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 2023  novembre 19 Domenica calendario

In morte di Giulia



Laura Berlinghieri per la Stampa

La fuga di Filippo

Filippo dov’è? Dopo la speranza di trovare Giulia ancora viva, adesso c’è solo questa domanda: Filippo Turetta dov’è? Poi arriveranno le altre: perché ha ammazzato la ragazza che diceva di amare? Aveva organizzato il delitto? Ma, ancora, prima: è ancora vivo o è morto anche lui?
Ha picchiato Giulia, poi l’ha accoltellata. L’ha uccisa. Il racconto degli inquirenti mette i brividi. È successo tutto a pochi chilometri da casa di lei, in una strada della zona industriale di Fossò (Venezia). Lì si è consumata la violenza, ripresa dalle telecamere di videosorveglianza dell’azienda Manufactures Dior. Lì Filippo avrebbe ammazzato Giulia. Prima l’ha presa a calci, poi l’ha costretta in auto. Dopo che lei era riuscita a scappare, l’ha raggiunta di nuovo, colpendola alle spalle. L’ha accoltellata. E lei è crollata sull’asfalto, esanime. Infine, l’ha caricata in auto. In quel momento era ancora viva o era già morta? Altri interrogativi.
Filippo è fuggito con Giulia nella macchina. Erano le 23.30 di sabato 11 novembre. Il primo rilevamento dell’auto, una Fiat Grande Punto nera, risale alle 00. 43 di domenica, nel Comune di Zero Branco (Treviso). L’ingresso in Friuli è avvenuto poco dopo, alle 2, nell’area del Comune di Caneva. Le altre segnalazioni: Aviano e poi la stazione turistica di Piancavallo. Sono le 2.30. La telecamera stradale era rimasta inutilizzata per quattro giorni, per manutenzione. Il software, però, aveva continuato a registrare le immagini. Quando ha restituito le cifre e le lettere della targa dell’auto di Filippo, agli inquirenti si è presentata una nuova traccia. Perché, a Piancavallo, Filippo non ha proseguito per la Pedemontana. Ma ha deviato lungo una vecchia strada secondaria: voleva raggiungere il lago. Non poteva farlo, perché quel percorso, in questo periodo dell’anno, è chiuso: è ghiacciato, è pericoloso. E invece Filippo ha imboccato la strada che porta al lago di Barcis. Quello che è successo lì, purtroppo, ora lo sanno tutti. Poi il 22enne ha proseguito: alle 7.37 era a Val di Zoldo, nel Bellunese; alle 9.07 a Ospitale, sopra Cortina; e, alle 9.37, a San Candido, in Alto Adige. Poi è riuscito a superare il confine con l’Austria. L’ultima segnalazione sicura risale a domenica scorsa, quando l’auto di Filippo Turetta si trovava nella zona di Lienz, verso la Carinzia. Mercoledì ne è arrivata una seconda, sempre da Lienz, che però non è stata confermata. Intanto nei confronti del ragazzo il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi ha firmato un mandato di cattura internazionale. Ma, soprattutto, ha modificato il capo d’accusa: non più tentato omicidio, ma omicidio. Se preterintenzionale, colposo o doloso si saprà soltanto dopo l’autopsia. «L’impostazione dell’indagine è cambiata con il ritrovamento del corpo. Adesso faremo tutti gli accertamenti del caso, a partire dal controllo del Dna per vedere la compatibilità, e sarà disposta un’autopsia per accertare esattamente le cause della morte» ha precisato Cherchi. È stata affidata al medico legale Antonello Cirnelli, che ha iniziato a lavorare già ieri. La ragazza aveva ferite al collo, alla testa, alle mani. Le botte, i calci, i tagli di una lama.
Ma adesso la priorità è trovare Filippo. «I suoi genitori sono distrutti, sconvolti. Non riescono a dire nulla. Hanno incaricato me di portare la loro vicinanza alla famiglia di Giulia e di rivolgere l’ennesimo appello al figlio, perché torni a casa» ha detto ieri Emanuele Compagno, avvocato d’ufficio di Turetta. Si pensa che il ragazzo possa essere ancora in Austria. Ieri, alla scoperta del corpo di Giulia, si era diffusa la notizia che fosse stata ritrovata anche l’auto, ma è stata smentita. Anche il procuratore Cherchi ha lanciato un appello al ragazzo, perché si costituisca e fornisca la sua versione di quello che ha fatto. Ma, da lunedì, Filippo è un fantasma.
È appassionato di montagna, la conosce bene. Potrebbe essersi nascosto ovunque. «Magari in un campeggio o in una casa» ipotizzava, due giorni fa, Andrea Camerotto, lo zio di lei. Intanto il ritratto del 22enne inizia ad assumere tinte sempre più fosche. Il "ragazzo d’oro", come lo chiamava fino a due giorni fa il papà Nicola, ha rivelato il suo animo possessivo. «Alcune volte ho avuto paura di lui» la confessione che Giulia aveva fatto ad alcune amiche. Gli episodi sono tanti. Filippo controllava il telefono di Giulia. Si era invitato al compleanno di Elena, nonostante lei avesse deciso di trascorrere la giornata solo con i due fratelli. Si era arrabbiato con Elena, quando lei, spazientita, in una gita a Milano con la sorella, le aveva detto di smettere di rispondere al fiume di messaggi che lui continuava a inviarle. Sabato scorso l’ha accoltellata: aveva premeditato il delitto?
Tessere di un mosaico che purtroppo ieri ha rivelato la forma che nascondeva: quella dell’orco. Ora manca un’unica tessera: dov’è Filippo? —




