Tuttolibri, 18 novembre 2023
Dustan il frocio
Come raccontare un libro se non dimenticandosi del libro stesso? Se la letteratura non può certo ridursi a una trama, allora sarebbe più opportuno parlare di Guillaume che, arrivato come una cometa nel panorama letterario francese degli anni 90’, si è poi guadagnato il titolo di star. In un’intervista televisiva del 1999, Guillaume Dustan nel parlare del movimento queer di quegli anni, dice che essere queer è un modo per amare tutti. «Prima se quando mi dicevo gay ero costretto a definirmi per opposizione a qualcuno, oggi se mi dico queer, e queer nella sua accezione letterale vuol dire bizzarro, tutti ci amiamo perché bizzarri lo siamo un po’ tutti, no?». Dustan non intende certo liquidare così su due piedi la questione omosessuale, ignorando ogni forma di orgoglio identitario, molto più semplicemente esprime, col candore che lo ha sempre contraddistinto, la volontà di rivolgere l’attenzione a chi si trova al di là o al di fuori del discorso politico. Del resto, oggi che il termine queer è un po’ sulla bocca di tutti, mi verrebbe da chiedermi: qual è la cosa più queer che una scrittrice o uno scrittore che tale si definisce possa fare? Be’ scrivere di sé e di tutti quelli che vivono al di là o al di fuori, mi verrebbe da dire.Sempre nel 1999, per un’intervista concessa a Technikart, a proposito del suo primo libro, Nella mia stanza, Dustan spiega che l’ha scritto «per far vedere a tutti che i miei amici erano belli». Sono gli anni Novanta e lui e suoi amici non godono certo di una buona reputazione: sono tutti froci, drogati, sieropositivi. Dustan non racconta nulla, scrive di sé: della sua vita da frocio, delle droghe, delle discoteche, degli incontri e della vita nel «ghetto» (il Marais) all’epoca dell’AIDS. Dietro lo stile e ciò che, troppo velocemente oggi come ieri, può rubricarsi come provocatorio, c’è un chiaro intento letterario e politico: descrivere con crudezza, e con precisione quasi ossessiva, i suoi rapporti sessuali per sovvertire il «sistema politico dell’eterosessualità» per usare le parole di Monica Wittig.Ma per sovvertire il sistema bisogna iniziare dall’Io, cioè da sé («è necessario interrogarsi su sé stessi, parlare di sé stessi, sforzarsi di scoprire chi si è e da che parte si sta»). Dustan ripudia la borghesia dalla quale proviene (era un giudice amministrativo che aveva frequentato le università della giovane élite, quella dei futuri presidenti e ministri della Repubblica francese). Poi la scoperta della sieropositività e con essa l’inizio della sua riflessione letteraria che coincide con una forma di liberazione: «se sono riuscito a scrivere il mio primo libro, è perché ero sicuro che sarei morto. In un testamento si è liberi. Si può diseredare. Ho diseredato mio padre e tutti i poliziotti”.Ma Dustan ripudia anche e soprattutto il mondo letterario che non gli ha mai perdonato la sua modernità. E infine una parte della stessa comunità gay legata al movimento Act Up che non gli ha perdonato, per bieco moralismo, la sua sacrosanta rivendicazione di scopare senza preservativo con chi, sieropositivo come lui, sceglieva di farlo. Un corpo libero si imbatte sempre contro un certo moralismo clericale. Del resto gli uomini credono più nel destino che nella volontà di poter scegliere, quando gli è concesso.Ma Dustan non è solo uno scrittore perché, in qualità di direttore editoriale della prima collana LGBT in Francia per la casa editrice Balland, attira a sé tutta una generazione di autori e autrici che celebrano la loro esistenza, i loro amori, e che trovano finalmente una casa pronta a accoglierli. (Con qualche dovuta precisazione, la solita domanda: qual è la cosa più queer che una scrittrice o uno scrittore che tale si definisce possa fare? Be’, avendocene il potere contrattuale, regalarci l’opera di chi sta al di là o al di fuori di un certo sistema politico, mi verrebbe da dire).Ma la letteratura è anche e soprattutto una questione di ritmo. Dustan ha una sua precisa costruzione ritmica, un personalissimo rapporto con la musicalità delle parole e un timbro inconfondibile. Se Bret Easton Ellis è stato fondamentale per l’assenza di psicologia nel senso tradizionale del termine (la psicologia dei personaggi è costruita solo attraverso il racconto delle loro azioni), da Marguerite Duras ha imparato come trasformare le mauvais français (la lingua parlata) in lingua letteraria.Le temerarie subordinate, le frasi brevi, i dialoghi che non interrompono mai il flusso di coscienza, la punteggiatura sempre al servizio del ritmo e mai della grammatica (per esempio le lunghissime liste senza virgole) e la rottura della sintassi sono precise scelte stilistiche che marcano la velocità della scrittura. Anzi della vita.Vivere mi pare la vera priorità di Dustan: vedere, toccare, parlare, ballare, baciare, scopare, sentire. La morte è sullo sfondo (non lo è forse per tutti?) e diventa soltanto occasione per incedere più velocemente senza dolersene. Ma pur correndo, e lanciandosi nell’azione, lo scrittore non chiude mai gli occhi perché, temendo di non avere abbastanza tempo, non ha certo paura della vertiginosa velocità che ha scelto. Vedere sé stesso e gli altri gli permette di scrivere e di trovare talvolta le più belle frasi d’amore. Come quando, in piscina con un amico che gli confessa d’aver appena scoperto di essere sieropositivo, Guillaume scrive: di stringerlo stretto a me non potevo, eravamo pur sempre in un luogo pubblico. Non appena ci siamo ritrovati alla fine delle vasche gli ho dato una carezza di nascosto.Dustan non si è accontentato di scrivere la propria vita, ha pensato anche il proprio tempo. Sono pochi gli autori che possano definirsi grandi scrittori per lo stile e la forza espressiva e che, allo stesso tempo, siano capaci di dare forma, attraverso il loro sguardo, a un pensiero radicale, rivoluzionario e preciso della società. Dustan è indiscutibilmente un grande scrittore. È uno scrittore e un uomo libero, libero contro tutte le strutture – la famiglia, la morale di Stato, la religione, i valori borghesi e patriarcali. In meno di dieci anni ha costruito un’estetica e un pensiero che parlano di lui ma anche del suo tempo, del nostro tempo. Chi lo legge si eleva. Azzardo, diventa persino più bello, più intelligente e soprattutto più forte. Arrivi all’ultima pagina e hai giusto voglia di dirgli, Merci Guillaume!