Corriere della Sera, 19 novembre 2023
Le pensioni dei medici
ROMA Forse la penalizzazione sul calcolo della pensione dei medici e degli altri dipendenti pubblici (enti locali, insegnanti d’asilo ed elementari parificate, personale degli uffici giudiziari) colpiti dal taglio delle aliquote di rendimento verrà limitata alle sole pensioni anticipate, salvando quelle di vecchiaia. Il governo sta infatti studiando una correzione all’articolo 33 del disegno di legge di Bilancio, per placare la protesta dei medici che hanno proclamato lo sciopero per il 5 dicembre.
Se la norma non dovesse essere modificata, la relazione tecnica alla manovra stima che le pensioni colpite nel 2024 sarebbero 31.500, con un risparmio per le casse dello Stato di 11,5 milioni, al netto delle entrate fiscali sugli stessi assegni. In media, il taglio sarebbe di 365 euro annui a pensione. Nel 2025 le pensioni colpite salirebbero a 81.500 e il taglio medio a 530 euro. Nel 2026 gli interessati sarebbero 147.300 con una perdita media di 658 euro. E così via. Ma le medie nascondono forti differenze, determinate dall’anzianità di servizio e dal reddito. La Cgil ha calcolato che per un lavoratore che ha cominciato nel 1992 la perdita sarebbe di 500 euro l’anno su un reddito di 30 mila euro e di 850 euro su uno di 50 mila. I medici saranno i più penalizzati in termini assoluti. Nel 2025, stima l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), ne andrebbero in pensione 7.300 con una perdita annua media di 2.767 euro lordi, contro i 619 euro che ci rimetterebbero i 72.900 neopensionati degli enti locali. Dal 2024 al 2043 (ultimo anno considerato dalla relazione tecnica) la platea colpita salirebbe costantemente fino a superare 509 mila pensioni nel 2033, per stabilizzarsi su oltre 700 mila dal 2039 in poi, con un risparmio anche questo crescente che, in termini cumulati fino al 2043, sarebbe di 32,9 miliardi lordi, che scendono a 21,4 al netto delle ritenute fiscali. Si tratta, osserva l’Upb, della misura «con l’impatto strutturale maggiore tra quelle riguardanti il sistema pensionistico».
Comprensibile, quindi, che il Tesoro non sia contento di doverci rimettere le mani. Tanto più che l’articolo 33 interviene su un super rendimento assegnato alle quattro casse previdenziali in questione nel lontano 1965 e mai corretto: mentre il rendimento normale per tutti i lavoratori era del 2% per ogni anno di lavoro, così da ottenere (nel sistema retributivo) un assegno pari all’80% dello stipendio dopo 40 anni di lavoro, in queste 4 casse il rendimento era del 23,8% nel primo anno di lavoro e poi a scalare nei successivi. Alla fine, con 40 anni di servizio, l’assegno oscillava, secondo le casse, tra l’80 e il 100% dello stipendio, ma il super rendimento dei primi anni di lavoro mirava ad assicurare, spiega l’esperto di pensioni Giuliano Cazzola, l’assegno di reversibilità ai superstiti in caso di morte prematura del lavoratore. Questa correzione dei rendimenti si sarebbe dovuta fare molti anni fa, durante il processo di armonizzazione dei regimi previdenziali, mentre suona inopportuna ora che è interesse di tutti trattenere il più possibile i medici al lavoro.
Lo studio Cgil
Con il taglio delle indicizzazioni previsti ulteriori risparmi: 36,8 miliardi fino al 2032
Sempre l’Upb ridimensiona però l’allarme delle associazioni di categoria, osservando che, nel rivedere la tabella del 1965, il governo «ridimensiona» la «discrepanza di trattamento» a favore dei lavoratori delle 4 casse, ma «senza eliminarla del tutto». Inoltre, l’esecutivo è stato attento a minimizzare il taglio su chi sta per andare in pensione. «Chi ha almeno 15 anni di anzianità all’interno delle regole retributive (cioè ha cominciato prima del 1980 e sta per andare in pensione, ndr) non viene, di fatto, toccato», dice l’Upb, mentre la misura si farà sentire via via di più sui giovani. Conclusione dell’autorità indipendente sui conti pubblici guidata da Lilia Cavallari: «Appare remota l’ipotesi di un anticipo massivo delle scelte di pensionamento per evitare la misura».
Se dalla revisione del super rendimento arriveranno a regime risparmi netti per 21 miliardi e mezzo, molto di più frutterà il taglio dell’indicizzazione delle pensioni superiori a quattro volte il minimo (2.271 euro lordi), deciso un anno fa dal governo e confermato per il 2024 (con un ulteriore taglio per gli assegni superiori a 10 volte il minimo). Uno studio della Cgil sottolinea che lo Stato stima risparmi netti per 36,8 miliardi fino al 2032. Chi prende una pensione di 1.786 euro netti al mese perderà 6.673 euro se uomo e 7.804 se donna, considerando l’attesa media di vita. La perdita sale rispettivamente a 31 mila e 36mila euro per chi ha una pensione netta di 2.735 euro al mese.