la Repubblica, 27 novembre 2023
Intervista a Pupo
C’è un uomo solo sul ponte.
Cammina e si guarda intorno, ha una custodia con la chitarra e una borsa a tracolla. Ancora 300 metri ed entrerà nell’exclave russa di Kaliningrad, tra Polonia e Lituania, dove non può passare nulla a causa dell’embargo provocato dall’attacco all’Ucraina. Se Pupo vuole arrivare in città, dov’è atteso per un concerto, deve superare il ponte a piedi: è scritto nel contratto. La scena, quasi da film, è avvenuta una settimana fa. A raccontarla è lo stesso Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, in tour fino alla metà di dicembre nei palazzetti dei Paesi dell’Est: Lituania, Kazakistan, da sabato scorso in Russia per l’evento dell’emittente Retro Fm a Mosca, poi San Pietroburgo, Krasnoyarsk, Novosibirsk, Ekaterinburg.
È una scelta controcorrente andare in Russia oggi.
«Sì, ma anche molto interessante. Per me è un onore portare la mia musica ovunque, in Russia ma anche in Ucraina, dove peraltro mi hanno invitato. Il fatto che dal mio piccolo paese di Ponticino (Arezzo, ndr )io sia arrivato così lontano nel mondo, lo vivo come una grazia: qualche giorno fa ero in Lituania per l’evento Pupo and friends,sulla musica degli anni Ottanta ma veicolata ai giovani in versione glamour, non revival. E il 27 gennaio Pupo and friends sarà al Cremlino, con tutti i cantanti russi».
Una certa critica non le ha mai perdonato nulla.
«Anch’io sono una persona critica, ho la tendenza a giudicare perché ho un’idea precisa delle cose. Non mi sono mai offeso, anche quando scrivevano quelle cagate su di me, o quando Enzo Biagi diceva che con la mia faccia da salumiere non potevo piacere al pubblico. Mi ha protetto il mio egocentrismo, il mio complesso di superiorità, delle critiche non me ne è mai fregato nulla».
A Sanremo 2010, con Emanuele Filiberto e il tenore Luca Canonici, vi fischiarono, “Italia amore mio” venne definita “la canzone più brutta del secolo”.
«Tra l’altro scritta interamente da me, musica e parole: diedi parte dei diritti del brano al principe Emanuele Filiberto per far diventare la canzone credibile, ma lui non c’entrava nulla: lo dico oggi per svincolarlo da tutte le responsabilità.
Quel giorno ho goduto anche perché avevo previsto che la nostra canzone sarebbe stata eliminata la prima sera, ma poi sarebbe stata ripescata e infine avrebbe vinto il festival».
Come nacque quel trio?
«Era un progetto nato a tavolino. Ma da lì a dire che era la canzone più brutta del secolo ce ne corre, vuol dire un attacco contro il principe, non solo contro di me. Quando la canto per gli italiani nel mondo, si commuovono. E poi, a dirla tutta, la canzone non solo è arrivata seconda ma aveva vinto il festival, sono io ad aver accettato il secondo posto».
Dice sul serio?
«Prima della finale i vertici Rai avevano ricevuto una telefonata dalla presidenza della Repubblica, temevano lo scandalo di un rappresentante di casa Savoia al primo posto a Sanremo. Avevano capito che avremmo vinto osservando il picco di ascolti record della serata in cui avevamo ospitato Marcello Lippi: quella sera si ruppe lachitarra, ci fu un attimo di impasse e allora Lippi fece un promo della canzone, cosa che non si poteva fare.
Sabato mattina mi dissero che mi squalificavano e che avrei cantato solo come ospite; risposi che, pur avendo partecipato sei volte, non avevo mai vinto Sanremo: “Mi toglierete la vittoria lunedì mattina, ma io stasera vinco il festival e poi ci vediamo in tribunale”. Pensarono a un accordo, mi proposero secondo, dissi: “Secondo va bene”».
Lei cominciò a cantare grazie alla Baby Records di Freddy Naggiar.
