La Lettura, 25 novembre 2023
Rcchezze nello spazio
Il 17 agosto 2017 i telescopi di onde gravitazionali Ligo/Virgo hanno rivelato una piccola curvatura nel tessuto dello spaziotempo. Immediatamente hanno trasmesso l’informazione agli altri osservatori sulla Terra e in orbita, e questi si sono orientati verso la regione da cui il segnale gravitazionale proveniva. Grazie a un capolavoro della nuova astronomia multimessaggero si è scoperto che il segnale era originato dalla fusione di due stelle di neutroni a circa 130 milioni di anni luce da noi. Le stelle di neutroni, gli oggetti più densi conosciuti nell’universo dopo i buchi neri, si formano quando una stella muore e collassa, comprimendo una massa paragonabile a quella del Sole in una sfera di una decina di chilometri. Misurando la luminosità e il colore della luce emessa abbiamo capito che nella fusione (chiamata kilonova) si era creata un’enorme quantità di elementi pesanti.
L’idrogeno e l’elio, gli elementi più leggeri, si sono formati poco dopo il Big Bang, l’esplosione primordiale che ha originato l’universo quattordici miliardi di anni fa, mentre elementi più pesanti come il carbonio e l’ossigeno sono stati creati dalle stelle attraverso la fusione nucleare di idrogeno ed elio. Questo processo può costruire elementi fino al ferro, che occupa il numero 26 nella tavola periodica degli elementi – l’ordinamento nella tavola periodica corrisponde al peso di un atomo; l’idrogeno ha il numero 1. La formazione degli elementi più pesanti del ferro, come il cobalto (numero 27), il nichel (28), il platino (78) e l’oro (79), richiede un ambiente soggetto a interazioni forti. Queste possono verificarsi solo in enormi collassi gravitazionali come quelli alla fine della vita degli oggetti stellari, collassi chiamati supernove, kilonove, ipernove, a seconda del meccanismo in gioco e delle energie prodotte. L’oro prodotto nel collasso osservato nell’agosto 2017 corrispondeva a circa 200 volte la massa della Terra, e il platino a 500.
I materiali pesanti sulla Terra sono figli delle stelle, e vengono dispersi nel cosmo dalle esplosioni stellari. Nel nostro pianeta ne abbiamo piccole briciole, ma ci sono luoghi nell’universo in cui questi materiali si concentrano con eccezionale abbondanza e purezza. Riusciremo un giorno a estrarli e raccoglierli da corpi celesti?
Oggi ci preoccupiamo dei cosiddetti minerali critici, essenziali per le tecnologie energetiche pulite. Ci aspettiamo in futuro criticità sul rame, sui principali metalli per batterie (litio, nichel, cobalto) e sulle cosiddette terre rare, che raggruppano lo scandio, l’ittrio e i 15 elementi chimici dal numero 57 al numero 71 della tavola periodica, presenti sulla Terra in concentrazioni basse, cosicché il processo di estrazione e purificazione è costoso e inquinante. È difficile prevedere l’evoluzione del fabbisogno da qui alla fine del secolo; si può partire dall’osservazione che dal 2017 al 2022 la domanda di litio è triplicata e quella di cobalto è aumentata del 70%. Anche in uno scenario prudente, il piano che dovrebbe azzerare l’emissione netta di anidride carbonica per rallentare il riscaldamento globale aumenterà il fabbisogno di materiali critici di un fattore quattro entro il 2050. Le attività su questi materiali sono concentrate soprattutto in Cina, Indonesia, Russia e in America Latina, con enormi preoccupazioni per i danni ambientali e sociali legati alle attività di estrazione e lavorazione, oltre che per l’equilibrio geopolitico – molte potenziali nuove risorse minerarie si trovano in Africa. Le risorse del nostro pianeta sono limitate ed entro la fine del secolo l’estrazione nello spazio potrebbe diventare conveniente.
Certamente i resti di collassi stellari sono troppo lontani in relazione a qualunque tecnologia immaginabile nei prossimi secoli, ma ci sono oggetti nel sistema solare che potrebbero essere miniere spaziali accessibili. Anche per questo si parla da qualche anno di realizzare basi lunari e colonie marziane. La Luna non è particolarmente interessante per i minerali pesanti, ma lo è per un’altra risorsa strategica importante in una prospettiva futura. Il vento solare, cioè il flusso di raggi cosmici provenienti dal Sole e responsabili, ad esempio, dell’aurora boreale che abbiamo visto qualche settimana fa, ha depositato grandi quantità di elio-3 (una forma leggera di elio) sulla Luna. I giacimenti lunari ne contengono una quantità centomila volte più grande di quella sulla Terra. L’elio-3 è un combustibile per i futuri reattori a fusione di generazione successiva a quella attualmente in corso di realizzazione, reattori che potrebbero entrare in funzione entro la fine del secolo.
