la Repubblica, 17 novembre 2023
Intervista a Marcella Bella
Marcella Bella è tornata. Il suo nuovo singolo si intitola Tacchi a spillo ed è pura dance, genere non nuovo per lei che nel 1974 fu tra le prime a far ballare tutti con il brano Nessuno mai.Stavolta però, a 71 anni, l’artista catanese si spinge oltre: il pezzo annuncia l’album Etnea che uscirà il primo dicembre, in cui debutta come autrice.Il rosso delle scarpe in copertina rimanda alle campagne contro la violenza sulle donne.«Un piccolo riferimento che sarà poi ampliato nell’album. L’argomento mi sta molto a cuore: nelle tournée teatrali ne ho sempre parlato, ironizzando sugli uomini che oggi per non divorziare diventano violenti e spesso uccidono. Quasi un delitto d’onore: certi fatti mi ricordano quando da bambina in Sicilia sentivo di uomini che uccidevano le donne per gelosia».Con “Tacchi a spillo” incontra l’elettronica.«Mi sono chiesta se fosse giusta per me perché è completamente differente dal mio mondo, come da quello di Gianni che ha sempre scritto per me. Mi ha convinto il testo, i tacchi a spillo sono una metafora per parlare della vita e dei suoi momenti difficili».Nell’immagine dell’album “Etnea” lei ha un vestito di lava.«È da qualche anno che pensavo alle mie origini, a questo vulcano che ha condizionato la mia vita di bambina, certi giorni bisognava uscire con l’ombrello per proteggersi dalla cenere. Quindi, prima ci ho scritto su una canzone, poi ho voluto quella foto di copertina scattata sull’Etna, proprio in mezzo a quella lava nera che mi ha affascinato sin da piccola, quando andavo su questa spiaggetta a Catania completamente nera».Come buen retiro ha scelto Ibiza.«Senza cercarla me ne sono innamorata. È una piccola Sicilia dove però non mi conosce nessuno.Amo l’Ibiza fuori stagione, mi piace l’entroterra, è piena di fichi d’india, ci sono palme altissime, ce ne sono tre anche nel mio giardino».La sua casa lì è un ex albergo.«Un piccolo hotel di charme frequentato negli anni da tanti artisti, attori, musicisti, cantanti. L’anima artistica di questa casa mi è piaciuta subito, l’ex proprietaria aveva chiamato una delle camere “la stanza di Marilyn”, tant’è che ho messo alle pareti le sue foto in bianco e nero. In un’altra ci sono quadri di gesso con le impronte delle mani di molti attori tedeschi e spagnoli che, ammetto, non conoscevo, a parte Penélope Cruz».A proposito di tacchi a spillo, lei ha detto: “Tacchi e guêpière fanno parte di me”.«Lo penso dai tempi diNell’aria che cantavo quasi sempre indossando gonne strette e guêpière. Quel pezzo sottolineava la femminilità».L’avevano scritto Mogol e suo fratello Gianni Bella.«Mio fratello aveva scritto solo la musica, non avrebbe mai scritto un testo come quello da far cantare a sua sorella. Il testo era di Mogol che mi aveva anche consigliato di cantarlo con un certo abbigliamento “sfacciatamente sexy”, disse, ma io poi lo bocciai, per me la sensualità bisogna tirarla fuori solo in un secondo momento. Il massimo che potevo indossare era questa guêpière che amavo: avevo scoperto un posticino a Milano che le realizzava.Era gestito da tre sorelle, le chiamavo “le mie sorelle Materassi”».È vero che colleziona calze?«Non è che le collezioni, ne ho tre cassettoni pieni, di tutti i tipi. Ho anche un armadio pieno di scarpe con i tacchi a spillo, di tutti i colori».Lei è una donna del desiderio per tanti, chissà quanti ammiratori.