Domenicale, 19 novembre 2023
Le donne guadagnano di meno perché sono meno disponibili a vendere il loro tempo
donne che guadagnano ancora troppo pocoProgressi. Nel suo libro, che arriverà nel 2024 in italiano, la Premio Nobel per l’Economia Claudia Goldin rovescia le idee su lavoro femminile, organizzazione e tempo. Una spinta, culturale e sociale, al cambioAndrea GoldsteinPhoto Vogue Festival. «Spanish Women: A Contemporary Portrait of Strength and Beauty», si conclude oggi al BASE Milano l’ottava edizione del festival di fotografia di moda consapevole incentrato sugli elementi in comune tra etica ed estetica ©Olga de la Iglesia, “Galloping Woman”, Barcelona, Spain, 2023
Il Premio Riksbank (da tutti chiamato Premio Nobel per l’Economia) assegnato a Claudia Goldin «per avere fatto progredire la nostra comprensione degli esiti delle donne sul mercato del lavoro» dimostra che l’economia politica non è «the dismal science». Al contrario, le scienze economiche aiutano la società a progredire, sia col rigore delle analisi di fenomeni sociali fondamentali, sia con la concretezza di raccomandazioni che riguardano tutti.
È dello status delle donne sul mondo del lavoro americano nell’ultimo secolo che l’economista di Harvard si occupa nel suo recente libro, che Mondadori pubblicherà nel 2024. Le donne non devono più scegliere tra lavoro e maternità, frequentano l’università e si laureano più degli uomini, e possono cogliere opportunità di carriera, e non solo di impiego, in pressoché tutti gli ambiti lavorativi. Eppure, a parità di qualifiche e mansioni, le donne guadagnano di meno – e non di poco, il gap è del 20%, che diventa 26% per le laureate e ancor di più per le donne di colore – senza che negli ultimi 25 anni si siano registrati miglioramenti sensibili. Goldin considera e rigetta le spiegazioni più comuni – la discriminazione di genere, la scarsa capacità negoziale, la preferenza per “lavoretti” che pagano di meno – e ne propone una alternativa. È la maniera in cui il lavoro viene organizzato, il problema. I lavori meglio remunerati sono quelli “ingordi” (greedy), che richiedono tempo ai lavoratori e più questi ne mettono a disposizione, più ne viene richiesto. È ciò che succede negli studi legali o in finanza, dove rispettare una scadenza è imprescindibile, le ore di lavoro sono tante ma soprattutto imprevedibili e pertanto è importante essere sempre disponibili.
Ma il tempo non è infinito, e poi non tutti sono disposti come Beyoncé ad aspettare the end of time per l’amore: fuor di metafora, è alla nascita di un bimbo che i nodi vengono al pettine. Le madri sono portate a scegliere datori di lavoro e percorsi di carriera flessibili, con orari regolari e senza straordinari; i padri sono a quel punto liberi di cercare posizioni meglio remunerate, una scelta razionale che accentua, però, il gap. Un quinto dei padri lavora 50 ore a settimana e 6% delle donne, facendo ovviamente astrazione delle corvées domestiche (Cha e Weeden, ASR 2014). E l’overwork paga: se 40 anni fa era associato a salari orari inferiori del 15% rispetto al tipico lavoro 9-to-5, ormai la penalità è diventata un premio, 8% in più.
Secondo Goldin, «l’uguaglianza all’interno della coppia è stata, e continuerà ad essere, sacrificata rispetto all’aumento del reddito familiare». Per questo motivo è errato affermare che le donne che fanno un passo indietro hanno mariti ricchi: il nesso è opposto, gli uomini guadagnano più che bene perché hanno mogli che sacrificano la propria carriera. Un fenomeno che riguarda le coppie più istruite e benestanti, che spesso si formano sui banchi delle scuole di business o di legge, tra individui ugualmente preparati per avere successo professionale e propensi all’assortative mating.
Le soluzioni per evitare che la greed, che è aumentata negli ultimi decenni, vanifichi le conquiste del femminismo possono essere tecnologiche, organizzative o politiche. Ci sono settori come le farmacie in cui la sostituibilità tra professionisti consente di fornire un servizio 7/24 senza obbligare a turni massacranti: l’importante è che ci sia un/a farmacista, sempre più spesso salariato e computerizzato, non che sia il proprietario e che la ricetta sia sempre evasa dallo stesso. Difficile che questa soluzione valga per la multinazionale che pretende di essere assistita sempre dal “suo” avvocato. Le imprese, dal canto loro, hanno un incentivo a rendere il lavoro meno cronofago, perché assumere e promuovere madri significa accedere a un pool più grande di talenti, la risorsa scarsa per eccellenza. Il part-time e il tele-lavoro sono strade da percorrere, insieme a maggiori risorse pubbliche dedicate alla cura dei bambini – e su questo altrove Goldin ha consigliato di aumentare i trasferimenti monetari ai genitori, liberi di spenderli come vogliono, piuttosto che intervenire fornendo servizi che orientino direttamente le scelte della famiglia.
Gli economisti amano vedere nelle scelte individuali delle “preferenze rivelate”, e quindi la superiorità degli esiti di mercato, ma entrano prepotentemente in gioco anche altri elementi. Goldin stima che, anche se la distribuzione dei lavori femminili fosse la stessa che per quelli maschili, il differenziale diminuirebbe solo di un terzo. Rendere più agevole per le donne lavorare 10 ore al giorno, comunque, non è la soluzione. Sono le norme sociali che assegnano alle donne, tuttora e ovunque, la responsabilità primaria per l’accudimento dei figli il principale ostacolo alla parità.
In un mestiere che non brilla per la gender equality, Goldin è stata la prima donna con tenure nel dipartimento di economia di Harvard (nel 1989…) e la prima a non dover condividere l’onore del Nobel con un maschietto. Le donne rappresentano appena un quarto degli organici nelle facoltà americane e ci sono eminenti studiosi di cui curiosamente si dimenticano le collaborazioni con colleghe. Milton Friedman scrisse A Monetary History of the United States, 1867-1960 con Anna Schwartz, ma la giuria svedese fece finta che non esistesse. Così come il social-democratico Gunnar Myrdal non citò la moglie, con cui aveva collaborato nell’analizzare the negro question negli Usa – Alva però si prese la “rivincita” otto anni dopo, vincendo il Nobel per la Pace.