La Lettura, 19 novembre 2023
L’opera omnia di Kafka
Sottrarre Franz Kafka al suo mito, liberarlo dalle zavorre di quella che Milan Kundera definiva la kafkologia per leggerlo nella sua compattezza, come uno scrittore che dialoga con la cultura e con il mondo che ha intorno. L’operazione dei Meridiani diretti da Alessandro Piperno su un autore che in vita ha pubblicato così poco e da morto ha prodotto così tanto, può essere sintetizzata in pochi numeri: 5 volumi in 10 anni, a coprire un lasso di tempo compreso tra il centenario della morte, nel 2024, e il centocinquantenario della nascita, nel 2033. Più un volume singolo, in uscita il 28 novembre, una sorta di anticipazione (poi confluirà nei Racconti), che dà il senso e gli strumenti di tutta l’operazione: l’edizione commentata di Un medico di campagna, una delle tre opere edite mentre Kafka era ancora in vita, nel 1919. Una grande squadra di studiosi e traduttori, diretta dal germanista Luca Crescenzi, per quello che Piperno definisce «un grande investimento emotivo, economico, editoriale».
L’opera andrà a sostituire l’edizione già esistente, in cinque volumi, dei Meridiani, iniziata nel 1969, agli albori della collana mondadoriana, a cura di Ervino Pocar. Un’operazione necessaria, spiega Piperno, «intanto perché c’è una cesura tra i Meridiani d’antan, degli inizi, che avevano una struttura succinta, dove il materiale paratestuale era di servizio, e quelli poi usciti con la direzione di Renata Colorni in cui la cronologia, l’introduzione, l’informazione sui testi, le note ricoprono una funzione molto più importante. Tornare su volumi che esistono già con questo nuovo modo di lavorare, è importante».
Lo è per un autore centrale come Kafka, anche perché negli ultimi anni in Germania sono usciti molti testi: «Con Luca Crescenzi ci siamo trovati sull’idea di provare a togliere a Kafka quell’aura di mistico, di grande profeta – continua Piperno – per restituirgli la sua essenza di uno dei massimi, se non il massimo, scrittore del Novecento, per affrontarlo non più con i toni oracolari che hanno caratterizzato anche critici e collane importanti, ma con un atteggiamento razionale e laico. Per esempio ricordando il fatto che oltre ad essere un grande scrittore modernista è anche un grande scrittore comico». Si tratta pure di togliergli quella patina di uomo illibato, di santo, che un po’ gli è stata cucita addosso soprattutto da Max Brod, «per ricordare che Kafka era un uomo incline anche ai piaceri, soprattutto dell’arte della scrittura. Dai suoi diari per esempio si evince la devozione a Gustave Flaubert, e quindi al mito dello scrittore a tempo pieno e a tutto tondo».
Le opere avranno nuove traduzioni, «aspetto fondamentale – dice Piperno – a cui si affianca tutta la parte paratestuale, a cominciare dalla cronologia. Negli ultimi anni sono uscite biografie fondamentali di Kafka, quindi si può fare un lavoro molto più completo, più ricco. Il mio sogno è che, un po’ come è successo con la Recherche, questa diventi l’edizione di riferimento. I Meridiani, per avere un senso, devono candidarsi a questa funzione. Crescenzi, che ha un atteggiamento marziale nel suo lavoro, mi ha promesso che se tutto va bene l’operazione dovrebbe avere una cadenza precisa: ogni due anni e mezzo circa, un volume». I romanzi saranno l’esito finale di questo lungo itinerario: «Mi piaceva il fatto di costruire, è una mia ossessione, quest’opera come la storia di una vocazione. Per questo è interessante partire dall’inizio, la sequenza dovrebbe essere: Diari, Racconti, Lettere, Romanzi». Normalmente, quando ci si accosta a lavori di questo tipo, si inizia dalle opere maggiori per arrivare alle minori: «Con questa scelta – replica Piperno – noi abbiamo deciso due cose. Non esistono opere minori in Kafka. E vogliamo consentire al lettore di arrivare ai romanzi con una grande consapevolezza».
