Corriere della Sera, 25 novembre 2023
Violenza in crescita per il 61%
L’uccisione di Giulia Cecchettin ha avuto una profondissima eco nel nostro Paese, producendo una vasta ondata di emozione che qualche commentatrice ha paragonato alla vicenda del Circeo del 1975. Un avvenimento cioè che potrebbe produrre una cesura, una sorta di prima e dopo. In questo senso appare da un lato confortante il fatto che il nuovo decreto antiviolenza sia stato approvato all’unanimità (con la speranza che non sia solo il prodotto dell’emozione di questi giorni) e dall’altro positivo il fatto che Elena Cecchettin, sorella di Giulia, abbia deciso di non vestire i panni della vittima dolente. Al contrario, si è energicamente schierata contro la cultura patriarcale del nostro Paese, mettendo a fuoco come il problema sia legato al ruolo e alla psicologia maschile e non relativizzandolo o relegandolo al raptus del momento, a una devianza individuale. E abbia espresso la richiesta, accolta come si è visto in tantissime scuole italiane, di non tacere ma di alzare il «livello del rumore».
Abbiamo testato quindi le opinioni degli italiani, sapendo che si tratta di un tema difficile, che spesso – in questo caso da parte dei maschi – emerge quella che i sociologi chiamano «desiderabilità sociale» ovvero il fatto che facciamo fatica a esprimere opinioni che sappiamo essere riprovate dalla maggioranza. Tenendo conto di ciò, vediamo i principali risultati. La percezione prevalente è che la violenza di genere sia in aumento: lo pensa il 61% degli intervistati, con poche differenze fra uomini e donne. Ma acuendo lo sguardo, alcune diversità emergono: i giovani sono meno convinti di questo, sia le donne (56%) sia in particolare gli uomini (47%). È un dato interessante, che però potrebbe tenere insieme sia una valutazione corretta del fenomeno sia una sorta di autoassoluzione.
Il fenomeno della violenza di genere viene attribuito dalla maggioranza relativa (43%) a un dato culturale attinente appunto al permanere di una cultura patriarcale che considera le donne subalterne. Lo pensano meno gli uomini (39%), ma soprattutto gli uomini giovani (34%). Al secondo posto emerge una spiegazione in qualche modo relativa alla fisiologia, nella convinzione che gli uomini siano più violenti e meno in grado di controllarsi (27%). Pochi infine ritengono che queste violenze abbiano un motivo economico (12%). Il 18% non è in grado di esprimersi al proposito, ma è interessante notare che il dato si massimizza tra gli uomini giovani (29%).
Ma gli uomini devono sentirsi almeno in parte corresponsabili dei femminicidi, poiché non combattono in maniera adeguata la cultura patriarcale? Lo pensa la metà dei nostri intervistati (50% contro il 36% che non lo pensa), con importanti differenze: il 59% delle donne condivide questa affermazione, contro il 40% degli uomini (che per il 46% si sentono poco o per nulla corresponsabili). Quindi la maggioranza relativa dei maschi tende ad autoassolversi. Ed è interessante che lo facciano in misura più rilevante gli ultracinquantenni, in gran parte socializzatisi negli anni ’70 e ’80 pervasi dai movimenti di liberazione e dagli influssi del ’68 e quindi più convinti di aver combattuto le incrostazioni patriarcali.
Il ruolo
Tra i motivi dei femminicidi per il 43% c’è il ruolo della donna considerato subalterno
Come si può contrastare il fenomeno dei femminicidi secondo gli italiani? Uno su tre (35%) ritiene opportuno intervenire sugli uomini mediante interventi educativi che rafforzino l’informazione e la prevenzione, il 28% considera più efficace intervenire sugli uomini con interventi securitari (inasprimento delle pene e maggiori controlli sull’effettiva applicazione), mentre una parte minoritaria è del parere che si debba intervenire sulle donne per aiutarle con interventi educativi (11%) o securitari (9%) a proteggersi dalla violenza maschile, sia essa fisica, psicologica o economica. Complessivamente, quindi, la larghissima maggioranza (63%) è convinta che per contrastare il fenomeno sia necessario intervenire soprattutto sugli uomini perché sempre più prendano coscienza della gravità del fenomeno. E riguardo alle due modalità, gli italiani si esprimono più a favore di quella educativa (46%), anche se l’opzione securitaria riscuote un importante consenso (37%), senza differenze significative fra uomini e donne.
Il tema è complesso e richiederebbe un articolato approfondimento. Tuttavia, sembra emergere un’opinione in gran parte attenta al fenomeno e convinta delle implicazioni culturali e storiche. Ma con un minor grado di convinzione tra gli uomini, che tendono in parte ad autoassolversi, e con un minor livello di accordo su questi aspetti da parte degli uomini più giovani. Dato che non può non destare preoccupazione.