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 2023  novembre 20 Lunedì calendario

Pure lo sciopero va svecchiato: non impressiona più nessuno


Le imprese erano effettivamente danneggiate da uno sciopero quando realizzavano profitti solo attraverso l’attività produttiva. Tuttavia, in un mondo globalizzato, gran parte della produzione è delocalizzata e quindi il blocco delle fabbriche in un singolo Paese o settore può essere aggirato facilmente. Oggi le imprese perdono soprattutto se crolla la domanda. Ciò rende lo sciopero tradizionale un’arma spuntata, che danneggia economicamente chi vi aderisce e rischia addirittura di avvantaggiare le controparti. Non a caso c’è chi non esita a insolentire gli scioperanti, perché queste proteste non spaventano più le imprese che, in un momento di domanda stagnante, risparmiano sul costo del lavoro e possono facilmente recuperare la produzione persa. E non spaventano neanche il governo, perché gli scioperi dei dipendenti pubblici fanno risparmiare le casse dello Stato. Inoltre non può partecipare ad uno sciopero chi non lavora, come gli studenti, i disoccupati e i pensionati, che sono le tipiche vittime di certe politiche. È dunque il momento di attuare forme di lotta più moderne ed efficaci.
Se ciò non avviene, è colpa anche delle nostre radici culturali. La parola sciopero, infatti, deriva dal latino ex operare e allude alla interruzione del lavoro. Esattamente il contrario di ciò che avviene nei paesi anglofoni, dove scioperare si dice to strike, che significa “colpire” e “raggiungere l’obiettivo”. Forse per questo le recenti proteste dei sindacati statunitensi hanno avuto successo, mentre le nostre no. Condividono la nostra impostazione molte lingue neo-latine. Per esempio, in castigliano la huelga deriva da holgar, ovvero starsene senza far nulla; in catalano vaga viene dal verbo vagar; in greco l’aperghìa indica l’allontanamento dal lavoro; in Francia la grève rievoca la tradizione degli operai parigini di protestare in Place de Grève. A questo luogo sembrano ispirarsi portoghesi, brasiliani, turchi, romeni e albanesi. Anche in cinese bà gong è una semplice astensione dal lavoro, come la malattia e i fine settimana lunghi, ma in certi Paesi non è neanche immaginabile una protesta contro il governo del popolo e le sue imprese.
L’idea del colpo alla controparte è diffusa in quasi tutte le lingue del ceppo germanico, dove si usano varianti del tedesco streik. Questo suono è piaciuto anche ai giapponesi, che usano la parola sutoraikie, ai balcanici, che utilizzano delle varianti fonetiche di streik. Perfino agli arabi indicano lo sciopero con la parola idrab, che deriva dal verbo darab, ovvero colpire. Eppure i lavoratori e i cittadini insoddisfatti possono assestare parecchi “colpi” alla controparte senza rimetterci un centesimo e senza azioni violente o illegali. Lo avevano capito i toscani, che per protestare contro le tasse sul sale si erano rassegnati a mangiare pane sciapo sin dal Medioevo. Il famoso sciopero del tabacco in Lombardia fu molto più dannoso di mille manifestazioni per gli occupanti austriaci. Gandhi riuscì a paralizzare l’economia coloniale inglese e a raggiungere obiettivi estremamente ambizioni con strumenti non violenti ma micidiali, come la marcia del sale e il boicottaggio dei tessuti inglesi.
Oggi basta semplicemente aggiornare certi metodi, che hanno anche il vantaggio di non poter essere neutralizzati da una commissione di garanzia e qualche reparto della celere. Pensate a cosa succederebbe se un sindacato invitasse a bloccare tutti gli acquisti non essenziali per un paio di settimane (cosa molto facile, visto l’attuale livello di salari e pensioni); oppure se lanciasse il boicottaggio dei brand e dei media che non sostengono apertamente le ragioni dei manifestanti; oppure se invitasse i lavoratori in agitazione a guidare a bassissima velocità o ad attraversare lentamente i passaggi pedonali per bloccare il traffico (come fanno abitualmente camionisti e tassisti in agitazione e come fecero i trasportatori cileni durante il golpe). Si potrebbero aggiungere anche consigli sempre salutari, come smettere di fumare (con un esplicito richiamo risorgimentale), di giocare alle lotterie di Stato e di bere alcolici per non rimpinguare le casse del Tesoro. Sarebbero tutte forme di protesta a cui potrebbero aderire anche pensionati e disoccupati, che evidentemente non possono astenersi dal lavoro, e potrebbero convincere soggetti del tutto estranei alla protesta (e forse anche tendenzialmente ostili) a supportare le ragioni dei lavoratori. In ogni caso, limitarsi a incrociare le braccia sperando di impressionare imprese e governi non è più una buona strategia.