Domani, 17 novembre 2023
Sono le donne a comprare i libri. E il potere editoriale si adegua
Partiamo spediti, e scansiamo le virgolette di cautela. Se la domanda è: “Quanto incidono le tradizionali istituzioni culturali sui comportamenti d’acquisto dei lettori odierni?”, la risposta può essere scalata dal poco al molto poco al quasi niente (e per “tradizionali istituzioni culturali” intendiamo la critica, il sistema educativo di base e universitario, le fondazioni, la vasta rete dei premi, i festival).
Se invece la domanda è: “L’attuale mercato librario, in salute o in sofferenza, vige ai nostri giorni in assenza di qualsiasi istituzionalità? Si regola cioè sull’interesse sovrano manifestato volta per volta dal pubblico leggente?”, la risposta è: no, non proprio.
La cosiddetta disintermediazione, che scioglierebbe ciascun membro della filiera da obbedienze e requisiti di accesso, è da considerarsi al più come un facile artificio concettuale, spesso destinato a guadagnare consenso in difetto di opportune verifiche. Anzi, ciò a cui assistiamo nelle ultime decadi sembrerebbe una riformulazione e un deciso allargamento delle soglie istituzionali che governano la circolazione e la valorizzazione dei prodotti editoriali.
Il fattore gender
Non tutto è istituzione nel mondo del libro, certamente; i modi in cui uno specifico lettore formula le proprie scelte, le affina nel tempo, distinguendosi infine tra i consimili, per quanto variabili a seconda dei contesti hanno un aspetto di immanentismo antropologico, e come tale non sembrano indicizzabili o suscettibili di statistica. Così come nessuno potrà mai ricalcare specularmente la parabola esistenziale di un altro individuo, nessuno potrà mai duplicarne appieno le inclinazioni estetiche e le idiosincrasie.
Ma intanto – è un fatto – le istituzioni preposte al sistema librario stanno cambiando pelle, rendendosi pervasive. Tralascio qui la delicata questione degli algoritmi informatici, utili a un preliminare o auto riflesso orientamento di gusto. Anche se, a ben guardare, in quanto costrutto logico allestito dai grandi attori del web, il meccanismo algoritmico potrebbe benissimo venire inteso come istituzione operante a valle, nell’area del marketing.
Al momento, mi interessa piuttosto un discorso a monte, relativo a una progressiva modificazione della platea a cui i libri si rivolgono (siano essi cartacei o in formato elettronico). Stando ai dati di Feltrinelli, infatti, in libreria è sempre più netta la presenza delle donne acquirenti, quantificabile nella misura di due terzi rispetto ai frequentatori complessivi: 63,6 per cento, erano il 62,96 nel 2022, contro un calante 36,4 per cento maschile.
È vero che nella dimensione dell’online il divario si riduce, rendendosi oltretutto più stabile: 56,8 per cento donne, 43,2 per cento uomini. Non di meno il dato numerico si conferma in tutta la sua importanza, anche prospettica, di lungo periodo, se consideriamo gli ingressi in libreria delle clienti minorenni, che in questo caso, secondo una crescita impetuosa, raggiungono la quota dei tre quarti, candidandosi autorevolmente a rappresentare il lettore-tipo di domani: 61,08 per cento nel 2021, 71,21 per cento nel 2022, 74,66 nel 2023.
È qui, nel fattore gender, che noi troviamo la ragione strutturante di una mutata istituzionalità del mercato. E questo perché, se il pubblico librario vira sempre più accentuatamente al femminile, nessuno potrà stupirsi di una contemporanea femminilizzazione della catena decisionale che si è venuta componendo in seno alle case editrici: direttrici editoriali, capi collana, redattrici, scout, responsabili dei diritti esteri.
Cambiare il predominio
In proposito non disponiamo di dati numerici, valgono pertanto solo impressioni; è lecito tuttavia ipotizzare che il progressivo pareggiamento tra il genere dei lettori e il genere di coloro a cui sono demandate le decisioni non resti poi senza esito riguardo al sistema nel suo complesso.
Intendo le decisioni di cosa pubblicare e cosa no, su quale sia il gradiente estetico richiesto (se si tratta di letteratura), e cosa, esulandone per ragioni appunto di genere, renda difficile, e poco proficuo, l’incontro con un pubblico largamente femminilizzato. Insomma una modificazione a tutta vista strategica, se è vera la diagnosi, esterna e interna all’apparato produttivo.
Una modificazione che, insieme con gli accresciuti vincoli costituiti dal conto economico, diventa poi determinante sin dalle origini stesse del processo, là dove un testo, privatamente formulato, si trasforma in libro, ovvero in bene pubblico e suscettibile di commercio.
È sacrosanta la diagnosi per cui tutto ciò avviene dopo secoli di predominio maschile, con le relative esclusioni, sottovalutazioni, marginalizzazioni; ma non si può fare a meno di osservare che un orizzonte a tal punto sproporzionato tra presenza di uomini e presenza di donne potrebbe annunciarsi alla lunga non meno selettivo.
La crescita della fiction
Un secondo aspetto degno di interesse riguarda il genere, stavolta inteso in senso merceologico. Anche in questo caso abbiamo una soglia, più o meno implicita ma indubbiamente funzionale: cos’è a conti fatti la classificazione per generi e tipi, intesa a restituire una planimetria del mercato, se non un riflesso delle procedure analitiche a sfondo storico-letterario, delle istituzioni con le quali la letteratura ha da fare, sin da Aristotele, per stabilire un ordinamento interno?