Compattezza dell’opera, filologia rigorosa, commento, interpretazioni sono le parole chiave dei nuovi Meridiani: «Negli ultimi anni s’è fatta strada nell’editoria l’illusione di poter offrire al lettore un Kafka tutto nuovo perché basato su scelte filologiche più accurate, su traduzioni più precise o su presunti materiali “inediti”. In realtà nessun nuovo Kafka può prender forma in questo modo», spiega Luca Crescenzi. «I manoscritti di Kafka sono alla Bodleian di Oxford, all’Archivio di Marbach in Germania, alla biblioteca nazionale di Gerusalemme. Intanto ci siamo presi la briga di riscontrare tutti i testi, ci siamo dati criteri di traduzione estremamente letterali, fedeli, cercando di essere tuttavia leggibili, gradevoli». Su questo punto ci sono state diverse novità negli ultimi anni: «È stata studiata la lingua di Kafka con tutti gli influssi praghesi e quindi certi termini che sembrano ovvi, invece, hanno usi diversi. Vorremmo portare alla luce cose finora non note, a partire dai diari. Come sono fatti i diari di Kafka? Sono in un certo senso quaderni di brutta in cui lo scrittore annota aspetti della sua vita trasformandola già in racconto: prova racconti, inizi, soluzioni. È una lettura molto affascinante, finora praticamente ignota». Quest’anno, in previsione del centenario della morte, c’è stata una grande produzione di nuove traduzioni. «Il tratto distintivo di quest’opera – aggiunge Crescenzi – è di voler procedere in modo genetico. Diari e Racconti appariranno uno dopo l’altro in un ordine che dipenderà molto da quello che si riuscirà a fare perché i Diari sono apparsi soltanto per metà e adesso bisogna riscontrarli tutti sui manoscritti, mentre per i Racconti il lavoro è relativamente più facile, ma vanno ordinati in un modo diverso rispetto a come è stato fatto in passato. I testi sono stati studiati in maniera filologicamente perfetta anche perché nell’edizione critica più elaborata sono stati riprodotti in fotografia».
Se la filologia non può illuminare l’opera di Kafka più di quanto l’abbia già illuminata, un grande lavoro può essere fatto sul commento. «Finora tutta la ricerca si è negata la possibilità di commentare contenutisticamente i testi – dice Crescenzi – ritenendo che ci fossero troppe interpretazioni. Il famoso saggio di Susan Sontag negava addirittura in linea di principio che Kafka sia interpretabile. Però è una scelta al ribasso, perché questa ricerca ha prodotto spesso capolavori. Cito in Italia il saggio di Giuliano Baioni, solo per fare un esempio. Noi, oltre a dare indicazioni sul modo in cui Kafka procede nella sua scrittura, riprenderemo questa letteratura su Kafka, almeno alcuni saggi particolarmente significativi, per spiegare che cosa di importante contengono».
Il modo di procedere di Crescenzi e della sua squadra di studiosi è evidente già nella raccolta Un medico di campagna, dove si notano i tre criteri di analisi adottati: «Dare le notizie filologiche essenziali; fornire indicazioni sulla ricerca; ricostruire il filo dei motivi narrativi che, passando di opera in opera, mutano, generano grandi temi o invenzioni e diventano la chiave d’accesso all’opera di Kafka, cosa che aveva già notato Walter Benjamin nel suo saggio del 1934», avverte Crescenzi. Su quest’ultimo punto lo studioso fa un piccolo esempio molto chiaro: «In un racconto del 1906, Preparativi di nozze in campagna, il protagonista non vuole andare a questo matrimonio e, passando davanti alla sua camera da letto, pensa a come sarebbe bello restarsene sotto le coperte come un insetto. Passano sei anni e diventa il tema della Metamorfosi. Questo fa capire come Kafka coltivi i suoi motivi per anni e lentamente questi, per variazioni successive, producono invenzioni».
Che cosa ci dirà di nuovo questa grande opera sulla figura di Kafka scrittore? «Kafka è stato sottoposto a tante interpretazione: teologiche, religiose, allegoriche, esistenziali, psicologiche. Al fondo è sempre rimasta la convinzione che sia così oscuro, così ermetico da non essere analizzabile. Anche interpretazioni raffinatissime si sono spesso arrese di fronte a certe oscurità e il tipico salvataggio era: qui Kafka ironizza, oppure fa dell’assurdo. D’altronde, quando noi diciamo che una certa situazione è kafkiana vogliamo dire che è connotata da un’energia così negativa o paradossale che non ci aspetteremmo dalla realtà. Tutti escamotage per non dire che Kafka deve essere preso alla lettera. Tutte le interpretazioni metaforiche, allegoriche, per quanto suggestive, si scontrano con l’evidenza che Kafka intende sé stesso come un autore che rappresenta una realtà complessa, anche spaventosa. Questa apparente confusione ha a che fare con la possibilità, che solo nella letteratura è data, di gettare sulla realtà una maschera più significativa, che non si limita a rappresentarla, ma le dà una forma diversa. Che dice qualcosa di più profondo che altrimenti non vedremmo».