Corriere della Sera, 26 novembre 2023
In piazza per Giulia
La marea umana che balla sotto il Colosseo illuminato di rosso mentre il vento gelido spazza la città dice che sì, Roma ha risposto all’appello delle donne. «Una Roma bellissima, come non l’abbiamo mai vista», urla dal carro una delle attiviste di Non una di meno. Cinquecentomila persone, dicono, forse di più. Doveva essere un corteo, una manifestazione, è diventata un festa incredibile. «Faremo rumore», avevano promesso le associazioni. E il rumore sono i canti assordanti che per ore fanno da colonna sonora a chi sfila, sono le urla scandite da ragazze e ragazzi, giovani e vecchi, femmine e maschi che sono qui «per Giulia, per tutte». I volti noti si mescolano a quelli della gente comune, qui non c’è qualcuno che può prevalere, nessuno guida, nessuno ordina o dispone. Qui si ricorda chi è stata uccisa, violata, stuprata, aggredita. Qui si difende chi subisce in silenzio perché non riesce a sottrarsi al proprio aguzzino. E si fa con gli striscioni, i cartelli scritti con i pennarelli, i foglietti che alcune adolescenti distribuiscono a chi passa, le guance segnate da una riga rossa.
«È anche colpa mia»
L’appuntamento è per le 14.30 al Circo Massimo, ma un’ora prima il prato è già gremito. Il programma prevede di partire al più presto per arrivare in piazza San Giovanni e dare il via al comizio. Invece tutto salta, nessuno poteva prevedere questa folla. La cantante Malika Ayane, afferra lo striscione «transfemministe ingovernabili» e chiede cosa deve fare; Fiorella Mannoia passa poco lontano e dice: «C’è la malattia di pensare che la donna è un possesso. Per cui è molto complicato ma più ne parliamo e meglio è: così risvegliamo nella mente degli adolescenti la sensibilità a riconoscere i segnali che sono sempre gli stessi. Si comincia con “la tua amica non mi piace”, poi si finisce a dire “fammi vedere il telefonino”, “tu là senza di me non ci vai”, per arrivare all’epilogo che conosciamo ma molto più spesso a una violenza psicologica. Io dico scappate, trovate qualcuno che vi ami davvero».
Loris ha 29 anni, sta dall’altra parte del prato ma quando tira su un pezzo di cartone con il suo slogan, è come se avesse ascoltato. «È anche colpa mia», ha scritto. Davvero? «Eh sì perché se vedo i miei amici che fanno battute sessiste e rimango in silenzio io sono colpevole, vedo tanti amori tossici eppure sto zitto, quindi sono colpevole».
Uomini e bambini
Mai a una manifestazione di donne si erano visti tanti uomini. Sono migliaia e partecipano attivamente, c’è chi abbraccia la fidanzata, chi aiuta l’amica a sollevare lo striscione, chi canta e balla insieme agli altri. Ci sono papà con i neonati nei marsupi a proteggerli dal freddo e anche a dire «io faccio quello che fa mamma». Ci sono maschi con la guancia segnata dal graffio rosso simbolo di questa battaglia. Un signore che avrà 70 anni ti spiega che «è la prima volta, mia moglie ha tanto insistito, devo farlo per le figlie, per le nipoti» e capisci che a lui sembra strano dover manifestare «per ottenere che le donne siano rispettate».
E invece tocca proprio farlo, esserci, parlare, spiegare. Perché ci sono i casi eclatanti come quello di Giulia Cecchettin e delle altre 86 donne uccise quest’anno, ma poi ci sono le vittime degli stupri e le donne che ogni giorno subiscono violenze fisiche e psicologiche senza avere la forza, i mezzi, il coraggio di dire basta. «Se domani tocca a me voglio essere l’ultima», strillano le ragazze facendo propria la poesia dell’artista peruviana Cristina Torre Cáceres.
I leader assenti
La segretaria del Pd Elly Schlein è l’unica leader di partito che sceglie di partecipare «perché il Paese ci chiede di fermare la mattanza». Non ci sono ministri, rappresentanti del centrodestra e nemmeno dell’opposizione. Non ci sono le parlamentari che in questi giorni di mobilitazione seguita al delitto di Giulia avevano assicurato impegno e presenza. Non ci sono i loro colleghi che pure avevano promesso di attivarsi «perché è un’emergenza che ci riguarda tutti». Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri che ieri ha inaugurato una casa rifugio alle porte di Roma e l’ha intitolata alla memoria di Giulia sottraendola ai beni confiscati al cassiere della banda della Magliana Enrico Nicoletti, invece lo scandisce: «Un femminicidio ogni tre giorni non è una realtà che possiamo accettare». Arrivano gli attori Luca Zingaretti e Luisa Ranieri, il regista Ferzan Ozpetek. Pare ci fosse anche Paola Cortellesi. Anna Foglietta racconta di aver «portato i figli maschi e alla femmina direi non avere schiavitù mentali e sii sempre aderente a te stessa che è la cosa più figa del mondo. E non aspettare a 44 anni come la mamma per essere libera, la vita è un gran bel viaggio».
Fumogeni e manganelli
Quando è sera e il freddo diventa quasi insopportabile, la folla fatica comunque a disperdersi. Nessuno poteva immaginare una simile mobilitazione e invece adesso bisogna prendere iniziative, dare risposte. La scelta delle organizzatrici di attaccare Israele e non Hamas ha scatenato polemiche che dovranno essere composte, così come si dovrà capire che cosa sia successo davanti alla sede di Pro Vita dove alcune attiviste, accusate di aver lanciato bottiglie e fumogeni, hanno denunciato di essere state «manganellate dalla polizia». Ma ora si deve guardare a quello che sarà. «E dovrà essere subito», perché come gridano queste giovani che stanno proprio sotto il carro «noi continueremo a fare rumore. Ne faremo tanto».