Cogliamo in proposito soltanto alcuni tra i dati presenti nell’ultimo Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia elaborato da Aie, l’associazione degli editori, relativo alla configurazione dell’offerta nel 2022 e primi sei mesi del 2023, e confrontiamoli con le statistiche di venduto così come compaiono nel resoconto stilato da Feltrinelli.
Secondo Aie, il panorama è caratterizzato da una forte crescita della fiction: +6,3 per cento rispetto al 2021; +23,5 rispetto al 2019, anno prepandemico. Il 50,2 per cento di questo ammontare è rubricato come “narrativa d’autore”, italiana o straniera, il che lascerebbe intendere che l’altra metà è coperta dalla “narrativa di genere” (chiamiamola così, anche se ci sarebbe da discutere: come se nella narrativa d’autore i generi non ci fossero).
All’interno di questa macro famiglia, narrativa di genere, il romanzo rosa registra un +34,2 per cento; la costellazione fantasy +25 per cento (in proporzione più che doppia rispetto alla fantascienza), il poliziesco-noir +15 per cento. Così nell’offerta, mentre qualcosa di sostanzioso cambia rispetto alle quote di mercato reali. Qui, osserva Aie, la narrativa di genere guadagna la maggioranza, passando negli ultimi quattro anni rilevati dal 55 per cento al 57 per cento.
La narrativa di genere
Per Feltrinelli, che regola le cifre sulla quota parte del fatturato 2023 e le confronta con il 2022, la narrativa moderna e contemporanea, con classici, poesia, teatro, storia e critica, registra nel complesso un -4,10 per cento (-1,27 nell’online). A fronte di questo esito negativo stanno, partitamente, un’esplosione della narrativa di genere (rosa, gotico, fantasy, erotico ecc.): +38,18 per cento (nell’online la crescita sembra più contenuta: +26,46); un tonfo dei polizieschi-thriller e della suspense in genere: -12,78 per cento (online -2,12); e un severo arretramento quanto ai fumetti e ai romanzi young adult, tipo manga, supereroi: -11,44 per cento; mentre nell’online osserviamo un’inversione: +3,48 (ma evidentemente il fantasy, genere favorito per un pubblico young adult, è stato riclassificato).
Dati ondivaghi, a colpo d’occhio, anche se per il comparto giallo-noir si può forse parlare di un indizio non congiunturale, che per la prima volta, dopo due decenni di incrementi formidabili, inclina la parabola verso il basso. Dati che comunque hanno interessanti riflessi anagrafici e di gender: alla narrativa in senso esteso, le donne si rivolgono secondo proporzioni già viste (63,4 per cento), ma sfondano decisamente nella narrativa di genere (70,38 per cento), si ribilanciano con i corrispettivi maschili nell’ambito della giallistica: 58,31 per cento; e soprattutto, in quanto a narrativa di genere, si dispongono in larga misura nelle due fasce d’età 18-24 e 25-34.
I libri più venduti
Se ci soffermiamo sui dieci titoli che hanno furoreggiato nel 2023 secondo le rilevazioni di Feltrinelli, e se incrociamo questi titoli con una serie di fattori relativi al gender, al genere letterario, alla premialità conseguita e alla eventuale presenza nel dibattito critico, altri tasselli istituzionali possono poi emergere. Sei autori su dieci sono donne, proporzionalmente – si direbbe – al sesso dei lettori; uno è una autobiografia, Spare. Il minore, del principe Harry, sette sono romanzi, due comportano alta divulgazione: Eva Cantarella di Dammi mille baci, Veri uomini e vere donne nell’antica Roma e Buchi bianchi del fisico teorico Carlo Rovelli (unico caso, invero, in cui i rapporti di gender s’invertono: 56 per cento uomini, 44 per cento donne).
E proseguendo: due hanno conseguito premi prestigiosi: a Niccolò Ammaniti il Viareggio, con La vita intima, e a Francesca Giannone il Bancarella, con La portalettere (Rosella Pastorino, con Mi limitavo ad amare te, è giunta seconda classificata allo Strega).
Due si lasciano definire attraverso un genere forte: Giannone, ancora, con un romanzo storico; e la spagnola Alicia Giménez-Barlett con La presidente, un classico romanzo poliziesco; mentre altri due bordeggiano vistosamente il sentimentale-rosa: la statunitense Colleen Hoover con It starts with us, e l’italiana Erin Doom con Fabbricante di lacrime. Due infine, Paolo Cognetti con Le Otto montagne e il già detto Niccolò Ammaniti, sono autori ben noti ai critici professionisti, che li hanno letti senza lesinare su recensioni e studi.
Troviamo qui rappresentate, trasversalmente, molte delle questioni che abbiamo sollevato (e i premi, per inciso, non hanno perso affatto il loro appeal). Però non è con le classifiche dei titoli più venduti che veniamo a capo del mercato odierno, nella sua estensione e ricchezza fenomenica: a detta del rapporto Aie, i top 100, cioè la ricca corona dei best seller 2022-23, valgono soltanto l’8 per cento della spesa libraria complessiva, e il 7 per cento delle copie comprate.