«Lo sento ancora, è mio fratello, vive in Scozia in un castello che ha comprato da J. K. Rowling, l’autrice di Harry Potter. Alla Baby Records mi hanno lanciato come uno yogurt in scadenza. Avevo risposto a un annuncio pubblicato su Ciao 2001 e al provino Naggiar mi disse: “Hai una vocina del cazzo ma vedo qualcosa in te, lasciami il telefono”. Avevo 18 anni e mezzo ed ero sposato con un figlio, la mia ragazza di allora, Anna, era rimasta incinta. Naggiar mi cambiò il nome: “Il tuo fa cagare”, propose Pupo, a me non piaceva ma insistette, del resto a 20 anni ne dimostravo 14».
Naggiar aveva avviato la casa discografica per una scommessa al
tavolo da poker. Era un giocatore d’azzardo, è lui ad averla ispirata?
«No, l’imprinting me lo ha dato mio padre, che era il postino del paese. Ai suoi livelli, era un giocatore d’azzardo patologico, perdeva tutto.
Ho dormito con la testa poggiata sui tavoli da gioco già a 5 o 6 anni. Sono diventato un giocatore d’azzardo e lo sarò sempre, non è un vanto né una cosa che puoi gestire. Non si guarisce con una terapia: non è una sostanza, il gioco sei tu, puoi solo imparare a dominarlo, con la sofferenza».
Resta un giocatore?
«Lo si vede anche dalla carriera e dalle scelte di vita che ho fatto. Ho vissuto momenti di grande esplosione e cadute rovinose: nell’80, a 25 anni, con Su di noidiventai miliardario, dieci anni dopo avevo alcuni miliardi di debiti. Nell’83 a Saint Vincent ho perso 130 milioni di lire in una sola mano di chemin de fer, ci rimisi un appartamento appena comprato. Oggi sono tornato a essere milionario come prima».
Parliamo di canzoni e di donne: “Su di noi” a chi è dedicata?
«L’ho scritta con Donatella Milani, è dedicata al nostro amore: era la mia corista, per lei lasciai mia moglie.
Aveva genialità, l’attacco del pezzo èsuo. E pensare che non voleva firmarla, l’ho obbligata io. Oggi quella canzone ha una rendita pazzesca».
“Lo devo solo a te” a chi si rivolge
«A mia moglie Anna, descrive il dopo Donatella Milani che lei ha aspettato.
Come ha saputo aspettare lei, nessun’altra».
Avete avuto una seconda figlia.
«È nata nel 1991, la terza l’ho avuta da un’altra donna, Maria, una mia fan».
Quindi nella sua vita ci sono tre figlie e tre donne.
«Sì, c’è anche Patricia, la mia compagna da 35 anni: è una doppia convivenza che continua con grande serenità e con sempre più convinzione di aver fatto la scelta giusta. Siamo passati attraverso tanta sofferenza ma oggi noi tre siamo una realtà meravigliosa».
Lei non ha mai nascosto questo suo ménage à trois.
«Il merito è tutto loro, io non ho fatto nulla, sono un uomo normale che ha trovato due donne eccezionali. Lo dico senza falsa modestia, anche perché quando vedo un falso modesto che conduce in tv cambio canale».
A proposito di tv, ne ha fatta: “Affari tuoi”, “Domenica in”…
«Sono prima un cantautore e poi un discreto conduttore televisivo. Non sono un ospite, e infatti non vado, mi invitano tutti ma non vado. Mi sembra non abbia più senso, e non ho bisogno né di soldi né di popolarità».
Farebbe ancora tv?
«Non farei più un programma giornaliero, mi ha salvato economicamente ma ho già dato.
Fare i giudici nei talent, poi, è assurdo, tutti protagonisti. Per due anni ho fatto l’opinionista del Grande fratello,c’era la pandemia e avevo poco da fare: ma non ho mai visto un minuto delGrande fratello in vita mia. C’era chi lo seguiva per me, un autore tv. Io non avevo la forza di guardarlo per quanto mi faceva cagare».