il Fatto Quotidiano, 16 novembre 2023
Vip vittime di soldi e successo
Una vecchia telenovela messicana s’intitola Anche i ricchi piangono. Su questo titolo, per almeno un ventennio, sono nate battute, parodie, modi di dire; pure dal “malefico” Drive In di Antonio Ricci ne uscì una versione autoctona, Anche i Baudi piangono, riferita al Pippo nazionale e a Katia Ricciarelli.
Oggi, molte serie tv sembrano prevedere come sottotitolo proprio Anche i ricchi piangono. Ovvio, nulla di male, ci mancherebbe, altrimenti scadremmo nei luoghi comuni in stile «i soldi non fanno la felicità», «il vero amore non si compra» o «quando c’è la salute c’è tutto».
Il punto è un altro: dal docufilm su Vasco Rossi, Supervissuto, a quelli su Robbie Williams e David Beckham, il sapore finale è molto simile, se non identico.
La fama è fatica.
Il successo è sofferenza.
La privacy non esiste.
A volte non esisti proprio come persona.
Il personaggio si impossessa della persona. E il personaggio è di tutti, quindi uno si smarrisce.
L’essenza dell’artista è la totale nudità di fronte al pubblico, anche a costo di rischiare in prima persona; oppure: non sei un vero artista se non rischi in prima persona.
E allora giù con i down strabilianti a fronte di momenti di euforia altrettanto pazzeschi; e giù con alcool, qualunque tipo di alcool; e giù con le droghe più diverse, di alcune di queste non ricordano neanche il nome (in questo caso soprattutto Robbie Williams). E poi rapporti sessuali occasionali, di continuo, follie, amicizie interessate, perdita del controllo; l’autodistruzione; il sentimento di angoscia mista a persecuzione, l’esigenza di fuggire e la paura della solitudine.
Batoste violente e ritorni mirabolanti, come cantava Lucio Battisti le discese e le risalite.
Tutto questo raccontato da cinquantenni (per Vasco qualche anno oltre) che guardano i loro stessi giovani con un distacco a volte neanche benevolo, piuttosto con l’atteggiamento del «quanto ero cretino lì» o «quanto sono stato stupido lì». Peccato che quel “cretino” e quello “stupido” hanno, quando rischiavano, consentito a loro oggi di vivere con un discreto stile di vita.
I protagonisti hanno spostato la loro residenza, o parte, in quel di Los Angeles, in California, perché lì possono provare il brivido della spesa al supermercato, andare a prendere i figli a scuola, guidare la propria fuoriserie, magari pure una puntatina al cinema o chissà dove (alla lista dei tre va aggiunto Tiziano Ferro, anche lui sedotto dalla Città degli Angeli). La palestra no, quella è dentro casa. Hanno ville mirabolanti, prati infiniti tagliati alla perfezione, stanze dentro ad altre stanze, collezioni di bagni, piscine, marmi, panorami da cartolina, sale giochi e sale con ogni ben di dio per incidere nuovi brani.
Robbie Williams si fa intervistare quasi sempre dentro al letto, in canottiera nera, perché si definisce pigro, ama dormire, quindi è la sua comfort zone nella comfort zone; mentre David Beckham ci tiene a mostrare la sua distesa di camicie jeans, quanto è bravo con il barbecue, oppure la sua ossessione per l’ordine e la pulizia (controlla ogni angolo in prima persona in stile sergente maggiore Hartman di Full Metal Jacket).
Ordine e pulizia sono padroni delle tre serie, neanche in Downton Abbey si arrivava a tanto, con il bianco (cosa c’è di più ordinato e pulito del bianco?) a dominare mobili, porte, intonaco, soprammobili…
Però come racconti funzionano. Sono girati bene, montati con sapienza, qualche volta cadono un po’ nella retorica (il bagno in piscina di Robbie Williams per simboleggiare il suo crollo esistenziale, e la successiva reazione, anche no); ma riescono a coinvolgere, incuriosiscono, hanno ritmo, aprono comunque uno spaccato ulteriore su quel che rimane del divismo, dopo anni di disboscamento mentale a causa dei social network.
Resta il perché le star dopo aver ottenuto fama, successo, soldi e dopo essere sopravvissuti a loro stessi, alla fama e al successo, abbiamo bisogno pure della comprensione emotiva del fan, della pacca sulla spalla come a dire «stai tranquillo, passerà».
Il problema è che se “passerà”, realmente, allora sì che non avranno più problemi con fama, successo e soldi. E le porte del supermercato saranno sempre spalancate, magari con pure il brivido della fila.