possa sbocconcellare una cotoletta orecchia d’elefante con due foglie di rucola. È l’aggiunta che sa di recidiva politica: «La cosa che mi è pesata veramente è l’ingiustizia della condanna che ho subito – ha detto a Giuseppe Guastella sul Corriere —. Certo, avrei fatto meglio a non fare quelle vacanze… E che sia chiaro, in questo momento non sono candidato da nessuna parte e le elezioni sono a giugno, si vedrà, e comunque bisognerà prima verificare se e quando potrò candidarmi, e questo non è ancora chiaro». Perché al momento è interdetto, almeno fino a quando e se sarà riabilitato. E pure Letizia Moratti ci pensa alle Europee, lei che dopo essere stata tritata da Attilio Fontana nella corsa terzopolista alla guida della Regione Lombardia è tornata tra gli amici di Forza Italia.
E poi Gianni Alemanno, che ci proverà probabilmente in proprio a candidarsi, non fosse altro che per far dispetto a Giorgia Meloni, che considera schiacciata sotto il tallone di ferro di londoniana (nel senso di Jack London) memoria. Magari con al fianco Marco Rizzo, comunista come Mario Brega, cioè non con un pugno solo chiuso, ma con tutti e due, come da film di Carlo Verdone. Perché poi che Mario Brega fosse, nella realtà, convintamente di destra, lo sanno tutti.
Resta Nicola Maria Vendola, detto Nichi, che il gran passo del ritorno politico l’ha già fatto: è il nuovo presidente di Sinistra italiana, non c’è stato neanche bisogno di votare, trionfo per acclamazione. «È un ritorno alla politica attiva, questo sì, ma non mi candido a niente», ha giurato. E bisogna credergli, anche perché, quando c’è da essere eletti, in Sinistra italiana bisogna mettersi in fila dietro Elisabetta Piccolotti e suo marito Nicola Fratoianni, con ogni evidenza i più bravi di tutti.