la Repubblica, 20 novembre 2023
L’occhio di 39 metri che osserverà la genesi del nostro universo
CERRO ARMAZONES (CILE) – C’è un uovo gigantesco, deposto da chissà quale uccello mitologico, sulla cima più alta. Fra le pietre brune del deserto di Atacama, con la città più vicina a due ore di jeep, diventa ciclopico quando ci avviciniamo. Per primo si distingue il reticolo della cupola sferica, poi il basamento circolare circondato da gru. Ai piedi di Cerro Armazones, a 3mila metri sulle Ande cilene, si arriva infine al campo base, dove 300 uomini si piegano contro il vento e per la mancanza di ossigeno per costruire l’Elt: Extremely Large Telescope. Nel 2028, quando aprirà il suo occhio largo 39 metri, sarà il telescopio più grande del mondo fra quelli che captano la luce visibile e l’infrarosso.
«Grande vero?», sorride l’ingegnere Davide Deiana, il responsabile del cantiere, guardandolo con occhi sognanti. «Dentro ci stanno due Colossei impilati uno sull’altro. Stiamo spingendo l’ingegneria ai suoi limiti». Con il sole o con il gelo e con un vento che può arrivare a 100 chilometri orari, alle 3.700 tonnellate del nuovo telescopio – 300 metri di perimetro per 40 di altezza – non sarà concesso di tremare. «Osservando un punto sulla Luna, avremo al massimo un errore di due metri», spiega Juan Carlos Muñoz, astronomo spagnolo dell’Eso, l’European Southern Observatory, che ha deciso di realizzare un monumento alle stelle come Elt. Alla costruzione della struttura portante lavora la ditta italiana Cimolai, nonostante le turbolenze finanziarie, con turni che vanno dal primo all’ultimo raggio di sole, domeniche incluse.
Il rivale da battere d’altra parte osserva già da un anno il cielo in orbita. È il telescopio James Webb, gioiello della Nasa da 10 miliardi di dollari. Elt si aggira attorno a 1,5 miliardi, «ma sarà 5 volte più potente», annuisce Michele Cirasuolo, l’astronomo dell’Eso che ha il compito della programmazione scientifica. «Potrà vedere stelle più piccole e più lontane di qualunque altro strumento, nello spettro della luce visibile». Agli astronomi gli occhi brillano più di Alpha Centauri, una delle stelle piùbelle dell’emisfero sud. «Con Elt l’Europa balzerà all’avanguardia nel mondo». Un po’ come è avvenuto con il Cern nella fisica delle particelle.
Anche gli Stati Uniti vorrebbero un occhio così grande. Il loro Thirty Meter Telescope, progettato sul monte Mauna Kea, alle Hawaii, si sta però scontrando con le comunità locali che considerano sacra la montagna. Con 30 metri di diametro sarebbe comunque meno potente di Elt. «La sensibilità di uno strumento si misura con il quadrato del diametro. E quasi dieci metri di differenza sono un bel vantaggio», spiega Cirasuolo. Più indietro la Cina, che lavora a specchi attorno ai 20 metri. Esopianeti con possibili tracce di vita, galassie primordiali risalenti a poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang, stelle in formazione, asteroidi potenzialmente pericolosi, pianeti del sistema solare: non c’è oggetto o quasi sul quale Elt non punterà il suo occhio. «Osserveremo anche eventi violenti, come esplosioni di supernove, scontri e fusioni di stelle di neutroni – prosegue Cirasuolo –. Sono fenomeni in cui si crea una luce più brillante dell’intera galassia, più intensa di un miliardo di stelle. Siamo abituati ad avere del cielo un’idea romantica, ma i i cataclismi nell’universo sono all’ordine del giorno».
Per avere la vista più acuta di James Webb, Elt deve però risolvere due problemi. Il primo è la grandezza: impossibile costruire un singolo specchio da 39 metri. L’occhio di Elt sarà allora diviso in 798 segmentiesagonali da 1,5 metri. «Andranno assemblati con la precisione di pochi decimi di nanometri», spiega Cirasuolo. È diecimila volte meno del diametro di un capello. La seconda sfida è l’aberrazione dell’atmosfera. Dalle turbolenze dell’aria che ci fanno vedere le stelle come scintillanti, anziché puntiformi, James Webb è protetto perché viaggia nello spazio. Elt invece ha fatto sì che uno dei suoi cinque specchi producesse ondulazioni continue, circa mille volte al secondo, ampie pochi micron. «Saranno invisibili. Avvicinandosi si sentirà solo un lieve ronzio – spiega Muñoz –. Questo meccanismo compensa l’aberrazione dell’atmosfera e restituisce un’immagine nitida».
Elt sarà una «macchina da Formula uno, una rivoluzione nel nostro campo» anche per Eleonora Sani, astronoma dell’Eso, fra i responsabili scientifici del telescopio vicino, Vlt, che con i suoi quattro telescopi da 8 metri, si merita “solo” l’appellativo di Very Large Telescope. La montagna su cui sorge, Cerro Paranal, è a 26 chilometri da Cerro Armazones, ma l’aria tersa la fa sembrare a due passi. Qui, ai piedi di Vlt, ogni sera gli astronomi si radunano per osservare il tramonto verso il mare. I loro occhi e i loro discorsi però finiscono puntualmente a est, dove si vede lo scheletro di Elt crescere di settimana in settimana.
Gli astri d’altra parte sembrano favorevoli. Da Paranal è stato osservato per la prima volta l’enorme buco nero – grande come 4 milioni di Soli – al centro della nostra galassia. Dalla montagna di fronte, Elt si unirà alla ricerca. «Riusciremo a guardare ibuchi neri più in prossimità della loro sfera d’influenza, e in particolare in quella sezione, 100mila volte più piccola, in cui la materia attirata dalla forza di gravità si spaghettifica, cioè si allunga e si assottiglia», spiega Paolo Padovani, fra i responsabili scientifici di Elt.
Non è un caso se sulle cime del deserto di Atacama c’è la più alta concentrazione di telescopi al mondo. L’umidità è minima, la notte senza nuvole nove volte su dieci. E la città più vicina, il centro minerario di Antofagasta, si trova a a cento chilometri verso la costa: un bagliore appena visibile. Fra i pochi animali capaci di vivere qui ci sono proprio i rapaci dalla vista acuta. Elt si è arrampicato fin qui alla ricerca del buio. Quando il suo uovo si schiuderà, il grande occhio di aquila si nutrirà solo della luce dell’universo.