Robinson, 26 novembre 2023
Cronaca della Repubblca romana e della sua caduta per la penna d Jules Verne
Riemergono racconti e “prime prove d’autore” del grande narratore francese. Quasi cinquecento pagine scritte quando aveva appena vent’annidiDaria GalateriaCome in suo romanzo, da vecchi bauli, e dalle casseforti fatte brillare dagli eredi, sorgono, tesori inestimabili, romanzi inediti di Jules Verne. Ecco ora – nell’eccellente cura di Giovanni Maria Rossi per Clichy – l’imperdibile L’assedio di Roma e altri scritti inediti.Quasi cinquecento pagine di racconti e romanzi scritti perlopiù prima dei vent’anni: una festa, perché Verne, spedito dal padre a studiar legge a Parigi, stila intanto piccoli capolavori, provandosi in vari generi e scritture – di volta in volta sofisticate, comiche, gotiche, avventurose; e sempre fondate sulle vastissime ricerche storiche e scientifiche che hanno reso profetica la sua fantascienza.L’Assedio di Roma (1854: Verne ha ventisei anni) racconta l’assalto dei Francesi alla Repubblica Romana di Mazzini Armellini e Saffi nel 1848-49: ora per ora e metro per metro. Fanciulle rapite, amicizie magnanime, sotterranei di palazzi in rovina intrecciano le risorse del romanticismo nero alla storia; ma le pagine più avvincenti raccontano le tattiche di guerra, la politica, l’eroismo dei Romani e le ragioni dei Francesi – e su tutto, lo splendore di Roma, col suo Gianicolo coronato dalla cupola di San Pietro. È da quel lato, pur difeso naturalmente da una cinta di bastioni e dalle mura Aureliane, che si attacca la città: a ovest i Francesi si troverebbero accanto agli Austriaci – mentre l’obiettivo vero della Francia è avere con Roma un avamposto contro le invasioni austriache delle Legazioni. Erano arrivati boriosi, i Francesi del generale Oudinot, sbarcando a Civitavecchia (intimoriti peraltro da centoventi pezzi d’artiglieria schierati sulla riva): accolti pacificamente, avevano per prima cosa fatta prigioniera la guarnigione, e si erano dati appuntamento la sera stessa all’Hotel della Minerva. I romani furono una sorpresa; alle cinque i francesi suonarono la ritirata – era una rotta – lasciando a terra settecentocinquanta uomini, e trascinando via i feriti su fucili disposti a barella. Verne cerca di propendere per i francesi, e è severo su certi prelati «che seducono i ragazzini che vengono a implorare in ginocchio il perdono per colpe veniali», mentre»le classi basse della società sacerdotale non sono indigenti per virtù, ma virtuosi per indigenza». Saggiamente il papa Pio IX ha concesso un ministero liberale, ma l’insurrezione divampa: «Viva gli scomunicati!» si grida per le strade di Roma, quando Pio IX scomunica chi attenta alla sovranità temporale della Santa Sede. Gli insorti alzarono si sa bandiera bianca il 1° luglio del ’49; il papa, riparato a Gaeta, rientrò; l’“avventuriero” Garibaldi fuggì, e una brigata fu mandata all’inseguimento sugli Appennini, «con l’ordine di non prenderlo: che cosa ne avrebbero fatto?».Il più stupefacente tra questi testi èFédédias Jamet o La storia di una successione, composto nel 1846 a diciott’anni: deliziosa prova di stile grottesco, pieno di citazioni classiche – Giovenale e Sacre Scritture – e con una visione allegra e disincantata della stupidità umana che quasi precorre Bouvard e Pécuchet di Flaubert; una forma di scrittura che Verne abbandonerà, forse su pressione del geniale editore Hetzel che lo spingerà verso iViaggi immaginari.Fédédias dunque è un uomo misurato, reso febbrile dalla prospettiva di una cospicua eredità. Ecco un passaggio: «Ettore!» grida una signora, mentre con consueta calma Fédédias attraversa un ponte: «Ettore, ti ho perduto! Perché non sono un uomo! Perché non sono Achille».Sconcertato da quella «combinazione di nomi propri completamente antimitologici», Fédédias apprende che l’Ettore caduto in acqua e prossimo all’annegamento è un cane; la dama presume di aver trovato un salvatore: «Signore! Permettete che vi spogli!»; «Signora!», protesta Jédédias, «con il tono di Napoleone alla principessa Giuseppina prima del divorzio».È lo stesso tono del Matrimonio di Anselme de Tilleuls, giovane (braccia scimmiesche e occhi “irreconciliabili”) in cerca di moglie: ha ventisette anni, l’età di Verne quando scrive; anche lui, nella vita, sta cercando una “vedova benestante” da sposare, e così farà ( chiamando sempre “funerale” il matrimonio, per cui non aveva gusto).I racconti Pierre-Jean (1852) eSan Carlos appartengono al genere d’avventura più consueti in Verne. Pierre- Jean mostra i tremila condannati ai lavori forzati nel porto di Tolone: una vicenda toccante e una spericolata evasione si intrecciano alla cronaca della vita degli ergastolani: i mestieri (carpenteria, rimorchi), il cibo (una gamella di fave secche, e vino nei giorni di corvée), le bastonature (se si scrive, si fuma, si gioca d’azzardo), le restrizioni (sono incatenati a coppie con ferri da quattro a dieci chili, e doppia catena fissa in casi di tentata fuga: riacciuffati per la tendenza a trascinare, a causa degli anelli, il piede sinistro). San Carlos (1856) è una storia di contrabbandieri dei Pirenei, esotico come Viaggio di studi,che invece è l’ultimo testo di Verne (1905) in viaggio in Congo, con l’intento di promuovere l’esperanto – le righe malferme sono, per sempre, interrotte. Sperimentale era invece, quarant’anni prima, inUn prete nel 1835(1847), l’interruzione in cui Verne si rivolge al lettore, rovesciando e discutendo i generi che sta utilizzando. Se questi non fossero racconti travolgenti, comporrebbero un eccezionale ritratto d’artista da giovane,mentre prova le sue forze.