la Repubblica, 27 novembre 2023
Playstation e burraco una squadra di amici cancella le liti del ’76
C’era quella Squadra, ora c’è questa Squadra. Ma è una storia unica. Quella era a modo suo gioiosa, questa ha tanta allegria. Da Santiago del Cile a Malaga, 10.385 km di viaggio, un’attesa lunga 47 anni. Dal ciuffo di Adriano Panatta siamo passati ai riccioli rossi di Jannik Sinner. Dal baffo di Tonino Zugarelli al pizzetto di Lorenzo Sonego. E, da Corrado Barazzutti e Paolo Bertolucci, ai giovanissimi Lorenzo Musetti e Matteo Arnaldi.
Similitudini, differenze. All’epoca, in quella squadra, nel 1976, il capitano Nicola Pietrangeli era il “vecchione” del gruppo, che faceva (o cercava di fare…) l’ago della bilancia perché, ricorda, «le squadre erano due: non si parlavano…». Panatta&Bertoluccicontro Barazzutti& Zugarelli. Si evitavano, se potevano.
Troppo diversi gli uni dagli altri, le ruggini sono rimaste. Se non altro Panatta e Bertolucci sono ritornati in coppia, e giocano a prendersi in giro (fintamente), ed è un bel modo di sorridere e mostrare punti di vista diversi.
Oggi invece il capitano Volandri (che per lo stress ammette di sentirsi sessantenne a fronte dei suoi quarantadue anni anagrafici), ha avuto gioco più facile nel tenere il gruppo unito, tolto qualche battibecco (vedi l’escluso Fognini). In Spagna è un altro mondo, tutto piùeasy. Non s’era mai visto che una delle star, nello specifico Matteo Berrettini, venisse appositamente a fare il tifo. Senza secondi fini, puro spirito di gruppo per un grande gesto sportivo, spontaneo e sincero. Lo spogliatoio è diventato amico. «Stiamo bene insieme, Jannik ci aiuta, dà energia» sono le frasi ascoltate in questi giorni,perché Sinner non è uno che se la tira. «Ma come, eri amico mio e ora sei diventato amico di Sinner?» imbecca da finto piccato Berrettini a Sonego, che gli deve la conoscenza della fidanzata. «Ma no, a me piacciono le persone umili…». E magari le persone con cui puoi giocare alla Play, e chissà poi chi le vince quelle sfide col joystick tra Torino (Sonego) e Milan (Sinner). «A burraco vince Sonego…» è l’unica ammissione di Sinner, e forse il suo coach Vagnozzi, anche lui presente in Spagna, ha tirato un sospiro di sollievo nel vedere che poteva scansarsi per una volta, essendo già la vittima sacrificale del gioco a carte nei tornei.
Questa squadra, infatti, è molto allargata. Ci sono anche i coach personali dei ragazzi, e Gipo Arbino guarda il gruppo e se la ride col suo sigaro permanente sulle labbra. Il confronto è continuo, ma c’è sempre un solo uomo al comando: capitan Volandri. L’ufficio centrale del gruppo azzurro è completato da Umberto Rianna, collante di Volandri con i coach. Un ruolo che svolge già quotidianamente e, quando vuole ottenere qualcosa, minaccia di usare la chitarra e magari far ascoltare Mario Merola (lui è casertano d’origine): e tutti sorridono. L’atmosfera è più distesa che in passato, e anche chi resta in panchina (vedi Bolelli) non fa una piega, almeno ufficialmente. Il bolognese, 38 anni, ne ha viste passare, in Nazionale, di polemiche e di generazioni. Potremmo considerarlo come lo Zugarelli di quella squadra, con la differenza che il suo rapporto con capitan Volandri è civile. Mentre non è un mistero che Zugarellinon stimasse l’uomo Pietrangeli.
Ma questa non è una squadra che vuole realizzare un colpo unico. Vuole lasciare un segno, e con il ritorno di Berrettini a pieno regime le cose diventeranno ancora più interessanti. I segreti sono nella testardaggine di Volandri, che ha resistito alle critiche, ha ringiovanito la Nazionale (ci sono due nati nel 2001, e uno del 2002) e non si è curato delle tante critiche. Ha parlato chiaro ai giocatori, ha incassato la stima dei leader (Sinner, Berrettini), e ottenuto il rispetto degli altri (Sonego, Musetti, Arnaldi). Persino Bolelli, come detto, ha potuto festeggiare qualcosa di immenso e si guarda, da decano, questi ragazzi che hanno quasi la metà dei suoi anni. Sì, due squadre, ma la storia si ripete.