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 2023  novembre 19 Domenica calendario

Black Amazon


Un dipendente dello stabilimento Amazon di Torrazza Piemonte, provincia di Torino, ha accumulato 41 giorni di sospensione per avere – in più occasioni – guardato il telefono durante l’orario di lavoro. Non aveva comunicato, all’inizio del turno, che avrebbe potuto ricevere una chiamata d’emergenza, dunque non era autorizzato a usare il cellulare. Le emergenze si chiamano così perché accadono inaspettate, eppure ad Amazon vanno anticipate, altrimenti chi risponde a una telefonata si prende un provvedimento disciplinare. Che l’ispettorato del lavoro ha annullato.
Un’addetta di Novara, invece, ha ricevuto una contestazione per essersi rifiutata di mostrare agli addetti alla sorveglianza il contenuto del portafogli. Il metal detector sotto il quale tutti devono passare prima di godersi i 30 minuti di pausa aveva suonato. Ma il portafoglio appartiene a quei beni che solo le forze dell’ordine – e nemmeno sempre – possono esigere.
A un suo collega di Vercelli è bastato staccare la presa di corrente che alimenta le casse che sparano musica a tutto volume nei reparti – a quanto pare per imprimere maggiore ritmo all’attività – per finire nei guai. Aveva mal di testa, aveva più volte chiesto ai responsabili di abbassare il volume; quando non ha più retto ha fatto da sé, «senza autorizzazione» e «di fatto manomettendo un asset aziendale», scrive Amazon nella lettera con cui gli concede dieci giorni per difendersi.
Nella settimana del Black Friday – la promozione che garantisce centinaia di migliaia di prodotti a prezzi scontati – e all’inizio della lunga corsa verso Natale, il periodo in cui il gigante dell’e-commerce realizza una parte consistente dei profitti dell’anno, i lavoratori dei cinque poli piemontesi (4 mila assunti in totale) hanno deciso di ridurre il ritmo del tumultuoso ingranaggio che consegna milioni di prodotti nelle case. Al picco di lavoro da smaltire risponderanno attuando da domani «un moderato calo dell’attività e un eventuale rifiuto alla richiesta di mansioni non contemplate nel contratto», annuncia un documento della Uiltrasporti, il sindacato più rappresentativo in Piemonte negli stabilimenti Amazon. «Ogni pressione o atteggiamento “minaccioso” da parte del management dovrà essere segnalato ai rappresentanti».
È una protesta che nasce da lontano, arriva al culmine di mesi in cui nei capannoni Amazon in Piemonte è successo di tutto. «Non comprendiamo come un’azienda di tali dimensioni possa riservare ai dipendenti un trattamento lesivo della dignità e al limite della tutela della salute», spiega Massimo Carli, funzionario della Uil. «E siamo sconcertati dalle mancate risposte alle nostre richieste, a cominciare da quella di un incontro con i vertici dell’azienda».
In Piemonte la multinazionale ha cinque stabilimenti: tre (Torrazza, Vercelli, Novara) sono gestiti da Amazon logistic, lì vengono stoccati i prodotti e preparati i pacchi. Gli altri due, Brandizzo e Grugliasco, fanno capo ad Amazon Transport che gestisce il servizio di consegna: qui non ci sono problemi, i sindacati parlano di «rapporti di reciproca soddisfazione». Eppure anche a Brandizzo e Grugliasco da domani l’attività è destinata a rallentare «per senso di gruppo e solidarietà; la nostra azione va interpretata come un “basta” a ogni sopruso».
Le ragioni della protesta sono racchiuse nelle cause che con allarmante regolarità finiscono davanti agli ispettorati territoriali del lavoro cui si rivolgono gli addetti sanzionati. E quasi sempre si concludono con una conciliazione o una pronuncia a favore del dipendente. Ci sono i controlli all’ingresso dei servizi igienici: a chi arriva viene chiesto il motivo per cui sta andando in bagno. Ci sono le ispezioni: un’addetta ha dovuto aprire il borsello dove teneva gli assorbenti per mostrarne il contenuto. Verifiche per scongiurare furti e appropriazioni, spiega Amazon, esattamente come i metal detector da attraversare all’uscita per la pausa o la fine del turno. «Controlli ossessivi, al limite dell’umiliazione», ribattono i sindacati.
