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 2023  novembre 19 Domenica calendario

Intervista a Alessandra Mastronardi

Ci sono personaggi di cui è difficile liberarsi. Per molti se non per tutti Alessandra Mastronardi continua a essere la Eva ragazzina de I Cearoni. Eppure sono passati più di 10 anni e la liceale di allora di film e serie tv ne ha fatti decine, e con tenacia ha perseguito una carriera internazionale (film con Allen, con Johnny Depp), per cui ha scelto di vivere a Londra per otto anni. «È una questione di prospettiva – spiega un po’ rassegnata -. Chi ti propone nuovi ruoli continua a guardare a quel passato e di te non riesce ad avere una visione diversa da allora».
Anche per questo, oggi, è così orgogliosa della serie One Trillion Dollars, produzione tedesca che Paramount+ lancia dal 23 novembre e di cui è la coprotagonista: è un ruolo diverso e adulto, importante per una svolta.
Di che si tratta?
«È un eco-thriller un po’ alla Dan Brown, con una forte attenzione ai temi ambientalisti: un ragazzo di Berlino, un rider, eredita una montagna di denaro: mille miliardi di dollari, che arrivano da un lascito d’epoca rinascimentale. A condizione però che li usi per salvare il mondo. Per me è stata l’occasione di mostrare un’Alessandra che il pubblico non conosce. Cast internazionale con Orso Maria Gerrini e Greta Scacchi in quota italiana. Abbiamo viaggiato tantissimo per girarlo: Germania, Canarie, tanta Toscana. A lungo siamo stati a Torino: sono le scene ambientate a Parigi. In una sequenza si riconosce perfettamente la Galleria Subalpina: trasformata in un ristorante di Firenze (ride)».
Quando toccherà a una donna?
«Mi hanno detto che nel Cinquecento non poteva essere diversamente. Il mio personaggio però è doppiamente importante: lei si sente la vera erede, e ha una visione su come usare quell’enorme patrimonio e lasciare davvero il segno. Farà da mentore al ragazzo. La povertà non la combatti distribuendo a pioggia miliardi: diventano pochi euro e nulla cambia. Devi partire dal mercato e dalla finanza, penetrarvi e poi scardinarlo da dentro. Da ambasciatore Unicef lo so, ho viaggiato e visto, mi sono informata, ho imparato qualcosa».
Cosa?
«Che devi alzare lo sguardo dal contingente per andare oltre, alla situazione generale. Anche se poi, all’Alessandra che viaggia (ultima meta Kabul) si allarga il cuore anche solo nell’abbracciare e far sorridere delle bimbe in una scuola. Ma non è la soluzione».
Non è triliardaria: ma, nel suo piccolo, che rapporto ha con i soldi?
«Con il mio primo guadagno importante, a 19 anni, ho comperato un’auto: una Toyota Aygo. È stato la mia oculata dichiarazione di indipendenza. Comunque, una cifra del genere ti annichilisce: che fai, soddisfi ogni capriccio, ti compri non una, ma dieci Ferrari? E poi?».
Mai fatto scelte professionali motivata dal guadagno?
«Ricordo il mio primo no importante: una pubblicità. Mi offrivano davvero tanto per pochi minuti (si trattava di un marchio di abbigliamento). Ma non mi corrispondeva. Non è che diventi più felice se il tuo conto in banca ha tanti zeri».
Nel cinema italiano è il momento delle attrici registe: cosa ne pensa?
«Era ora! È un piccolo tsunami. Basta solo che non si risolva in poco e niente. Come, per esempio, è accaduto con il #Metoo, che da noi in Italia si è ridotto a un venticello».
Le piacerebbe fare parte di questa ondata?
«Non mi ci vedo. Amo recitare. Mi piace scrivere, creare il progetto. Potrei produrre ma poi lascerei ad altri la direzione».
Ha vissuto a lungo a Londra: come mai?
«Ci sono arrivata dopo il film con Woody Allen: volevo imparare l’inglese, pensavo a una carriera internazionale e avevo un agente a Los Angeles e a Londra. Oltre a voler vincere il pregiudizio che riguarda gli attori italiani. Ma volevo anche ritrovarmi, essere me stessa, non fare solo quello che gli altri si aspettavano da me. Ma è un cerchio che ormai si è chiuso».
Come vedeva l’Italia da lontano?
«Con affetto. Orgogliosa di tutte le cose belle che abbiamo e stufa degli stereotipi che ci attribuiscono, mica siamo solo pasta e pizza… Ma è vero che se non ci crediamo noi, come farla amare agli altri?».
Anche la politica pare meno peggio?
«Dovrebbero essere il nostro specchio, i politici, ma gli italiani sono molto migliori. Loro invece pare non colgano la differenza tra una seduta parlamentare e un reality. Io, come attrice, so di parlare oltre una cerchia di amici e famigliari: mi sento dunque sempre responsabile di ciò che dico».
Lasciò «I Cesaroni» prima che la fiction chiudesse: nessun rimpianto?
«Fu una mia scelta. Sono parecchio riflessiva e quando decido non torno indietro, anche se fare quello strappo non fu facile. Ma non è stato l’unico nella mia carriera. Se sei in alto, cadi da un’altezza maggiore e ti fai più male. Di errori ne ho fatti. Ma mi sono sempre rialzata. Nessun rimpianto, quindi, tutto è servito da lezione. E oggi so di potermi complimentare con me stessa: a 37 anni mi sento consapevole: di me e di quello che voglio dalla vita e dal mio lavoro».