La Stampa, 18 novembre 2023
C’è ancora ieri
Sono andato a vedere C’è ancora domani, il film di Paola Cortellesi. Ne sono uscito con qualche perplessità – forse lo straordinario successo aveva alzato le mie aspettative. Ma da allora non riesco a smettere di pensare al film. Ci penso ogni giorno. Può fare di meglio un film, un libro, uno spettacolo teatrale, che obbligarti a pensarci e a ripensarci? Sono fedele alla lezione di Amos Oz: quando si guarda un film o si legge un libro, si tende a chiedersi che cosa l’opera dica dell’autore, e non c’è errore più madornale. Che cosa dice di me? Eccola la domanda giusta. Se si guarda Schindler’s List, non ci si deve chiedere che cosa ci sia nella Shoah della vita di Steven Spielberg, il regista, ma che cosa c’è di noi. Anche se racconta un mondo lontano, anche se non eravamo nati. Che cosa avrei fatto io se fossi stato un soldato tedesco, un semplice cittadino polacco? Non c’è risposta certa. Oggi da qui (anzi oggi un po’ meno) è facile percepirsi buoni, dirsi scandalizzati, provare disgusto per la crudeltà e la viltà. Ma non assolversi per la semplice fortuna di un vivere un tempo in cui non si è messi alla prova, è l’unico modo per essere partecipi di una responsabilità che è per forza collettiva, che appartiene alla natura storta dell’essere umano. Vedere nel film di Paola Cortellesi il marito che zittisce e pesta la moglie, non mi ha fatto sentire migliore perché non alzo le mani, perché sono evoluto e spiccio casa eccetera – e me ne accontento, e trascuro quello che ancora non va –, mi ha fatto sentire male perché anche io, in altri tempi, in altre latitudini, avrei potuto fare lo stesso, e credermi nel giusto.