La Stampa, 25 novembre 2023
Il primo giorno di libertà
Per prima cosa Ohad Munder si è riappropriato del suo compleanno. Il bambino, che ha compiuto 9 anni il mese scorso rinchiuso in un tunnel, in compagnia di altri ostaggi e dei carcerieri di Hamas, è andato nella sua scuola, ha fatto il pieno degli abbracci dei compagni, ha ricevuto qualche regalo e ha mangiato con loro un gelato alla crema. Le immagini più spensierate fra tutte quelle circolate sui primi ostaggi israeliani liberati venerdì sera, le ha diffuse Canale 12.Prima della festa a scuola, Ohad, che è stato liberato venerdì assieme alla madre Keren Munder (55), e alla nonna Ruti (78) aveva riabbracciato il padre e il fratello. A Gaza è rimasto nonno Avraham. Chissà se il nipotino pensa a lui nelle foto che lo ritraggono concentrato a risolvere il suo scacciapensieri, il cubo di Rubik.E così Israele ha riempito l’attesa del secondo giorno, con gli abbracci. Quelli che parlano da soli. Quelli scambiati, dopo 49 giorni di lontananza forzata, tra figli, madri, padri, nonni e nipoti, mariti e mogli: 49 giorni di ansia esistenziale a Gaza e di incubi ingoiati la mattina con il caffè, in Israele.Un’attesa, quella di ieri, molto più lunga del previsto. Che ha tenuto ostaggi e famiglie con il fiato sospeso per cinque ore oltre la scadenza prevista dall’accordo, per intoppi che restano da chiarire fino in fondo. Deposte le armi durante il cessate il fuoco, si è intensificata la guerra psicologica, con Hamas che regge un machete dalla parte del manico.Anche chi ha riabbracciato i suoi cari, ieri non ha mancato l’appuntamento con l’impegno per i connazionali ancora a Gaza. Yoni Asher, che fin dal 7 ottobre è stato tra i più attivi nel comitato delle famiglie degli ostaggi e venerdì sera ha riabbracciato la moglie Doron e le figlie Raz e Aviv, 4 e 2 anni, non intende accantonare la causa fino a che tutti i connazionali saranno tornati a casa. «Non festeggerò e farò di tutto fino al ritorno dell’ultimo ostaggio», ha dichiarato in un video messaggio. «Sono felice di aver riabbracciato la mia famiglia. Provare gioia è permesso, è umano. Ma non posso ancora festeggiare. Le famiglie dei rapiti non sono poster e non sono slogan. Sono persone reali. E da oggi sono la mia nuova famiglia». Però Yoni può almeno iniziare a occuparsi di quello che era solito definire nelle interviste, anche con La Stampa, «il problema di un uomo ricco», cioè l’equilibrio psicologico della sua famiglia dopo l’esperienza vissuta. Non solo il periodo del sequestro della moglie e delle figlie da parte di Hamas, ma anche il tragico vissuto dell’intrusione di terroristi armati dentro casa della nonna Efrat nel kibbutz Nir Oz e l’uccisione della donna davanti ai loro occhi.Nel video diffuso dall’ospedale pediatrico Schneider a Petah Tikva, Yoni avvolge le sue donne in un unico grande abbraccio. «Vi sono mancato? Avete pensato a papà?» chiede alle bambine. La più grande risponde che sognava di tornare a casa e il padre la rassicura: «Il tuo sogno si è avverato. Presto, dopo che i dottori avranno completato le visite, torneremo a casa».Sta bene anche nonna Yafa Adar, entrata subito nei cuori di tutti dopo il video, diventato virale, del suo ingresso a Gaza su un golf cart guidato dai terroristi di Hamas.Dopo averla abbracciata, i suoi nipoti Adva e Alon si sono detti «molto commossi dalla sua forza e da come è riuscita a sopravvivere a questa esperienza». Ma anche loro ribadiscono che il lavoro non sarà finito «finché tutti gli ostaggi, dal più piccolo Kfir Bibas al più anziano, saranno a casa». Il loro appello è per la comunità internazionale: «Per favore continuate la pressione e assicuratevi che Hamas capisca che non accetteremo altra opzione se non quella di salvarli tutti».Il sorriso senza dentini di Emilia Alony (5) spunta dalla spalla della nonna che l’abbraccia più forte che può all’arrivo all’ospedale Schneider. Emilia e la madre Danielle, entrambe uscite venerdì dall’incubo della prigionia, erano state prese in ostaggio dal kibbutz Nir Oz insieme con i famigliari Sharon Alony Cunio (33), suo marito David Cunio (34) e le loro figlie gemelle di tre anni, Yuli ed Emma. Nessuno di loro è tra gli 8 bambini e le 5 donne israeliane rilasciate ieri sera. «La mamma è tornata!» ha postato sui social Yair Moses, figlio della 78enne Margalit. Una dopo l’altra si sono ricongiunte le prime famiglie. Anche i cittadini stranieri, dieci contadini thailandesi e il badante filippino Gelienor “Jimmy” Pacheco, hanno ricevuto un abbraccio. Quello del ministro degli Esteri Eli Cohen. «Un destino comune di fronte a un nemico crudele», ha detto, li ha legati a Israele in quel Sabato Nero.Nell’attesa di assistere al ricongiungimento di altre famiglie, per la terza volta, con la stessa trepidazione della prima, è ripartito il conto alla rovescia per la liberazione dei prossimi ostaggi prigionieri di Hamas dentro la Striscia. —