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Niccolò Zancan per la Stampa
inviato a barcis (pordenone)
Dentro a un dirupo c’è la ragazza che tutti sognavano viva. È la centotreesima donna ammazzata da un uomo nel 2023. Il suo corpo è fra le foglie secche, sul greto di un torrente gelido che si chiama Caltea. Giulia Cecchettin è morta la sera stessa in cui ha provato a scappare dall’ex fidanzato. La sera in cui gridava aiuto, quando lo studente di Ingegneria Filippo Turetta ha gettato la maschera, ed è passato dalle ripetute violenze psicologiche a quelle fisiche: era uscito di casa con un coltello.
Questa strada nel bosco è chiusa dal 15 novembre al 15 aprile. Collega il lago di Barcis al comune di Piancavallo, Friuli. Si chiama strada del Pian delle More. Sale in mezzo alle montagne, dentro una gola stretta. Qui fa troppo freddo per restare. L’asfalto ghiaccia, troppa ombra. Salire è pericoloso. Una delle ultime auto a imboccarla è stata proprio la Fiat Grande Punto nera che tutti stavano cercando. E se le ricerche, fin dall’inizio, si sono concentrate in questo zona, un motivo c’è: quell’auto è stata ripresa da un telecamera del comune di Zero Branco, in provincia di Belluno, a mezzanotte e 43 minuti. Ricompare più a nord, in Val di Zoldo, alle 7.37 di domenica mattina. Un tempo troppo lungo per quel tragitto. Cosa era successo nel frattempo?
Eppure cercare un corpo in tutta la vallata sarebbe stata un’impresa ardua, se non proprio impossibile. Giovedì l’indagine ha preso una svolta. È successo quando il sistema elettronico che rileva le targhe del comune di Aviano ha ricominciato a funzionare. «Era in riparazione, dunque non arrivano i dati», spiega un tecnico. «Ma non ha mai smesso di registrare i movimenti. Giovedì mattina, quando lo abbiamo riacceso, è comparsa la targa che gli investigatori stavano cercando: FA015YE». Quell’auto sabato notte è salita su per la strada dove non passa mai nessuno, la strada che stava per essere chiusa per l’inverno.
Sono tornanti nel bosco, carpini, querce e abeti. Curve e silenzio. Lì in cima, Filippo Turetta ha accostato, si è caricato sulle spalle il corpo di Giulia Cecchettin e lo ha gettato nel dirupo. Poi è ripartito in direzione Nord, verso Cortina e il confine con l’Austria. Secondo gli investigatori potrebbe essere ancora in fuga.
Un volontario della protezione civile di Pordenone, Antonio Scarongella, ieri mattina stava marciando lungo quella strada con un cane addestrato per il ritrovamento delle persone. Tutte le ricerche erano ormai concentrate nel raggio di dieci chilometri. Il cane ha incominciato a tirare, abbaiava verso il dirupo. Quando Antonio Scarongella, scendendo con cautela ha visto, si è immobilizzato: «Ero impietrito da quella scena. Ho pensato che nessuno doveva avvicinarsi. Ha chiamato subito i carabinieri».
