il Fatto Quotidiano, 23 novembre 2023
Nessuno vuole l’Eliseo
Il Teatro Eliseo di Roma è in vendita. Lo è ancora, continua e continuerà a esserlo, da quando nel gennaio 2022 l’annuncio comparve sul sito dell’agenzia immobiliare Engel&Volkers, suscitando clamore sui media, per poi scomparire qualche mese dopo: troppo alto il prezzo, 24 milioni di euro, suonato ai più come una provocazione del proprietario, Luca Barbareschi. L’attore, regista, produttore e politico, ieri impegnato in una singolar tenzone via social col collega Gabriele Salvatores, che l’ha accusato di essere soprattutto “abilissimo a muoversi nei meandri dei ministeri”.
Da un anno e mezzo, in quel gioiello incastonato tra via Nazionale e il Quirinale, dove si esibirono in 120 anni di storia tutti i grandi del teatro italiano, da Anna Magnani a Eduardo De Filippo, ma restaurato in anni recenti, ben poco è accaduto. Finito sulle cronache nel 2023 soltanto una volta, a maggio, per una protesta femminista contro il direttore, che aveva detto in un’intervista che le denunce di molestie delle attrici “servono solo a farsi pubblicità”. Per il resto nessuna stagione teatrale, nessuna offerta, il silenzio. Quasi a far scordare ciò che si cela dietro quelle porte.
La storia recente del Teatro Eliseo è simile a quella di altri teatri romani e italiani, chiusi e messi in vendita con l’ombra della speculazione, come ha ricordato poche settimane fa Carlo Verdone con una lunga denuncia su Facebook. Ma i protagonisti, gli sviluppi, e la quantità di milioni pubblici investiti, la rendono unica e meritevole di riflettori accesi.
Al Teatro Eliseo, la gestione di Luca Barbareschi e della sua casa di produzione, Casanova Multimedia, che da allora diviene Eliseo Entertainment, inizia alla fine del 2014.
C’erano grossi problemi con i proprietari precedenti, e Barbareschi viene scelto come la figura giusta per salvare il teatro: la sua è l’unica offerta valutata dagli altri soci. Si arriva a uno sfratto, il 20 novembre del 2014, e all’inizio di una nuova epoca.
In cinque anni l’Eliseo riceve 13 milioni di aiuti pubblici, un record per un teatro privato. Dopo aver ricevuto 8 milioni con un emendamento ad hoc (sostenuto da Pd e centrodestra) nel 2017, Barbareschi compra il teatro, per un’offerta intorno ai 7 milioni di euro. Nonostante questo, e nonostante la scelta della nuova gestione di non riassorbire i lavoratori della precedente, le difficoltà di bilancio non se ne vanno. Barbareschi sostiene di avere speso dal 2015, 18 milioni per il teatro (i bilanci non sono pubblici). Ma con il Covid il teatro chiude per non riaprire mai più. Alla fine della cassa integrazione, pagata con fondi statali, parte la procedura di licenziamento per i 21 dipendenti. Pochi mesi dopo, a gennaio 2022, viene messo in vendita: “Ma voglio gestirlo io” chiarisce ai giornali Barbareschi allora, assicurando che sarebbe rimasto un teatro. Impossibile però che diventasse altro, essendovi un vincolo d’uso apposto dal ministero nel 2014: e infatti non arriva nessuna offerta che soddisfi la richiesta monstre di 24 milioni. Da allora, per Luca Barbareschi è arrivata un’assoluzione piena da un’indagine per traffico di influenze, ma anche due batoste che hanno messo ulteriormente in difficoltà il futuro del teatro chiuso: prima, nell’aprile 2022, il ministero della Cultura ha chiesto di restituire 847 mila euro di aiuti Covid, dato che non erano stati rispettati i requisiti (usarli per fare spettacoli); poi, più impattante, nel luglio 2022 la Corte costituzionale ha giudicato illegittimo il finanziamento da 8 milioni totali ricevuto tra 2017 e 2018 “in occasione del centenario” del Teatro, che però aveva inaugurato nel 1900 e nel 1918 aveva soltanto cambiato nome, come già notato dagli altri teatri romani che proposero il ricorso. Sprofondo rosso: da allora le comunicazioni del teatro si diradano.
Luca Barbareschi a Report, nel giugno 2022, giurava di avere due offerte. Da allora nulla se ne sa. Al Fatto l’ufficio stampa di Eliseo Entertainment (quello del teatro non esiste più) chiarisce che il teatro non è ancora stato venduto, e che questo interesse per il caso specifico pare immotivato. Mentre sui fondi del 2017, per cui è stata richiesta la restituzione, sono in corso i dovuti accertamenti giudiziali e non vi sono commenti.
Ma del maxi progetto con cui Barbareschi si è fatto capofila del gruppo che avrebbe dovuto rilanciare l’Eliseo, resta ormai poco: cinque stagioni, una quindicina di lavoratori lasciati a casa nel 2014, un’altra ventina nel 2021, un centenario pagato con fondi giudicati illegittimi, qualche performance memorabile del direttore artistico e proprietario.
“L’Eliseo apre per convegni, eventi e per affitti sala ma, senza le sovvenzioni come tutti gli altri teatri storici, non può produrre come una volta”, sosteneva un ridimensionato Barbareschi a Repubblica l’11 maggio 2023. Forse è tempo che le istituzioni decidano che per dare un futuro ai teatri, questi possano prescindere dai desiderata dei loro proprietari. Soprattutto se questi lo sono divenuti con fondi pubblici.