La Stampa, 28 novembre 2023
Vite regolate da rapporti di forza
Le nostre vite, dal primo all’ultimo minuto, sono regolate da rapporti di forza, e il nostro destino dipende da come noi esercitiamo la forza e da come gli altri la esercitano su di noi. Qualche settimana fa avevo incontrato fortuitamente la prima donna a capo della procura generale di Milano, Francesca Nanni. Subito s’era avviata a raccontarmi di una storia che le stava a cuore, di un pastore sardo condannato all’ergastolo per triplice omicidio del quale sospettava l’innocenza e, quando era a capo della procura generale di Cagliari, era riuscita a ottenere il processo di revisione. Il pastore – ne avrete sentito parlare in questi giorni – si chiama Beniamino Zuncheddu ed è stato appena scarcerato dalla corte d’appello di Roma, nonostante la nuova sentenza non sia ancora stata pronunciata. È però già evidente che le prove, attraverso cui venne condannato, furono ottenute dalla polizia istruendo l’unico testimone a dire il falso anziché il vero. Zuncheddu si è fatto 32 anni di galera: ne aveva 26, ora ne ha 58. Francesca Nanni cominciò a incuriosirsi quando l’avvocato le disse che Zuncheddu aveva rifiutato un permesso premio perché avrebbe significato riconoscere la legittimità della condanna. Era l’unico atto di forza che gli fosse ancora consentito: la protesta non violenta contro l’abuso di forza che un uomo dello Stato aveva usato per togliergli la libertà, una forza così potente che piega la democrazia. L’atto di forza di Francesca Nanni è stato di usare la sua, ancora più potente, per provare a raddrizzarla. È notevole che fra due forze usate al meglio e una al peggio, ha pesato di più quella usata al peggio.