Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  novembre 26 Domenica calendario

«Lollo», il potere e le scivolate

L’incarico: raccontare il caso Lollobrigida. Prima mossa: cercarlo, parlarci (il cellulare staccato, un WhatsApp, la voce gentile della portavoce: «Il ministro è in volo» – e d’altra parte si capisce, sempre meglio l’aereo del treno, anche se l’aereo non puoi certo farlo atterrare dove vuoi, in teoria).
Allora, nell’attesa, proviamo a entrare dentro questa sua clamorosa storia umana e politica, perché – va detto senza ipocrisia – ormai tutti gli stanno addosso, tutti scrivono del cognato di Giorgia Meloni, il ministro protagonista di gaffe su improbabili sostituzioni etniche e altre ruvide polemiche, con dichiarazioni azzardate e l’altro giorno pure un Frecciarossa fermato – dicono – su sua precisa richiesta, quindi una stazione ad personam alla faccia dei pendolari, un inciampo capace di evocare il ritorno, da destra, della casta. Poi, chiaro: non sfugge che le stagioni di grazia, in politica, vanno e vengono.
Appunto: facciamo come in un film, flashback.
Dodici mesi fa.
A Roma, in piazza del Popolo, con giochi di luce tricolore e Mariah Carey che canta, a palla, All I want for Christmas is you, zampognari e militanti in festa per celebrare i primi dieci anni lunghi e faticosi, incerti, testardi e visionari di Fratelli d’Italia, il partito che in un pomeriggio di efferato shopping natalizio romano celebra sé stesso e la sua fondatrice, a sorpresa premier, e ormai irraggiungibile.
Così, tra occhiate languide e mani sudate – Lollo caro, Lollo sei un grande, Lollo ricordati dei vecchi camerati – stanno tutti in fila davanti a lui, a Francesco Lollobrigida, parente alla lontana della mitica «Bersagliera» di Pane, amore e fantasia (il bisnonno era il fratello della nonna di lei), ma parente stretto, strettissimo di Giorgia: è infatti il compagno della sorella Arianna (due figlie con due nomi non casuali: Rachele e Vittoria), un amore giovanile e militante per questo cinquantenne palestrato chiamato Lollo e soprannominato «Beautiful», il nodo della cravatta da elegantone e la mascella sporgente, cresciuto tifando Lazio e nel mito di Giorgio Almirante e Rodolfo Graziani (generale fascista firmatario del manifesto della razza), tutta la trafila classica partendo dal Fronte della Gioventù per arrivare in Parlamento, prima capogruppo dei Fratelli e poi, di botto, addirittura ministro.
Esserlo dell’Agricoltura e Foreste non gli basta. Appesantisce la qualifica con due paroline meravigliosamente destrorse: «Sovranità alimentare» (una dichiarazione di guerra al kebab e agli involtini primavera, anche se – a tutt’oggi – sembra che nessuno abbia ancora avuto il coraggio di dirgli che gli spaghetti arrivano da un territorio dell’Asia occidentale, dalla Valle dell’Indo).
Lollo è riverito, blandito, temuto. Lollo, soprattutto, adora il potere. Gestirlo, lo eccita. Per il suo ministero è riuscito a ottenere dal Mef risorse ingentissime e ha pure mezzo commissariato il ministero del Mare (che sarebbe di Nello Musumeci) e quello del Lavoro (presunta responsabile Marina Calderone). Due ministri li ha addirittura scelti e imposti lui: Andrea Abodi per lo Sport e l’ex rettore di Tor Vergata, Orazio Schillaci, per la Sanità. Ha preteso che Francesco Acquaroli diventasse governatore delle Marche e Francesco Rocca del Lazio. Non solo: piazza consulenti e dirigenti, ha rapporti stretti con imprenditori e manager, giornalisti Rai gli scrivono messaggi seducenti e si dichiarano meloniani di stretta osservanza.
Lollo è l’uomo più forte del partito?
Sì. Un anno fa era lui.
Poi sono successe molte cose. Nel giorno in cui il presidente Mattarella va a visitare il campo di concentramento di Auschwitz denunciando i crimini nazisti, lui se ne esce ripetendo la teoria del filosofo austriaco Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, adorato su Telegram tra i complottisti di estrema destra: «Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro». Poche ore dopo, ecco Lollo penitente alla buvette di Montecitorio: «Sono ignorante, non razzista. Fino a ieri non sapevo chi fosse il signor Kalergi». Da qui in poi, non ne azzecca più una. «Da noi, spesso, i poveri mangiano meglio dei ricchi». Web in fiamme. Tirano fuori una sua dichiarazione del periodo Covid, quando si disse contrario alla vaccinazione degli under 40. Intervistato dal Foglio afferma: «La sinistra dice che la Costituzione nasce dall’antifascismo. Ma non va bene».
Cominciano a girare voci: Giorgia non ne può più e – per liberarsene – vuole candidarlo a Bruxelles. Giorgia ha dato le redini del partito ad Arianna, per Lollo è un brutto colpo.
Poi, ecco Il Fatto: Lollobrigida ha chiesto e ottenuto una fermata straordinaria a Ciampino del suo Frecciarossa diretto a Napoli: il convoglio aveva accumulato più di un’ora di ritardo e lui non sarebbe riuscito ad arrivare in tempo all’inaugurazione del parco urbano di Caivano – sottratto alla camorra – per poi tornare a Roma e registrare, come ospite, una puntata del programma di Nunzia De Girolamo su Rai 3.
«Ho solo chiesto di scendere. Una richiesta lecita, cui ha diritto qualsiasi cittadino» (sono le 16.40: ha chiamato lui. È estremamente cortese).
Ha telefonato lei a un numero speciale?
«No. Ho parlato con il capotreno. Che, immagino, abbia poi inoltrato a chi di dovere la mia richiesta».
Le sembra un comportamento normale, ministro?
«Francamente, sì. Il treno era in grave ritardo e mi aspettavano, sotto la pioggia, a Caivano, per una cerimonia importante. Avessi fatto ritardo io, avrebbe fatto ritardo lo Stato».
Le hanno chiesto di dimettersi.
«Io mi dimetterò quando il mondo dell’agricoltura dirà di essere insoddisfatto del mio lavoro. Per ora, invece, sono tutti entusiasti».
La Lega è stata critica.
«Solo una battuta di Romeo. Che, però, mi ha già cercato due volte al telefono... Appena trovo un minuto, lo richiamo».
Poi c’è il silenzio pneumatico di Salvini.
«È il ministro dei Trasporti. Quando, e se lo riterrà opportuno, credo esprimerà il suo giudizio nelle sedi opportune».
Sua cognata, comunque, è arrabbiata.
«No, assolutamente».
Insisto: è arrabbiata.
«La presidente sa che certe notizie vengono esasperate non per colpire me, ma lei, a Palazzo Chigi».
Continui.
«È un anno che mi tengono nel mirino. Ho cominciato con l’apprendere di essere padre a mia insaputa, hanno aggredito una collega che era rimasta incinta e che ha dovuto dimostrare chi fosse il vero padre con un esame del Dna...».
L’ha letto il risultato?
«Non ho mai voluto leggerlo... poi, scusi: la polemica sulla sostituzione etnica? La si può pensare come si vuole, ma i toni erano sproporzionati, direi».
Dicono che lei sia ormai un ex potente.
«Non lo sono mai stato. E non m’interessa esserlo» (la voce, qui, gli si è un filo incrinata).