La Stampa, 19 novembre 2023
Filippo ha pestato di botte Giulia
L’avrebbe presa a calci, mentre lei si trovava a terra, e l’avrebbe caricata in macchina una prima volta. Poi, dopo che lei era riuscita a scappare dall’auto, l’avrebbe inseguita. Per colpirla ancora alle spalle, con violenza, a mani nude, fino a farla crollare sull’asfalto, esanime. Infine, avrebbe caricato il corpo nell’auto, prima di perdersi nel buio.
È la verità di quanto accaduto sabato sera, esattamente una settimana fa, cristallizzata da una delle telecamere a circuito chiuso dello stabilimento Manufactures Dior, a Fossò (Venezia), in via V Strada. Da ieri mattina, Filippo Turetta, 22 anni, è ufficialmente indagato per il tentato omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, sua coetanea. Nei confronti del ragazzo, il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi ha firmato un mandato di arresto europeo.
L’iscrizione della notizia di reato è stata necessaria anche per eseguire alcuni accertamenti irripetibili sul sangue, sui capelli e sul nastro adesivo, trovati sull’asfalto della zona industriale di Fossò. Proprio su quello spicchio di strada scrutato dagli occhi delle telecamere, dove si sarebbe consumata l’aggressione.
Il racconto di quella sera è lasciato al linguaggio, crudo, del resoconto di un’indagine. «Nel filmato si vedono i due ragazzi impegnati in una colluttazione durante la quale Giulia viene ferita e perde sangue» scrive Adnkronos, pubblicando il contenuto delle carte giudiziarie, visionate dall’agenzia: «Turetta poneva in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte, colpendola nuovamente al fine di evitare che la stessa fuggisse». E poi: «Dopo aver colpito Giulia con calci mentre si trovava a terra, tanto da farle gridare “mi fai male”, invocando aiuto, Filippo viene ripreso mentre si sposta insieme alla ex in un’altra area con la propria auto, dalla quale la 22enne fugge. Rincorsa, viene colpita alle spalle da Turetta, che l’aggredisce violentemente, provocandone la caduta, per impedire che si allontanasse».
Giulia è a terra, sul suo corpo ci sono delle ferite, che, spiegano gli inquirenti, «determinavano che rimanesse a terra, apparentemente esanime, mentre Turetta caricava il suo corpo nella propria auto, allontanandosi dal luogo dei fatti e rendendosi immediatamente irreperibile».
È un racconto agghiacciante, che già lunedì trovava riscontro nelle nove grandi macchie di sangue – in parte ancora visibili – presenti sulla strada, di fronte all’ingresso dello stabilimento Dior. «Quando sono arrivato, alle 7.15, i carabinieri erano già qui. E io ho capito subito che erano legate al caso dei ragazzi scomparsi» dice uno degli operai del tacchificio Coccato, la cui sede è giusto davanti a quella della casa di moda.
Ma è un racconto che trova un drammatico riscontro anche nelle parole di Elena, sorella di Giulia. «Aveva confidato alle amiche di avere avuto paura di Filippo in varie occasioni, ma a me non aveva mai detto nulla» ha raccontato a Rai 1.
Intanto ieri i carabinieri si sono presentati nella casa dei Turetta, a Torreglia (Padova), per una lunga perquisizione. Davanti agli occhi dei genitori e del fratello 17enne di Filippo, hanno cercato qualsiasi elemento in grado di aiutare le indagini. Con uno spettro, che è sempre più ingombrante: la premeditazione. Se ne sono andati dopo tre ore e mezza, avendo acquisito diverso materiale, soprattutto informatico.
Tutto questo, mentre si continua a cercare. Ieri le ricerche sono proseguite lungo la riviera del Brenta, si sono concentrate sul Piave, in zona Maserada (Treviso), poi è stato scandagliato il lago di Barcis (Pordenone), è stata passata al setaccio l’area del Vajont, sono state battute varie zone del Bellunese e dell’Alto Adige, in particolare la Val Pusteria. Tutti luoghi uniti dal filo del percorso seguito da Filippo, con la sua Fiat Grande Punto nera: una zona di dirupi e fossati, di orridi e canali, che comincia in campagna e termina in montagna. Un filo che inizia con un litigio nel parcheggio di Vigonovo, a un centinaio di metri dalla villetta dei Cecchettin, continua nella zona industriale di Fossò. E poi prosegue, in una fuga disperata: Zero Branco, Aviano, Barcis, Vajont, Ospitale. L’ultima segnalazione certa della macchina risale alle 9.37 di domenica, quando il sistema Targa system ha individuato l’auto all’altezza di San Candido, in provincia di Bolzano. Si pensa che Filippo si trovi ancora tra l’Alto Adige e il Bellunese. Con Giulia, ferita: è la speranza, nel settimo giorno di vuoto. —