La Stampa, 20 novembre 2023
Mancano medici
«Arrivano nei nostri studi verso sera, sono i pazienti orfani del medico di famiglia e non sanno da chi farsi prescrivere farmaci e certificati». Verona, Italia. Perché la desertificazione dei dottori di medicina generale descritta da Alberto Vaona, segretario provinciale veronese della Fimmg (il sindacato dei medici di base), è in atto un po’ in tutto il Paese. «Sento di colleghi che trascorrono le notti a fare ricette e la situazione fino al 2025 con i pensionamenti in arrivo andrà ad aggravarsi. Tanto che la Asl sta definendo un accordo affinché le guardie mediche siano aperte anche di giorno laddove ci sono almeno 500 cittadini rimasti senza medico di riferimento», racconta sempre Vaona. E i numeri raccolti da Istat e Agenas, l’Agenzia pubblica per i servizi sanitari regionali, gli danno ragione. Negli ultimi 15 anni tra medici di base, pediatri e guardie mediche si sono persi per strada 13.788 camici bianchi schierati nel grande ammalato del nostro Ssn, il territorio. In pratica è venuto a mancare un medico su cinque.Nel 2012 di medici di famiglia se ne contavano oltre 46 mila. Poi anno dopo anno l’erosione: 42.426 nel 2019, 41.707 nel 2020, 40.250 l’anno successivo per arrivare da qui al 2025 a contarne solo 36.628, qualcosa come diecimila in meno in 12 anni, durante i quali la popolazione sarà pure leggermente diminuita ma è anche invecchiata. E sono proprio gli anziani a fare più spesso visita agli ambulatori dei camici bianchi del territorio. Il problema è che già oggi la maggior parte di loro ha oltre 25 anni di servizio alle spalle e il ricambio generazionale non è in vista. Anzi, secondo l’Enpam, l’ente previdenziale dei dottori, i giovani formati da qui al 2031 copriranno solo la metà dei 20 mila medici di famiglia destinati ad andare in pensione, visto che oltre la metà di loro ha già più di 60 anni.Ma già oggi i medici che hanno a proprio carico più di 1.500 assistiti sono il 38% secondo l’ultima rilevazione Istat: essendo il massimo previsto da contratto, sono costretti a rimandare al mittente le nuove richieste di iscrizione da parte dei cittadini. Che magari si ritrovano a dover scegliere un dottore più lontano o che non conoscono affatto. Così come diventa un’impresa cambiare medico. Un problema più sentito al Nord, dove in media ogni medico ha 1.326 assistiti, mentre al Centro a ciascuno ne toccano 1.159 e al Sud 1.102. Ma la situazione varia parecchio da Regione a Regione. Così a star messo paggio è l’Alto Adige, con 5,47 medici ogni 10 mila abitanti, seguito da Lombardia (5,8), Calabria (5,86) e Trentino (6,09). Sotto la soglia di guardia di 7 medici ogni 10 mila abitanti sono anche Veneto, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Campania, Piemonte, Liguria e Marche. Ma tra due anni tutte le Regioni saranno a «rosso fisso», con il serbatoio di medici quasi svuotato. «Il problema – spiega Anna Lisa Mandorino, segretario nazionale di Cittadinanzattiva – è che spesso le carenze di medici di famiglia sono concentrate nelle zone più periferiche del Paese, a bassa intensità abitativa, che abbiamo definito per questo deserti sanitari».A invertire questa tendenza potrebbero essere le nuove leve, visto che grazie anche ai soldi del Pnrr il governo ha messo a disposizione dei neo laureati 900 borse di studio per specializzarsi in medicina generale, portando così il totale dei posti a 2.779 l’anno da qui al 2025. Peccato però che all’appello si siano presentati meno candidati delle borse a disposizione. Senza calcolare che parte degli iscritti abbandona anzitempo i corsi. Eppure, come spiega Silvestro Scotti, Segretario nazionale Fimmg, «oggi intraprendere la specializzazione in medicina generale può essere più conveniente rispetto a una specialità ospedaliera. Questo perché agli 850 euro mensili della borsa di studio si possono sommare allo stipendio di guardia medica o a quello di medico di famiglia, visto che gli specializzandi, fino al 2026, possono sin dal primo anno ricoprire entrambi i ruoli, pur sotto la supervisione di un tutor». Peccato però che questa opportunità, introdotta per legge lo scorso anno, sia sconosciuta ai più, come sostiene lo stesso Scotti. Che sollecita a sua volta una norma di legge che consenta alle Regioni a corto di medici di famiglia «di poter attingere alle graduatorie di quelle confinanti». Opportunità da sfruttare al più presto per ridare un medico di famiglia a quei due milioni di italiani che sono rimasti senza e che diventeranno 5 milioni da qui a tre anni se non si farà qualcosa. —