la Repubblica, 25 novembre 2023
Intervista a Giancarlo Giammetti
Da qui a lunedì prossimo, il mondo della moda celebrerà Valentino Garavani e sarà come raramente è accaduto prima a uno stilista.
Si comincia stasera, con l’inaugurazione a Voghera, la città dove lo stilista è nato e cresciuto, del Teatro Valentino. La struttura era in realtà chiusa da 38 anni, ma lo scorso anno, in occasione dei 90 anni del designer, vi era stata allestita una mostra in suo onore. Proprio grazie a quella mostra, il couturier si è innamorato del luogo, e ha deciso di finanziarne la ristrutturazione.
A celebrare la riapertura, uno spettacolo di opera e danza diretto da Eleonora Abbagnato, con i costumi teatrali creati da Valentino nel corso degli anni e un balletto originale che narra la storia dello stilista. Ma è solo l’inizio, perché poi ci si sposta a Londra, dove lunedì sera, alla Royal Albert Hall, si svolgeranno i Fashion Awards 2023, i riconoscimenti più ambiti del settore. Durante la cerimonia, Gwyneth Paltrow consegnerà a Valentino l’ Outstanding Achievement Award,un premio alla sua straordinaria carriera. «Vorrei avere i miei genitori accanto a me, all’apertura del teatro di Voghera col mio nome! Che onore! Loro sarebbero i più felici al mondo, ma anche io ne sono felice e onorato», ha commentato Valentino, che sul riconoscimento britannico aggiunge: «Avere un premio del genere mi riempie di gioia, anche perché arriva 15 anni dopo che ho lasciato il mio lavoro… È qualcosa di incredibile».
A comunicare il suo pensiero è, come sempre accade, Giancarlo Giammetti, compagno, socio e alter ego dello stilista. Sarà lui a fare le sue veci a Londra. «Valentino ha qualche problema alla schiena, per lui non è più semplicissimo muoversi: la cerimonia, con la marea di tavoli per la cena di gala e le centinaia di ospiti,è un po’ complessa. E così ha deciso che posso andarci io al posto suo», prosegue sorridendo.
È un premio per entrambi: tutto questo lo avete costruito assieme.
«No. È un premio a lui e al suo genio. Io sono un passaparola».
Nella moda pochi amano rimanere nell’ombra come lei.
«Sa cos’è successo poco fa? Mi hanno mandato da visionare un video celebrativo che proietteranno: mi sono accorto che mi si vedeva troppo, quindi ho chiesto di tagliare quelle parti. Sono sempre stato così.
La verità è che io e Valentino siamo talmente in simbiosi che ho vissuto il suo successo come fosse il mio.
Non mi è mai servito avere riconoscimenti miei: li ho avuti già».
La moda è sempre stato il sogno di Valentino. E lei cosa sognava?
«Ero un figlio di papà di 22 anni che studiava architettura a tempo perso: non sognavo nulla. Mi piacevano le cose belle, e amavo il disegno: ad avvicinarmi a Valentino sono state proprio le sue enormi qualità artistiche. È stato lui a darmi il sogno, e la voglia di aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi».
Come hanno reagito i suoi alla decisione di abbandonare gli studi?
«Non l’hanno presa (ride,ndr ),nelsenso che non gliel’ho detto subito.
Quando però sono iniziati a uscire i primi articoli su di noi, mi sono fatto coraggio e gli ho parlato. Mia madre, che adorava la moda, non l’ha presa male. E sono diventati amicissimi con i genitori di Valentino».
Di affari e strategie non ne sapeva nulla.
«Zero. La gavetta l’ho fatta sul campo, pulendo l’atelier ogni sera e misurando il tessuto da dare alle sarte per risparmiare. La madre di Valentino a fine giornata raccoglieva tutti gli aghi caduti e li metteva nel talco per pulirli, cosicché potessimo riusarli. Ne abbiamo fatta di strada, per diventare quello che siamo».
Cosa vi ha permesso di rimanere così rilevanti in tutti questi anni?
«Sa che non ne ho idea? Forse il fatto che abbiamo cominciato giovanissimi, creando un nostro mito dell’eccellenza, vestendo donne straordinarie che sono poi diventate parte della nostra vita. E anche che a guidarci non sono stati i piani commerciali, ma l’ambizione a fare sempre meglio: immagino che la gente noti la differenza».
Il vostro legame è finito dopo 12 anni, eppure siete rimasti più uniti che mai. Come ci siete riusciti?
«Prima di tutto ci ha tenuto assieme illavoro. Abbiamo capito che il nostro sentimento si stava evolvendo, per diventare qualcos’altro. Senza drammi. Sia lui che io rispettiamo le persone che abbiamo amato, e tendiamo a tenercele intorno, come una famiglia. E oggi la famiglia è grande, comprende anche figli e nipoti. Non capisco quelle coppie che si lasciano e si dimenticano, ignorandosi. Ma è anche vero che Valentino e io non ci siamo mai fatti del male: non esiste astio tra noi».
Lei lo ha sempre protetto, secondo alcuni anche con ferocia.
«Ho sempre preteso rispetto nei confronti di Valentino e del suo lavoro, a prescindere dalle critiche.
Ma non ero cattivo, ero quello che ero. Alla fine il mio compito è stato questo: attraverso il nostro sodalizio, sono riuscito a far sì che Valentino fosse felice fino al suo ultimo giorno di lavoro. Poi, quando abbiamo capito che la moda ormai era in mano a banche e finanzieri supponenti che di moda non ne sapevano nulla, ce ne siamo andati».
Sarebbe possibile oggi una carriera come la vostra?
«Non credo. Oggi in due mesi scompare tutto: il successo, e chi ti ci ha fatto arrivare. Aveva proprio ragione Andy (Warhol, ndr ):la fama dura davvero 15 minuti».
Cosa vi appassiona di più, ora?
«La Fondazione Valentino Garavani Giancarlo Giammetti, attraverso cui 21 famiglie in tutta Italia ricevono ciascuna mille euro al mese di supporto. E stiamo anche creando un padiglione all’Ospedale Bambino Gesù di Roma per le famiglie dei bambini ricoverati. E si sta per aggiungere l’Accademia Valentino: aprirà in un grande spazio in piazza Mignanelli che già in passato era stato nostro, proprio accanto alla sede della maison».
Un ritorno a casa.
«E non è l’unico: io vivo in via Condotti 11, nello stesso palazzo in cui Valentino lavorava quando lo conobbi nel 1960. Mi piace pensare che sia un po’ la chiusura di un cerchio».