La Stampa, 25 novembre 2023
Le festa di Hamas
C’è una evidente onda verde che attraversa celebrazioni, lacrime, rinvii e rabbia esplosi con la scarcerazione dei primi 39 detenuti palestinesi in contropartita alla liberazione dei 13 ostaggi israeliani prigionieri nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre. È l’onda verde di Hamas, come i vessilli comparsi senza parsimonia nelle piazze della Cisgiordania per celebrare il ritorno a casa delle donne e dei minori palestinesi, gran parte dei quali “detenuti amministrativi”, ovvero senza accusa formale a loro carico.
Un bagno di folla ha accolto i rilasciati dalle carceri israeliane al loro arrivo, a bordo di un autobus della Croce Rossa, al posto di blocco di Bitunya a Ramallah. Centinaia di dimostranti hanno inneggiato a «Gaza, Gaza», ma anche scandito slogan in sostegno alle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio militare di Hamas. Una manifestazione di benvenuto è stata organizzata a Nablus, così come a Gerusalemme Est, nel rione di Beit Hanina, all’arrivo di sei ex detenute. Anche per questo le forze di sicurezza israeliane hanno imposto nella città restrizioni severe, impedendo alle donne liberate contatti con i media e centellinando gli incontri con i membri delle famiglie.
Il diktat israeliano mira a impedire il ripetersi di manifestazioni come quelle che hanno animato tutta la Cisgiordania, che ha applaudito e sventolato bandiere palestinesi e di Hamas, dopo che i due pullman bianchi sono usciti dal campo militare di Ofer. Petardi e fumogeni hanno illuminato il cielo nella notte tra venerdì e sabato, facendo da cornice a celebrazioni di piazza dove la distribuzione di dolci e bandiere agli angoli delle strade è stata accompagnata da cori inneggianti alla resistenza.
Hanan Al-Barghouti, 59 anni, rilasciata dopo tre mesi di detenzione amministrativa, ha elogiato il braccio armato di Hamas e il popolo di Gaza. «So che vieni umiliato figlio mio, ma devi essere forte e paziente. Al Qassam ci ha promesso la vittoria in tempo breve – afferma la donna rivolgendosi a uno dei quattro figli tutti rinchiusi nelle carceri israeliane -. Con la volontà di Dio saremo vittoriosi. Preghiamo affinché Nael e tutti i nostri prigionieri siano presto liberi». Il riferimento è al fratello Nael Barghouti, 66 anni, il cittadino palestinese considerato vicino ad Hamas che ha scontato la pena più lunga in assoluto, 44 anni dietro le sbarre.
Arrestato nel 1978 la prima volta, è stato rilasciato nel 2011 nella trattativa per liberare il soldato israeliano Gilad Shalit, catturato nel 2007. La moglie Aman Nafa racconta che «dopo un mese ci siamo sposati e abbiamo messo su famiglia. Il 18 giugno 2014 le autorità di Tel Aviv hanno contestato i termini dell’accordo di scambio e lo hanno portato via di nuovo. È stato condannato a trenta mesi di prigione e dopo aver terminato la sua pena, invece di rilasciarlo, Israele ha ripristinato altri 18 anni di condanna». Lei è stata tra le prime ad abbracciare la cognata Hanan dopo la scarcerazione e il ritorno a Bitunya (tre chilometri ad Ovest di Ramallah), dove ad aspettarla c’erano figlie, nipoti e affini di uno dei clan più noti della Cisgiordania. «In carcere ci nutrivano con aceto e marmellata. Ci hanno preso tutti i vestiti e le scarpe – racconta Hanan -. Ad una ragazza minorenne, in cella con me e un altro gruppo di detenute, hanno spento le sigarette sulle gambe». Quindi l’atto di fede nei confronti dei “controllori” della Striscia: «Un soldato mi ha detto che i nostri ragazzi hanno stuprato le donne israeliane, è bugiardo, i nostri giovani hanno il Corano nel loro cuori, vogliono orgoglio e dignità e non cercano donne».
La deriva verso l’onda verde appare vigorosa, sebbene quello di Hamas sia un “successo” in termini numerici più contenuto rispetto ai mille palestinesi rilasciati nell’intesa per la liberazione di Shalit. Tra questi c’era anche Yahya Sinwar (attuale capo di Hamas a Gaza). Questa volta però è stato impedito che tra i rilasciati ci fossero persone arrestate a Gaza, ma solo quelli arrestati in Cisgiordania (seppur considerati membri del movimento guidato da Ismail Haniyeh). Sebbene sia difficile avere riscontri precisi in termini di affiliazione, perché anche in caso di vicinanze ad altri gruppi come le Brigate Al-Quds della Jihad islamica palestinese, alla Fossa dei Leoni, o alla Brigata Jenin, si è sempre in contatto con Hamas. Poi c’è la propaganda, che funziona da una parte e dall’altra. Come il fatto che nella compagine palestinese sempre più legata all’onda verde stia emergendo come carismatica la figura di Abu Obaida, portavoce di Al-Qassam. È considerato credibile e solido, ascoltato come un mentore e rispettato al pari di un leader, sebbene il portavoce dell’ala politica del movimento sia Osama Hamdan, membro del politburo, ma residente in Libano.
Le celebrazioni sarebbero dovute continuare ieri sera, anche in vista della liberazione di Israa Jaabis – secondo quanto riferito dalla famiglia -, la 31 enne palestinese imprigionata in Israele dal 2015 dopo aver ferito gravemente l’agente di polizia Moshe Chen in seguito all’esplosione di un’autobomba. Durante l’attacco ha riportato gravi ferite, comprese ustioni al viso e al petto i cui segni sono evidenti nelle foto segnaletiche. Ma per la sua scarcerazione occorrerà forse attendere ancora diverse ore visto la presa di tempo di Hamas per la consegna del secondo gruppo di ostaggi rientrata in tarda serata, grazie all’ennesima geometria di mediazioni diplomatiche. Una sortita dell’onda verde che ha messo alla prova la tenuta del cessate il fuoco. —