«Non mi voglio vantare ma sono stata molto corteggiata, tra di loro c’è stato anche Julio Iglesias: molti anni fa facevamo parte della stessa scuderia,la Cbs, e una sera ci ritrovammo per una trasmissione tv. Lui non sapeva del mio compagno, che poi sarebbe diventato mio marito, e appena mi ha visto mi ha preso la mano. Io ero in un brodo di giuggiole, Julio era un grande latin lover: “Marcelita, tieni il fidanzato?” mi chiese, tutto speranzoso. Gli risposi, anch’io dolce: “Sì, è là”, indicando Mario. Mollò subito la mano».Ce ne saranno stati tanti anche di meno famosi.«Alcuni diventavano pesanti. Uno si era fissato, mi ha perseguitato per anni, si faceva trovare davanti casa di mia mamma a Parma. Si era piazzato con la tenda: diceva che mi doveva sposare. Ci siamo preoccupati, soprattutto quella volta che venne a Sanremo e il portiere dell’hotel mi chiamò in stanza dicendo che miomarito mi aspettava giù nella hall, gli dissi che era con me in camera ma quello insisteva tanto che il portiere s’era convinto. “Vuole che non sappia chi è mio marito?”».Com’è finita?«Male, ho dovuto denunciarlo, abbiamo scoperto che era un pregiudicato appena uscito dal carcere. Mi scriveva lettere, è stato uno stalker pesante, quando ancora non si chiamavano così. Erano gli anni Ottanta».Oggi lei è anche un’icona gay.«I gay amano la donna sexy, si identificano, non parlo di tutti, ovviamente ma un certo tipo di gay sì, hanno sempre amato la donna molto femminile. Sono stata tra le prime a difendere i diritti degli omosessuali, mi fa piacere condividere questo ruolo con altre cinque o sei mie colleghe».Nel 1972 il debutto a Sanremo con “Montagne verdi”: cosa ricorda?«Il giorno delle prove, era la prima volta che salivo le scale del Casinò, dove in quegli anni si faceva il festival. Per me erano scale magiche, le avevo sognate. Qualche anno prima avevo cantato in una discoteca di Sanremo, i miei musicisti insistevano per salirle, ma io mi rifiutai: “Le voglio salire quando canterò al festival”, dissi, e tutti risero: “Sì, aspetta e spera”. Ero testarda, infatti ci sono riuscita».L’anno dopo interpretò in modo straordinario “Io vivrò senza te” di Lucio Battisti.«Quella canzone la sentivo proprio tanto, ero convinta di poter esprimere tutta la sua parte drammatica e infatti fu così: la malinconia fa parte della mia personalità. La sofferenza di un amore che finisce, specialmente quando vieni lasciato».Battisti le disse qualcosa?«All’epoca possedeva una sala di incisione, il Mulino, e io spesso chiedevo di poter registrare lì così da poterlo incontrare. Una volta, mentre incidevo dei pezzi, me lo ritrovai lì. Si complimentò per come avevo cantato Io vivrò senza te,quel giudizio mi dette il coraggio per chiedergli un pezzo inedito.Mi diede Perché dovrei, che aveva scritto con Mogol e che incisi nel mio primo album,L’anima dei matti registrato dal vivo alla Bussola».Vi univa il taglio di capelli, la chiamavano “il cespuglio”.«I capelli afro erano un riferimento al mondo del blues, del soul, ai cantanti neri. Io ero abituata, Gianni ascoltava solo quel genere di musica, il rhythm‘n’blues e il soul».Come sta suo fratello Gianni?«Scrive meno ma segue molto la musica. Mi consiglia e, anche se non parla, capisce ogni cosa e si fa capire. È un grande artista, non lo dico come sorella ma come persona che lo ammira per ciò che ha scritto e fatto.A cominciare dall’opera La capinerache gli è costata molto: quando l’ha finita era così stressato che ha avuto l’ictus. Prima o poi verrà apprezzata come merita».Tornerebbe al Festival?«Perché no? A Sanremo ho vissuto momenti bellissimi. Ma non mi pongo il problema, del resto sono sicura che tornerò, prima o poi».