La Stampa, 22 novembre 2023
Io sull’auto dove è morto JFK
Quella sera eravamo diretti a una festa in Texas ed io ero assegnato come agente di scorta della first lady nell’ambito della missione che insieme al presidente John F. Kennedy stava facendo. Eravamo stati a San Antonio e a Houston con diversi cortei di auto e avevano attraversato aree piene di gente festante ed entusiasta. La sera del 21 novembre arrivammo a un altro grande evento. C’era tantissima gente a Fort Worth. All’indomani il presidente avrebbe cominciato la giornata con un discorso al mattino presto dinanzi all’hotel. C’erano mille persone ad attenderlo.
Dopo quello che definimmo il “discorso di colazione”, siamo andati da Fort Worth a Dallas con l’Air Force One. È strano, lo so, non aveva molto senso perché potevamo benissimo percorrere con il convoglio di auto quel tratto di strada in modo molto più semplice. Ma lo staff del presidente voleva le foto dell’Air Force che atterrava a Dallas e così fu deciso che lo spostamento avvenisse in aereo dalla base della Air Force di Carswell vicino a Fort Worth sino a Love Field a Dallas. La pioggia aveva cessato di scendere così potemmo togliere il tettuccio dell’auto presidenziale per la sfilata.
Il convoglio partì da Love Field verso il luogo a Dallas dove il presidente avrebbe tenuto il suo discorso.
Ero sul predellino dell’auto del Secret service dietro a quella di JFK. Stavamo passando fra ali di persone in festa, erano tutti elettrizzati. Le auto fecero una curva, la folla lì era diradata. Un attimo dopo, in un batter di ciglia ogni cosa cambiò.
Si sentì un colpo d’arma da fuoco contro il convoglio. Sordo. Forte. Istintivamente saltai giù dalla mia posizione sull’auto al seguito e corsi verso la limousine presidenziale per assolvere al mio dovere di proteggere il Presidente e la Signora Kennedy. Ma non riuscii a correre veloce come un proiettile. Balzai sull’auto mentre stava accelerando, ma era ormai tardi. Il disastro era compiuto.
Il mio nome è Clint Hill. Il 22 novembre del 1963 avevo 31 anni. Quel giorno per me fu qualcosa di personale. Di intimo. La mia vita da allora non sarebbe mai più stata la stessa. E come per un’intera generazione quel giorno segnò la fine dell’età dell’innocenza. —