Erano le dieci di mattina quando sono arrivati tutti. Tutti, in quel punto preciso: Giulia Ceccchettin indossava gli stessi vestiti con cui era uscita di casa sabato sera. Era la fine delle speranze. Anche se di speranze, a quel punto, ne erano rimaste pochissime. Sabato sera è andato in scena l’ennesimo ricatto di Filippo Turetta. Lo studente di Ingegneria, «il bravo ragazzo», era violento sempre. Aveva manie di controllo. Voleva sapere a che ora Giulia Cecchettin smetteva di collegarsi al telefono. La controllava nei movimenti. La controllava con le amiche. Controllava anche le spunte su Whatsapp. Non sopportava l’idea che si laureasse prima di lui. E poi, la minacciava: «Se non ci vediamo, mi ammazzo. Senza di te la mia vita non ha senso». Schiacciata dal peso di questo ricatto, Giulia ha accettato di vederlo ancora una volta. Anche se l’aveva già lasciato. Non voleva più stare con lui.
Cena al McDonald’s di Padova. Alle 23 sono sotto casa della famiglia Cecchettin, in un parcheggio vicino. Lui urla. Lei chiede aiuto. Un passante la sente gridare: «Lasciami, mi fai male!». I carabinieri arrivano troppo tardi. A tre chilometri di distanza, nella zona industriale di Fossò, la telecamere di sicurezza dello stabilimento Dior riprendono la scena di un’altra aggressione. Si vede Giulia Cecchettin che apre la portiera e scappa, si vede Filippo Turetta che la insegue, la colpisce ripetutamente alle spalle fino a farla crollare. Sette macchie di sangue sull’asfalto. Un corpo esanime trascinato e caricato su quella Grande Punto nera. Ecco perché le speranze erano poche.
Da quel momento Filippo Turetta vaga in auto. Forse con il cadavere di Giulia Cecchettin. O forse con lei ancora viva, agonizzante. Ecco la sua strada verso nord. Sta puntando delle montagne che conosce bene, quelle della zona di Cortina, dove va a camminare solo con la bussola per dimostrare a se stesso di avere il senso dell’orientamento. Guida. Non paga il casello con la carta Poste Pay ricaricata da suo padre. Ha dei contanti in tasca. In quel momento non è ancora ricercato. Ma è già diventato un assassino. Dopo il comune di Aviano, decide di imboccare la strada buia dove non passa mai nessuno.
Adesso un elicottero sorvola la vallata. Sale il medico legale, insieme con il comandante dei carabinieri. «Svariate coltellate alla testa e al collo», dice. I vigili del fuoco portano in cima il gruppo elettrogeno per illuminare la scena nonostante la notte. Le telecamere delle televisioni sono sul ciglio della strada per la prossima diretta.
Secondo l’ultimo report del Viminale, dal 1 gennaio al 12 novembre 2023 sono 102 le donne uccise in Italia, 82 di queste in un ambito definito «familiare/affettivo». La donna ammazzata numero 103 è questa ragazza di 22 anni, che si doveva laureare tre giorni fa in Ingegneria Biomedica e sognava di diventare disegnatrice di fumetti per bambini.
Quel povero cristo di suo padre, Gino Cecchettin, ieri mattina alle 11 ha ricevuto la visita dei carabinieri. È bastato guardarsi negli occhi per capire. Tutti lo hanno visto uscire di casa per andare in caserma. È in quel momento che gli hanno mostrato alcune fotografie scattate nel dirupo. È lei, non ci sono dubbi. Giulia Cecchettin, l’ennesima vittima di un uomo violento in Italia.