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 2023  novembre 16 Giovedì calendario

Solo 4 adolescenti su 10 sono felici


Hanno paura. Soffrono profondamente pervasi da un gran senso di solitudine, dall’incertezza per il futuro; sensazioni acutizzate dalla guerra, dalla pandemia insieme a un bisogno di ascolto spesso non soddisfatto dagli adulti che porta i ragazzi a rifugiarsi nella rete per cercare risposte. Inoltre, più di 1 ragazzo su 5 prova ansia ma chiedere aiuto a un esperto di salute mentale è percepito come motivo di vergogna da 1 giovane su 3. È uno spaccato di una generazione confusa quello che emerge dall’indagine di Telefono Azzurro realizzata con il supporto di Bva Doxa su 800 ragazzi tra i 12 e i 18 anni, presentata ieri al Cnel in previsione della Giornata internazionale dell’Infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre.
E ciò che emerge è una classe d’età in crisi di autostima. Nelle ultime due settimane, infatti, solo il 41% dei ragazzi si è sentito felice. Il 21% ha dichiarato di sentirsi in ansia o preoccupato (20%), il 6% triste. Tra le principali sofferenze che gli adolescenti riscontrano nei loro coetanei al primo posto c’è la dipendenza da internet e dai social network (52%), seguita dalla mancanza di autostima (41%) e dalle difficoltà relazionali con gli adulti (40%). Per il 41%, inoltre, sarebbe utile insegnare ai genitori come essere vicini ai figli che stanno male, mentre il 39% auspica che a scuola si parli di più di salute mentale. Soltanto il 39% parla nella vita di tutti i giorni di benessere mentale e la rete affettiva rimane il riferimento in caso di malessere psicologico. Il 74% dei ragazzi ritiene la famiglia un punto fermo, seguita da amici (38%), dallo psicologo (26%) e dalla scuola (11%). La linea di ascolto 19696 nel 2022 ha raccolto 1459 segnalazioni relative a problemi di salute mentale – ovvero 4 casi al giorno – e quelle gestite dal numero Emergenza Infanzia 114 nel 2022 sono state 347.
Dall’indagine emerge come la solitudine di fronte alla crescita porti sempre più ragazzi a rifugiarsi online. In media i giovanissimi passano almeno tre ore al giorno sui social, chattando. Il 92% sa bene che potrebbero causare dipendenza, ma il 31% li usa per combattere solitudine e noia. Pensare di non utilizzare più i social per il 22% dei ragazzi è motivo di ansia e agitazione, per l’11% si sentirebbe più solo, mentre il 23% si sentirebbe addirittura “perso”. «Diventa così fondamentale e prioritario non lasciare i più giovani da soli all’interno dei mondi digitali colmando le lacune di reti familiari sempre più fragili – dice il presidente del Telefono Azzurro Ernesto Caffo – dobbiamo scrivere percorsi nuovi per tutelare e mettere al primo posto la salute mentale di bambini e adolescenti». Secondo Caffo il bonus psicologico da solo non basta, ma occorre «ridare ai ragazzi la forza di affrontare la vita e l’incertezza del domani, creando una cultura dell’ascolto nelle scuole, in parrocchia e nella comunità». I nativi digitali difatti, paradossalmente, pur mostrando una certa disinvoltura nell’uso delle nuove tecnologie – sottolinea il presidente della Camera Lorenzo Fontana in un messaggio «mostrano con sempre maggior frequenza disturbi comportamentali legati a un uso improprio di questi strumenti». La cruda realtà è perciò che le incessanti evoluzioni tecnologiche colpiscono in particolar modo la

Smartphone a 6 anni, è già allarme per i piccoli
Un bambino su tre fra 6 e 10 anni usa lo smartphone tutti i giorni. E metà degli adolescenti 5 ore al giorno. Addirittura uno su 6 tra chi ha tra 11 e 15 mesi viene parcheggiato davanti a tv, pc e telefonini per almeno un’ora al giorno. A dirlo è il XIV Atlante dell’infanzia a rischio in Italia titolato “Tempi digitali”, diffuso da Save the Children in vista della Giornata mondiale per l’infanzia e l’adolescenza del 20 novembre. In Italia il 78% degli 11-13enni usa il web tutti i giorni con lo smartphone.
Dato in crescita tra i 6 e 10 anni dopo la pandemia: dal 18 al 30% tra 2019 e 2022.
Un uso massiccio, senza adeguate competenze digitali tra i 16-19enni: l’Italia è quartultima in Europa. Nonostante il limite di legge di 13 anni per iscriversi ai social, quasi il 41% degli 11-13enni li usa (47% femmine, 34% maschi). Il 13,5% dei ragazzi di 11-15 anni ha un rapporto problematico coi social, il 24 coi videogiochi. Ansia, depressione e obesità i rischi. Bene il “filtro anti-porno” delle sim telefoniche intestate a minori, «ma deve essere solo il primo passo per un ambiente digitale a misura di minori», dice Raffaela Milano.
(L.Liv.)
vulnerabilità dei ragazzi, che «spesso si trovano a gestire da soli situazioni di disagio – sottolinea il viceministro al Lavoro e Politiche sociali Maria Teresa Bellucci – Educare i ragazzi a conoscere e vivere le proprie emozioni può certamente rappresentare una strategia da mettere in campo per insegnare loro a non avere timore delle proprie emozioni, nemmeno di quelle più negative che possono sembrare insormontabili». Invita infine a lavorare insieme su «alcune misure concrete» il padrone di casa, il presidente del Cnel Renato Brunetta, visto che l’organo che dirige «può porsi come catalizzatore di reti svolgendo un’opera di sensibilizzazione, motivando tutte queste reti a un impegno comune sul fronte del disagio giovanile, stimolandole a intraprendere percorsi condivisi per l’offerta di servizi di qualità».
Anche eventi drammatici, come ad esempio la guerra in Medio Oriente, influenzano i sentimenti e il vissuto dei ragazzi. Più di un giovane su due così, secondo il report del Telefono Azzurro, è rimasto impressionato di fronte alle notizie e alle immagini dolorose del conflitto, mentre il 35% ritiene di aver avuto una reazione all’inizio, ma ora si sente abituato. Il 49% dei ragazzi inoltre sottolinea di provare molto spesso rabbia, il 59% tristezza, il 39% angoscia. In più un ragazzo su 5 molto spesso fa incubi sugli attacchi. «L’ansia e la preoccupazione che ci raccontano i ragazzi – spiega Patrizia Corrada, responsabile della linea di ascolto del Telefono Azzurro – non è legata tanto alle interrogazioni, ma al contesto più ampio di incertezza generale in cui sono immersi, la guerra, i cambiamenti più grandi di loro. E in questo quadro noi adulti non riusciamo a dargli sicurezza e prospettive, i giovani insomma non vedono la luce in fondo al tunnel».