il Fatto Quotidiano, 23 novembre 2023
La Rai vende le sedi e poi le riaffitta
Parte il piano di vendita degli immobili Rai, col Cda che ieri ha dato il via libera, con il voto a favore di tutti i componenti tranne l’astensione di Francesca Bria (Pd) e la non partecipazione di Igor De Biasio (Lega) per possibile conflitto d’interessi (è amministratore delegato di Arexpo e presidente di Terna). Un’operazione che consentirà di fare cassa, visto il periodo di vacche magre, con l’indebitamento che aumenta sempre più, e a fine anno potrebbe addirittura superare i 600 milioni, e la riduzione del canone da 90 a 70 euro in bolletta, con un recupero di risorse dalla fiscalità generale ancora tutto da quantificare. Quindi il piano immobiliare deciso nel 2022 cade a fagiolo per recuperare risorse. A partire dal 2026 saranno 17 gli immobili messi in vendita, tra cui il prestigioso Palazzo Labia (sede Rai di Venezia) e il Teatro delle Vittorie, a Roma. La previsione di incasso, per i 160 mila mq totali, è di circa 250 milioni, un bel po’ di fieno da mettere in cascina in previsione di tempi bui.
A colpire, però, sono due aspetti. Il primo è che per diverse vendite, non tutte, ci si avvarrà della formula del “lease back”: l’immobile sarà venduto a un acquirente che poi lo riaffitterà alla stessa Rai che, dopo tot anni, potrà tornare a riscattarlo pagando la differenza rimasta. Ricorrono al lease back le imprese che possiedono beni di grande valore e hanno bisogno di liquidità, con il vantaggio anche di scaricare i costi di manutenzione, che spettano al nuovo acquirente. Il secondo aspetto è che, per questa operazione, Viale Mazzini cerca un compratore unico, perché non vuole procedere a una vendita frazionata: cosa non facilissima, vista la cifra di cui si parla.
La seconda delibera dà invece il via libera al faticoso trasferimento della sede di Milano al Portello, di cui si parla da anni, con relativo abbandono della storica sede di corso Sempione, ormai obsoleta. Il trasloco, però, avverrà solo nel 2029, tra sei anni, nell’area denominata MiCo Nord, grazie a un accordo con la Fondazione Fiera Milano cui la tv pubblica pagherà un affitto di 5,9 milioni l’anno per 27 anni, circa 160 milioni in totale. Operazione molto osteggiata dal “partito romano” della tv pubblica, con il Messaggero schierato pancia a terra contro quella che nei palazzi del potere veniva visto come un potenziamento di Milano rispetto alla Capitale: la “Saxa Rubra del Nord”. Dimenticando che la Rai nel 1954 nacque proprio sotto la Madonnina e lì si sono realizzati programmi che hanno segnato la storia (da Lascia o raddoppia? a Portobello, da Quelli che il calcio alla Domenica sportiva).
Nel frattempo, a proposito di spese, è stata approvata la nuova convenzione 2024-25 tra Viale Mazzini e Comune di Sanremo per realizzare il Festival. La Rai pagherà 450 mila euro annui in più: la spesa totale arriverà così a 5 milioni e 300 mila euro annui, 10 milioni e 600 mila nel biennio. Cifra che in azienda viene giustificata con i grossi introiti generati dal Festival: per l’edizione 2023 mamma Rai ha incassato circa 50 milioni in raccolta pubblicitaria.