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 2023  novembre 12 Domenica calendario

L’eredità di Armani

Nel 2017 Giorgio Armani aveva detto al Financial Times che per la successione del suo impero «era tutto pronto». È il 2016 l’anno cruciale, in cui tutto è stato deciso, a iniziare dalla creazione della Fondazione Giorgio Armani, «per realizzare progetti di utilità pubblica e sociale». E assicurare così nel tempo gli assetti di governance dell’azienda per mantenerli «rispettosi e coerenti con alcuni principi che mi stanno particolarmente a cuore e che da sempre ispirano la mia attività di designer ed imprenditore». Sul «dopo» era tornato nelle ultime pagine del libro «Per Amore», un diario della propria vita, uscito l’anno scorso (sulla traccia di un precedente libro di memorie) in cui accenna a «quella che i giornali, un po’ crudelmente, chiamano la successione di Armani». «Il piano lo ho preparato, con il mio usuale pragmatismo e la mia grande discrezione, ma non lo rivelo, perché ci sono ancora. Io continuo a lavorare». Ma adesso qualcuno ha tirato fuori da un cassetto questo carteggio «segreto» in cui lo stilista, che oggi ha 89 anni e possiede il 99 per cento del suo gruppo (lo 0,1 per cento fa capo alla Fondazione), con 9000 dipendenti, 2,35 miliardi di fatturato e 162 milioni di utile, non lascia nulla al caso, nemmeno il suo stile unico.
Tante le speculazioni che si sono sedimentate fino ad oggi visto che non ci sono figli e comunque eredi legittimi; con scadenza regolare si tornava a parlare delle presunte intenzioni di Armani di vendere anche se lui aveva detto chiaro e tondo che non voleva che la sua azienda finisse in mani francesi, come capitato ad altri brand iconici del made in Italy. Ma ad Armani, nonostante spesso gli venga fatta la domanda, non piace parlare del dopo. Per lui tutto si consuma qui ed ora, nel suo ufficio di via Borgonuovo, e nel backstage delle sfilate che cura ancora con una attenzione maniacale, delegando pochissimo.
Armani ha tre nipoti: Silvana e Roberta, figlie di Sergio, il fratello scomparso, e Andrea Camerana, figlio di sua sorella Rosanna che insieme a lui e al compagno dello stilista, Pantaleo Dell’Orco (detto Leo), tiene le redini dello stile della maison. Tutti loro sono in consiglio (in cui siede anche Federico Marchetti, fondatore di Yoox) e avranno azioni del gruppo, secondo il piano conservato da un notaio milanese e visionato dalla agenzia Reuters, che stabilisce i futuri principi di governance. Lo statuto divide il capitale sociale in sei categorie con diritti di voto e poteri diversi, ed è stato modificato a settembre per crearne anche alcune senza diritto di voto. Non è chiaro come verranno distribuiti i diversi blocchi azionari, ma gli esperti di corporate governance interpellati da Reuters affermano che «si tratta di un’organizzazione che riduce i margini di disaccordo tra gli eredi». Un’organizzazione che prevede inoltre la distribuzione del 50% degli utili netti agli azionisti.
Nel documento alcune indicazioni obbligatorie: il divieto di quotazione in Borsa per i primi cinque anni ma anche regole chiare per qualsiasi potenziale attività di M&A (ossia fusioni e acquisizioni di altre aziende) che dovranno avvenire con «approccio prudente alle acquisizioni finalizzato unicamente a sviluppare competenze che non esistono internamente dal punto di vista del mercato, del prodotto o del canale». Lo statuto della fondazione prevede inoltre che si gestisca la partecipazione al gruppo con l’obiettivo di creare valore, mantenere i livelli occupazionali e perseguire i valori aziendali.
Per quanto riguarda lo stile c’è l’impegno alla «ricerca di uno stile essenziale, moderno, elegante e non ostentato, con attenzione ai dettagli e alla vestibilità». La sua poetica estetica, Armani l’ha ripetuta spesso, e non è mai cambiata nella sua essenza. Il segreto di capi che resistono al tempo, a iniziare dalle giacche fluide, destrutturate e che sfideranno, secondo questo testamento, diverse epoche. In un’intervista lo stilista ha ribadito che «essere alla moda ed essere eleganti non significano esattamente la stessa cosa». «Quel che più mi attrae in una persona, una donna come un uomo, è la personalità, il carattere che è in genere sempre riflesso nella maniera in cui si veste. Io, all’ossessione per il trend, preferisco la sottigliezza, la ricerca del dettaglio che avvicina lo sguardo e invita a osservare e conoscere meglio. L’eleganza, non mi stanco di ripeterlo, non è farsi notare».
Insomma il messaggio è chiaro: io non ci sarò ma voi fate come dico io. Secondo la logica che ha sempre mosso questo mostro sacro della moda che ha dedicato se stesso all’azienda e a un’idea di stile inconfondibile. Quando pensi a un abito Armani, pensi a rigore, glamour, linee, eleganza discreta. Una moda che non si piega ai capricci passeggeri di un mondo sempre meno chic e sempre più veloce nel fagocitare tendenze del momento. Ultime volontà «aziendali» che cercano di superare questa fugacità, portando nel domani l’idea di bellezza duratura e solida su cui ha permeato il suo lavoro Armani. Alla prova dell’immortalità.