il Fatto Quotidiano, 21 novembre 2023
“Sgarbi, buste di contanti e centro d’affari al ministero”
Gli expertise gestiti dal capo segreteria al ministero. Il tariffario per le conferenze, le buste in nero da cui ricavava i compensi, le pressioni sui sovrintendenti, i sopralluoghi dai privati. La compagna che lo rimprovera: “Duemila euro schifosi per la prefazione di un libro, hai svenduto un sottosegretario”. Il Fatto Quotidiano e Report incontrano Dario Di Caterino, l’ex social media e manager di Vittorio Sgarbi, che un mese fa ha rivelato le attività “parallele” del sottosegretario che potrebbero costargli l’incarico. Pugliese, 45 anni, l’ex manager fornisce dettagli e sottolinea: “Sono a disposizione dei pm”.
Racconta di come non fosse pagato, inseguito da una tempesta di multe, minacciato dalla compagna Colle (“Dario, ti faccio fuori”) ma che la lettera che ha inviato il 20 ottobre a Meloni e al ministro Sangiuliano è stata ben più di una liberazione: “Non posso fare la morale a nessuno, ho fatto errori, ma non ne potevo più di vedere gli uffici del ministero ridotti a un covo d’affaristi pronti a piegare l’istituzione pubblica a interessi privati”.
È un fiume in piena. “Vittorio scomoda l’articolo 21 della Costituzione, ma la censura non c’entra, parliamo di gente lautamente pagata che va in un ufficio pubblico e poi fa tutt’altro per procacciare soldi e mantenere lo stile di vita che garantisce da anni al proprio entourage”. Prima di fare “invio”, ha sentito Sgarbi o la segreteria chiedendo qualcosa in cambio? “No, assolutamente. La lettera tanto anonima non era, visto il dettaglio delle informazioni e questa intervista a viso aperto”. Sgarbi la bolla come “corvo” e “traditore”. “Strano – ribatte – fino a non molto tempo fa voleva farmi assumere al ministero”. Sull’accusa di furto di dati risponde: “Ho scaricato le mail, ma le password me le avevano date e autorizzate loro”.
Torna all’inizio della storia. “Ero il social media manager e poi anche manager di Sgarbi”. Il rapporto professionale risale al febbraio del 2022, per la candidatura alle Amministrative di “Io apro”, movimento poi fusosi con quello di Sgarbi in “Io Apro Rinascimento”. Prosegue alle Politiche con la candidatura al Senato nelle liste di “Noi Moderati” nel collegio di Bologna e si protrae fino al 25 settembre 2023. Sostiene di aver sempre reclamato un contratto. “C’era un accordo con Sabrina Colle per ricevere una parte dei proventi maturati dalla gestione dei canali social di Vittorio tramite la sua società Hestia. Li ho richiesti più volte, mai ricevuti”. Il pagamento avveniva perlopiù in “buste di contanti” consegnate a mano, come compensi per Sgarbi al termine degli eventi che riusciva a organizzare per lui. “Erano le direttive della Colle e di Nino Ippolito, il suo capo segreteria”. Cita episodi specifici: Mesagne, Puglia, 4 mila euro per un evento, metà via bonifico e metà in nero, da cui avrebbe stornato il proprio compenso: “Finì tutto nel conto della Hestia”.
Racconta i sopralluoghi per valutazioni, quelli che Sgarbi nega perché incompatibili con l’incarico di governo. “Sono concordati da dentro il ministero, dal capo segreteria che gestisce la casella di posta elettronica expertise@vittoriosgarbi.it. Ippolito risponde a chi chiede valutazioni specificando che l’attività riguarda l’aspetto professionale di Vittorio Sgarbi a pagamento, diviso in due fasi, la presa visione in loco e l’expertise vera e propria che si pagherà dopo, stabilendo un compenso a parte”.
Cita, tra le altre, una risposta del 17 ottobre a una signora di Livorno per un presunto Cimabue. Riferisce episodi in cui Sgarbi si sarebbe trovato in abitazioni private che custodiscono opere meritevoli di tutela, ma – a suo dire – per evitarla. Parla anche di pressioni dirette sui sovrintendenti. “Lo sentivo insultare questo o quell’altro, “non dovete notificare opere con meno di 70 anni, fare i carabinieri e avere astio verso i collezionisti privati”. Cita anche una convocazione di tutti i responsabili degli uffici esportazioni al ministero per impartir loro quell’indirizzo. “Alcuni funzionari si opposero, sostenendo che la loro attività non fosse discrezionale come lui voleva”.
Del sottosegretario “a gettone” ricostruisce il tariffario: il cachet di una conferenza non meno di 3.500 euro, uno spettacolo teatrale 5 mila, la prefazione a un libro 4 mila. “Dipende dalla capacità di spesa del cliente, spesso era la Colle a mettere l’ultima parola”. Cita un evento del 16 novembre a Pordenone, finanziato da una multinazionale austriaca. “Avevo pattuito 5 mila euro più spese. L’acconto della metà era già arrivato ma la Colle, dopo più di un mese, chiamò il referente minacciando che Vittorio non avrebbe partecipato per meno del doppio”. Idem con le prefazioni: “Ne concordai una che scrisse in auto in 18 minuti, bellissima. La Colle andò su tutte le furie”. Mostra un messaggio del 19 luglio: “Duemila euro schifosi per una presentazione di un sottosegretario. Ma che ti dice la testa”. Fa seguito il congedo: “Per me sei fuori”.
Il 9 ottobre i rapporti si interrompono per circa tre mesi: l’ex braccio destro finisce ai domiciliari. “Fui coinvolto in alcune vicende giudiziarie per le quali provavo un profondo malessere”. A suo dire, Sgarbi sapeva di una precedente condanna a Perugia (oggi in appello) ma “mia madre, ritengo per pudore, disse che ero malato fino a gennaio 2023, quando ripresi a collaborare”. Ad aprile Di Caterino patteggia: “Lo feci per continuare a lavorare con Vittorio, impossibile con l’obbligo di firma. Rinunciai al mio più ampio diritto di difesa. Questo oggi mi fa più male, me lo sarei risparmiato”.
Dietro la rottura, anche una montagna di multe. “L’associazione da me presieduta, Controcomunicazione, ricevette da Sgarbi una donazione di 30 mila euro. Il 15 giugno 2023 quei soldi furono utilizzati per acquistare un’auto da concedere in comodato gratuito al sottosegretario. Il contratto prevedeva che pagasse oneri di manutenzione e multe. Da giugno iniziano ad arrivarne 7/8 al giorno che gli ho chiesto in tutti i modi di pagare, oggi sono 100 mila euro di cartelle, eccole”. Ne legge una. “Fiorenzuola d’Arda, Piacenza, 23 giugno ore 00:04. Velocità rilevata: 192,96 km/h. Il termine è scaduto, i 700 euro sono raddoppiati”.