C’è un’altra fonte importante di materiali preziosi: gli asteroidi vicini. Si tratta di corpi rocciosi o metallici che si sono formati principalmente durante lo sviluppo del sistema solare, circa cinque miliardi di anni fa. Le loro dimensioni variano da qualche metro a qualche centinaio di chilometri, e per la maggior parte orbitano in una fascia compresa tra Marte e Giove.
I voli spaziali sono oggi costosi. Trasportare un chilogrammo di materiale nelle orbite vicine alla Terra (non stiamo ancora parlando della fascia degli asteroidi) costa circa mille euro al chilogrammo. Ma il costo è diminuito di un fattore 20 negli ultimi 15 anni grazie soprattutto alla compagnia SpaceX di Musk, che promette in un prossimo futuro di abbassare ulteriormente i prezzi portandoli sotto i cento euro al chilo, una cifra interessante anche per chi pensa di disperdere le proprie ceneri nello spazio. La tecnologia necessaria a recuperare metalli dagli asteroidi non è ancora disponibile e robot in grado di svolgere attività estrattive sui corpi celesti, sebbene oggetto di molte ricerche, non sono ancora stati realizzati. Tre missioni esplorative condotte dagli Stati Uniti e dal Giappone per portare sulla Terra minerali estratti dagli asteroidi con le tecnologie attuali ci hanno riportato in tutto sette grammi di materiale. Ma questo non ha impedito alla Nasa, che crede in uno sviluppo a breve termine, di fare un passo importante verso la nuova «corsa all’oro». Il 13 ottobre scorso è stata lanciata da Cape Canaveral la grande missione Psyche, diretta verso l’asteroide metallico 16 Psyche che sembra ideale per l’estrazione spaziale (ne ha scritto Giovanni Caprara su «la Lettura» #616 del 17 settembre). Scoperto nel 1852 da Annibale de Gasparis dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte a Napoli, 16 Psyche pare contenere abbastanza nichel e cobalto da superare abbondantemente le riserve di tutta la Terra, e sarà raggiunto nel 2029. Allora ne sapremo di più.
Altri asteroidi sono ricchi di elementi molto rari sulla Terra, provenienti dai collassi stellari, come il platino, l’iridio, l’osmio e il palladio, tutti importanti per l’industria e utilizzati in prodotti diversi come marmitte catalitiche, pacemaker e impianti medici, e nei moderni componenti elettronici. Poiché si tratta di una risorsa limitata sul nostro pianeta, il loro costo elevato potrebbe rendere appetibile l’idea di estrarli nello spazio.
Nell’aprile 2020 il presidente Donald Trump ha aggiornato un documento del suo predecessore Barack Obama promulgando un ordine esecutivo a sostegno dell’attività mineraria spaziale degli Stati Uniti. L’ordine di Trump prevede che, al fine di evitare conflitti, vengano stabilite zone sicure intorno alle future basi lunari. Anche Russia, Cina e India hanno previsto basi lunari. In un momento in cui il quadro legislativo riguardo all’estrazione mineraria extraterrestre è poco chiaro diventa conveniente piantare la propria bandiera su oggetti sulla proprietà dei quali fra poco potrebbero iniziare trattative. Non si può neppure escludere che Paesi e aziende possano fare proprie le risorse estratte dai corpi celesti senza di fatto rivendicare la proprietà degli oggetti stessi. Il trattato sullo spazio extra-atmosferico sottoscritto nel gennaio 1967 dalle Nazioni Unite afferma che «l’esplorazione e l’uso dello spazio esterno saranno effettuati a beneficio e nell’interesse di tutti i Paesi e saranno di competenza di tutta l’umanità; lo spazio, compresa la Luna e gli altri corpi celesti, non è soggetto ad appropriazione nazionale con alcun mezzo». Tra non molto la cornice normativa sarà ridiscussa e aggiornata, e per sedere al tavolo che conta lavorando affinché lo spirito della dichiarazione del 1967 venga preservato sarà importante essere in prima linea nell’esplorazione delle nuove risorse.
Lo spazio è la nuova frontiera, ed è necessario che l’Europa e l’Italia elaborino quadri legali e diplomatici aperti e programmi di ricerca agili basati su nuove idee di lanciatori e missioni che ci pongano di nuovo in prima linea, superando l’immobilismo di una burocrazia che rischia di farci perdere posizioni rispetto agli Stati Uniti per quanto riguarda le grandi missioni e a Paesi emergenti come l’India per quanto riguarda le piccole. La corsa all’oro dell’Ottocento è stata vinta da manipoli di volenterosi guidati da una sana ambizione, che questa volta vorremmo venisse rivolta al benessere di tutta l’umanità. Riusciremo a mettere i nostri figli nelle condizioni di essere quei coraggiosi esploratori?