la Repubblica, 26 novembre 2023
Lo champagne che invecchia sotto i mari
LONDRA – Nel 2010, quando dei sommozzatori trovarono nelle acque del Baltico il relitto di una nave affondata a metà del XIX secolo, rimasero delusi che a bordo non ci fosse nulla di valore: riportarono in superficie solo qualche vecchia cassa di vino. Tredici anni più tardi, si sono resi conto di aver messo le mani su un tesoro: quelle bottiglie, identificate come Veuve Clicquot del 1829, vengono vendute all’asta in America a quasi 200mila dollari l’una. A renderle eccezionalmente pregiate, affermano gli esperti, è l’invecchiamento in un ambiente particolare: a 50 metri di profondità sotto il livello del mare. «Non ho mai assaggiato uno champagne così buono in vita mia», proclama il professor Philippe Jeandet, docente di biochimica alimentare all’università di Reims, nel cuore della regione celebre per la produzione dello spumante francese le cui bollicine sono il simbolo universale di lusso e feste. «L’aroma mi è rimasto in bocca per tre o quattro ore», ha spiegato dopo un sorso da una delle 145 bottiglie riportate in superficie dai sub.
Come molte altre casuali scoperte, anche questa è diventata un business: le cantine sottomarine sono l’ultimo ritrovato dell’industria vinicola, «l’area di crescita più rapida nel campo dello champagne», afferma una rivista di categoria. Il settore fattura complessivamente 7 miliardi di euro l’anno.
La pregiata casa della “vedova Clicquot” – proprietà dell’esclusivo marchio Lvmh (Louis Vuitton Moët Hennessy) del miliardario Bernard Arnault ma legata al nome della fondatrice che all’inizio dell’Ottocento fu una delle prime donne d’affari in un mondo allora dominato dagli uomini – ha cominciato a deporre casse di bottiglie in appositi contenitori nello stesso punto del profondo del mare in cui è stato ritrovato il relitto: intorno alle isole Åland, un arcipelago finlandese nel tratto del Baltico fra Helsinki e Stoccolma. «Questo straordinario progetto dedicato all’arte dell’invecchiamento del vino riflette lo spirito innovativo e l’audacia che hanno sempre caratterizzato la Maison Veuve Clicquot», commenta Jean-Marc Gallot, amministratore delegato dell’azienda.
“La vedova”, come gli intenditori chiamano il marchio Clicquot, non è sola a innovare nei fondali marini. Lungo la costa della Bretagna stanno sbocciando cantine sottomarine a ripetizione. La domanda cresce così in fretta, riporta il quotidiano britannico Guardian,che una società di esplorazioni petrolifere ha creato appositamente una nuova divisione per costruire enoteche sottomarine. Cantine per invecchiare (o affinare, come si dice in gergo) il vino in mare sono sorte anche in Italia: in Liguria, in Sardegna e al largo di Ravenna. Un autentico boom.
Cosa rende speciale l’aroma dello champagne invecchiato a 50 metri di profondità? I produttori citano la salinità dell’acqua e la temperatura costante. «Affumicato, pungente, coriaceo, incredibile», sono le definizioni più usate da chi ha bevuto un sorso di quello ripescato fra Finlandia e Svezia.
«Dopo essere invecchiate in condizioni ideali per 170 anni nelle profondità del Baltico», riassume il professor Jeandet su Proceedings of the National Academy of Sciences, illustre rivista scientifica inglese, «questo Veuve Clicquot ha scritto una nuova pagina nella storia del vino». Viene in mente il titolo di un romanzo di Stefano Benni: “Il bar sotto il mare”. Chissà se, prima o poi, ne apriranno uno di fianco alle cantine sottomarine