C’è un’opprimente attenzione agli orari: «Alle 14,55 lei era previsto in reparto per poter presenziare al briefing di metà turno ma si palesava solamente due minuti dopo la fine della pausa; tale ritardo non era stato approvato dal supervisore di turno», contesta Amazon a un addetto. «Al rientro dall’orario di fine pausa l’area manager la incontrava in un’ala dello stabilimento alle 3,28 nonostante l’orario di fine pausa fosse previsto alle 3,25», si legge in un altro verbale. E non è ammesso alcun calo del ritmo: «Durante il consueto giro di verifica del reparto l’operation manager la incontrava mentre, interrompendo l’attività lavorativa, era intento a conversare con una collega assegnata la postazione adiacente. Nello specifico veniva visto appoggiato con ambo le braccia alla postazione della collega e la testa appoggiata sulle mani».
Descrizioni minuziose che restituiscono il clima cui è sottoposto chi lavora in quegli stabilimenti. Un mese fa a Vercelli un’addetta si fa male a un braccio mentre armeggia con un pacco da 5 chili sul nastro trasportatore. Nella concitazione del momento non aziona la corda di sicurezza che ferma il rullo. Immediata l’azione disciplinare: «La sua condotta viola le vigenti regole di sicurezza con riferimento alle quali lei è stata debitamente informata e formata». Colpevole di essersi infortunata. Qualche mese fa, una sera, un lavoratore di Torrazza si sente male: ha forti dolori all’addome. Sono le otto. Va in infermeria, chiede di chiamare un’ambulanza. La responsabile glielo vieta. «Inutile», riferiscono i delegati sindacali che accorrono sul posto, subito allontanati dato che «il lavoratore non è iscritto». Solo dopo la mezzanotte, e dopo aver chiamato il 118 di sua iniziativa, viene portato in pronto soccorso.
«Siamo orgogliosi delle condizioni che offriamo ai nostri dipendenti, stipendi e benefit competitivi; il loro benessere è la nostra priorità», è la replica di Amazon. «L’azienda intrattiene relazioni costruttive con tutte le sigle sindacali. L’ultimo incontro risale al 31 ottobre e sono stati affrontati collaborativamente diversi temi, pianificando contestualmente altri incontri».
«L’obiettivo che stiamo perseguendo, sotto l’egida del segretario generale Uil Trasporti Claudio Tarlazzi e del segretario nazionale logistica Marco Odone, è la tutela della salute e della dignità dei lavoratori», racconta Carli, che coordina tutte le rsa di Amazon in Piemonte. «La nostra campagna contro le morti sul lavoro riguarda anche le sofferenze “morali” e “psicologiche” che si verificano ogni giorno a causa delle pressioni subite». Pressioni che sconfinano anche nell’intromissione nella sfera privata. Un dipendente dello stabilimento di Novara qualche settimana fa è stato licenziato per aver minacciato un superiore. «Appena ti becco ti ammazzo», gli ha scritto. Fatto grave, ma avvenuto sulla chat del calcetto di un gruppo di lavoratori e fuori dall’orario di servizio. Eppure è bastato per cacciarlo. Il sindacato ha impugnato il licenziamento riservandosi di fare denuncia penale. È l’ennesima conferma di un fatto: l’efficienza pressoché assoluta di Amazon è ottenuta a condizioni che hanno un impatto pesantissimo sugli addetti, dentro e fuori gli stabilimenti, prima, durante e dopo l’orario di lavoro. E proprio quell’efficienza hanno deciso di minare i lavoratori del Piemonte, nella settimana più calda dell’anno. «Il picco (dei pacchi, delle consegne, degli affari, ndr) ve lo fate voi».