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 2023  novembre 18 Sabato calendario

Alessia Merz si racconta

I l provino per «Non è la Rai»  «Sono partita da Trento tipo Heidi che scende dai monti a 17 anni. Ne dimostravo di meno, timida, non avevo ancora la faccia tosta che mi è venuta dopo. Ballai Please don’t go. Ricordo le terribili mamme delle altre concorrenti. “Questa viene qui a rubarci il lavoro”».
Bella accoglienza. 
«E non avevo ancora visto niente, aspetti. Quando mi chiamarono per dirmi che mi avevano presa per un mese di prova – era il 25 agosto 1992 – scoppiai a piangere, terrorizzata di dovermi trasferire a Roma da sola. Viaggio in treno in piedi, con un valigione e l’animo di chi sta andando al patibolo. Cercai di consolarmi: “Sarà bello, mi farò tante amiche”. Uh, come no».
No? 
«Peggio mi sento. Mi ritrovai in mezzo a 120/130 ragazzine che lottavano per conquistare la lucina rossa che ti inquadrava. Se per caso la telecamera si posava su di me, qualcuna mi passava davanti apposta. “Oh, scusa, non ti avevo visto”. Per caso trovai un posto libero in prima fila, ma non feci in tempo ad accomodarmi che mi tolsero la sedia da sotto al sedere. “Vai subito in fondo, sei l’ultima arrivata”. Dispetti continui, cattiverie».
E poi? 
«Passati i trenta giorni, mi offrirono un contratto di un anno, privilegio per poche. Di colpo mi cambiò il mondo. Fissa in prima fila, le stesse ragazze che prima mi detestavano di colpo mi coccolavano, mi portavano l’acqua, mi lisciavano i capelli, mi facevano i massaggini sul collo, sperando di rubare un’inquadratura grazie a me».
Vi facevano rigare dritto. 
«Per dare gli esami di maturità arrivai in ritardo di 45 minuti: per punizione mi mandarono a casa. Mi imposero di tagliare i capelli a caschetto, con la frangia, li odiavo, andai in onda piangendo. Sono stati tre anni di intensa selezione naturale».
Con Ambra tutto bene? 
«All’inizio mi faceva tenerezza, diventava rossa ad ogni inquadratura. Bravissima. Una volta si è ammalata e l’ho sostituita per quattro giorni con l’auricolare nell’orecchio, sembra facile, non lo è».
Programma cult.
«Negavano, ma di nascosto lo guardavano tutti».
Calca fuori dagli studi, lettere, regali, foto, peluche. 
«Mai come per Miriana Trevisan, inarrivabile».
Gianni Boncompagni.
«Geniale, ironico, era allo stesso tempo una persona molto sola. Lo hanno infangato, con me è sempre stato corretto. Magari ti invitava a casa sua, bastava dire di no, non è che cascassi dal pero».
Velina a»Striscia». 
«Durante il provino entrò un tizio che si tirò giù i pantaloni, era una gag, fa capire il clima goliardico. Mi presero, anche se a ballare ero abbastanza negata. Antonio Ricci mi soprannominò “Pinocchio”, perché ero di legno».
Con Cristina Quaranta. 
«I primi tempi non ci sopportavamo, eravamo come il diavolo e l’acqua santa. Cristina ha un carattere che non conta nemmeno fino a 1 ed esplode, poi però diventa la persona più carina al mondo. Io invece conto fino a 100 ma a 101 sei morta. Mi provocava. “Sei troppo moscia, reagisci”. Cambiava apposta la coreografia per farmi sbagliare. Alla prima intervista ufficiale si raccomandarono: “Fingete di andare d’accordo”».
Funzionò? 
«Un giorno persi la pazienza e la attaccai al muro anche io. “Ah, allora vedi che se vuoi il carattere ce l’hai!”. Diventammo amiche per la pelle».
Inviata di»Quelli che il calcio». 
«Tifosissima bianconera, da piccola ho detto prima “Juve” che “mamma”. Si raccomandavano: “Se segnano alzati ed esulta”. Dagli spalti me ne dicevano di tutti i colori».
Aveva il suo caratterino. 
«Parlantina, battuta pronta, poco diplomatica, ribelle, rispondevo, forse l’ho pagata».
Samantha Fox non volle parlare con lei. 
«Conducevo Meteore con Amadeus e Gene Gnocchi, incontrai un sacco di personaggi pazzeschi: Larry Hagman di Dallas, Arnold, Sandy Marton, tutti gentilissimi. Tranne lei: rifiutò di farsi intervistare da me, perché non si vedesse che ero molto più alta».
Capita. 
«Se è per questo c’è stata una famosa attrice che non mi ha voluto in un film con lei perché avevamo gli occhi dello stesso colore. Pretendeva che mettessi delle lenti a contatto marroni».
Non andò sempre così. 
«Nel film Jolly Blu sugli 883 il regista Stefano Salvati scelse me invece di Angelina Jolie. E non era nemmeno ubriaco».
Lo spot per Barilla con Gerard Depardieu. 
«Diretto da David Lynch. Durante le riprese a piazza Navona passò a trovarci Roman Polanski. Tre mostri sacri. Ma la gente intorno gridava: “C’è Alessia di Non è la Rai”».
I calendari sexy. 
«Non mi proponevo io, mi cercavano, all’epoca era un riconoscimento. Però non ho mai sostenuto che fossero foto artistiche, ero in topless».
Il bagno nel latte. 
«Sfilata di Coveri a Milano. Nella vasca sembravo nuda ma avevo uno slip color carne. Faceva freddo, così accesero una stufa e saltò la luce ovunque, un disastro. Il giorno dopo mi venne 39 di febbre».
E la Velina sposò il calciatore (Fabio Bazzani, con cui, dopo 18 anni, va ancora d’amore e d’accorso). 
«Giugno 2004, hotel a Porto Cervo. Avevo appena deciso: basta fidanzati. Ho visto lui ed è cambiato tutto. Ero con Simona Ventura, lui con Stefano Bettarini, compagni di squadra alla Samp. Bastò uno sguardo. Pensai: “Ah, però”».
E? 
«Il mattino dopo abbiamo fatto colazione insieme leggendo la Gazzetta dello Sport. Dopo cinque giorni eravamo fidanzati. Poco dopo sono partita per l’Isola dei Famosi. Quando sono uscita temevo che mi avesse dimenticato, invece mi ha chiesto di sposarlo e ho detto sì. Ci ho messo un mese a spiegare ad amici e parenti che era solo amore folle e non ero incinta».
Ha mollato lo spettacolo. 
«Sempre in hotel, con coperta e cuscino in macchina, una vita assurda. Dai 18 ai 31 mi sono divertita, ho fatto di tutto e di più. Volevo una famiglia. Dopo i primi no hanno smesso di chiamarmi. Ma non sono pentita, sono felice così, non sto mica chiusa in casa con Netflix. Ogni tanto faccio qualche cosetta per togliermi lo sfizio, non ci ho messo la croce sopra».
Potrebbe fare un fischio ad Amadeus per Sanremo. 
«Ma no, la gente direbbe; “Che ci fa lì la Merz?”»