il Giornale, 23 novembre 2023
Raddoppiano le richieste di aiuto ma per 4 uomini su 10 la colpa è delle donne
Lei: «Il mio ragazzo mi controlla i messaggi sul cellulare, ma è solo un po’ geloso». Segue risatina (non convintissima). Lui: «L’hanno stuprata? Eh, ma hai visto che selfie si faceva?». Segue sorrisetto (ammiccante). Frasi normali per 4 uomini su dieci. Lo dice l’Istat nella sua indagine sugli stereotipi e l’immagine sociale della violenza.
Mai come ora i numeri sono fondamentali per dare la dimensione di un fenomeno che sembra serpeggiare sottopelle in tutto il Paese e su cui siamo sempre meno disposti a far finta di niente. Se serve una rivoluzione culturale, allora serve prima fotografare ciò che chiede e sente l’Italia.
Negli ultimi due giorni, dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, sono raddoppiate le richieste d’aiuto al 1522: dalle 200 telefonate quotidiane si è arrivati alle 400 con picchi tra 450 e 500 se si considerano anche quelle fatte con chat ed app.
Oltre alle adolescenti, sono aumentate le richieste da parte dei genitori, in particolare dalle mamme, preoccupati per le figlie, per il modo in cui il loro ragazzo le considera «di sua proprietà». «Di solito questo boom di telefonate – spiega Arianna Gentili, responsabile dell’help line violenza e stalking 1522, servizio pubblico promosso dalla presidenza del Consiglio dei Ministri – lo tocchiamo tra il 24/25 e 26 novembre per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Quest’anno l’eco mediatico del femminicidio di Giulia ha fatto anticipare il picco. E questo perché in tante si sono identificate. Giulia era una ragazza normale e come lei tante ragazze hanno lasciato il fidanzato e si ritrovano nella sua situazione». C’è stato anche il raddoppio delle richiesta dei genitori: «Da sempre riceviamo telefonate da parte di genitori e parenti – ha ricordato – La percezione che tua figlia stia subendo qualcosa di grave, di fronte a un fatto così drammatico, porta fuori quella paura».
Di strada da fare per superare certi luoghi comuni ce n’è, tanta. Da un’indagine Istat (cominciata nel 2018 e non ancora conclusa) emerge un’Italia in cui il 48,7% degli intervistati ha ancora almeno uno stereotipo sulla violenza sessuale. (Solo) il 39,3% degli uomini pensa che una donna possa sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole e quasi il 20% pensa che la violenza sia provocata dal modo di vestire delle donne. Se cala la tolleranza verso il ceffone o la violenza fisica, il 10% delle ragazze accetta che il fidanzato controlli le sue chat e abbia la password dei suoi profili social.
Diversa la situazione nelle coppie più anziane e meno istruite: alcuni pensano sia accettabile uno schiaffo sfuggito di tanto in tanto alla moglie. Idem i controlli su telefono e look prima di uscire. Sebbene l’Indagine non sia ancora conclusa, e pertanto non sia possibile un confronto puntuale con quanto rilevato sugli stessi temi nel 2018, «emerge una minore tolleranza rispetto alla violenza nella coppia, in particolare per quanto attiene al controllo». Sui ruoli di genere «cresce la consapevolezza delle donne». Che restano le principali vittime dei reati. Dai maltrattamenti in famiglia alla violenza sessuale fino allo stalking: sono 85 ogni giorno le donne vittime di reato in Italia. Il numero di vittime di sesso femminile è quattro volte superiore alle vittime di sesso maschile. Nel 55% dei casi questi reati vengono commessi dalla persona con cui si vive, dicono i dati raccolti dalla Polizia nell’ambito della campagna «Questo non è amore». Nel 39% dei casi l’autore del reato è il coniuge o il compagno, nel 30% l’ex, nel 6% un genitore o un figlio. Nel 25% dei casi questi reati sono commessi da vicini di casa, pretendenti, colleghi di lavoro o altri parenti.
Nel primo semestre del 2023 sono 2.194 gli ammonimenti del questore, il 33% in più rispetto a quelli emessi nel primo semestre del 2022, ovvero 1.648. Nel 6% dei casi si tratta di recidive. Nel primo semestre del 2023 sono 59 le donne vittime di omicidio volontario, 31 uccise in ambito familiare, 16 femminicidi, e in due casi l’autore aveva precedenti specifici. Nel 52% dei casi l’assassino ha le chiavi di casa.