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 2023  novembre 16 Giovedì calendario

Biografie della dea Diana

«Concedimi, padre mio, di restare vergine e di avere molti nomi, perché Febo Apollo con me non venga a gara Per me i Ciclopi subito fabbricheranno frecce, per me un arco dalla forma ricurva. Ti chiedo di essere portatrice di luce e di indossare una tunica color zafferano dal bordo cremisi, che mi arrivi alle ginocchia, per andare a caccia di animali selvatici. Concedimi sessanta ninfe degli oceani, tutte di nove anni... Al mio servizio dammi venti ninfe del fiume Amniso, che si prendano cura dei miei calzari e sfamino i miei segugi, quando non colpisco linci né cervi. Dammi tutti i monti del mondo, ma una città, una soltanto riservami, quella che vuoi. La mia dimora sarà sui monti e le città degli uomini frequenterò soltanto quando, lacerate dagli acuti dolori del travaglio, in aiuto mi chiamino le donne». Queste parole sono tratte dall’Inno ad Artemide di Callimaco. La futura dea della caccia e della luna è una bambina di soli tre anni, secondo il mito, quando rivolge la preghiera al padre Zeus che non solo la esaudisce, ma le concede “altre cose più grandi”. Lei, crescendo, resterà fedele a sé stessa e alla propria vocazione solitaria e selvaggia, nel solco rigoroso e tagliente delle richieste che ha presentato al genitore.
LA NASCITA
Ma le caratteristiche di quella che i Romani chiameranno Diana si palesano già alla nascita. Sua madre è Latona, splendida figlia dei Titani che, come molte altre fanciulle, è stata sedotta dall’incorreggibile Zeus, rimanendo in stato interessante. E ha suscitato la gelosia di Era – Giunone per i latini – sposa vendicativa del signore dell’Olimpo. Latona è stata scacciata dall’Olimpo e fatta inseguire da un feroce serpente, Pitone. Questi deve, secondo gli ordini di Era, impedirle di partorire su una qualsiasi terra ove splenda il sole. Dopo lunghi giri per il mar Egeo la poverina approda infine a Delo, che allora è un’isola galleggiante e non soggiace all’ordine impartito a Pitone. Lì partorisce due bellissimi gemelli, Artemide e Apollo. Pare che la neonata sia nata senza che la madre patisse alcun dolore e che poi l’abbia aiutata a dare alla luce il fratello (Artemide “Locheia” sarà la divinità delle nascite, patrona delle partorienti e delle nutrici). In seguito Apollo ucciderà con una freccia il serpente che ha tormentato Latona.
I CICLOPI
Dopo qualche anno, Artemide fa dunque al genitore le richieste di cui scrive Callimaco, sceglie le sue ninfe, va dai Ciclopi e si fa forgiare splendide armi. Ottiene da Pan dei magnifici segugi, poi cattura delle cerve e le aggioga al suo cocchio d’oro. E insieme alle ninfe e ai cani corre libera e felice, cacciando per le selve e vagando nella natura selvaggia. Usa le sue frecce per uccidere non solo gli animali ma gli esseri umani, cui manda piaghe terribili e morti improvvise. Pur tuttavia, come il gemello, sa curare e guarire. Se lui è il luminoso Sole, lei è la misteriosa Luna (insieme alla fatale Ecate e a Selene): guai a chi incorre nella loro collera. Il gigante Tizio, che – istigato dalla maligna Era – prova a violentare Latona, viene crivellato dalle frecce dei due e spedito nel Tartaro e torturato per l’eternità.
IL PRINCIPE
Invece il principe tebano Atteone, che scorge Artemide mentre fa il bagno nuda, viene trasformato in un cervo e divorato dai cani. Anche le ninfe devono tenere un comportamento integerrimo, altrimenti incorrono nelle ire della loro signora. Callisto, ingannata da Zeus, cede alle avances di lui e rimane incinta. Furiosa, Artemide la trasforma in un’orsa. In seguito, suo figlio Arcade – o forse Artemide stessa – sta per ucciderla durante una caccia, ma Zeus trasforma entrambi in costellazioni, portandoli nel vasto cielo. Saranno l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore.
Eppure la solitaria dea della caccia è una potente protettrice, quando vuole. Secondo un mito salva Ifigenia, figlia di Agamennone e Clitemnestra, condannata a essere messa a morte per placare la collera degli dei e consentire così alla flotta greca di salpare per Troia. Salva anche la piccola Atalanta, abbandonata dal padre sul monte Pelio. Manda infatti in suo soccorso un’orsa per allattarla; in seguito Atalanta verrà adottata da alcuni cacciatori. Diverrà a sua volta una grande cacciatrice, nota per il piede velocissimo. Per non parlare di ciò che accade alla ninfa Aretusa, sacra a Diana (siamo già nel mito latino). Insidiata dal fiume Alfeo – a volte le divinità sono fiumi – viene trasformata dalla dea in una sorgente vicino Siracusa.
LA FIGURA
Artemide è venerata soprattutto in Grecia, benché molte siano le religioni che a lei fanno riferimento. Si tratta senza dubbio di una figura contraddittoria. Difende le donne, tanto da essere considerata un archetipo di solidarietà al femminile, però sa essere implacabile. Protettrice degli animali e cacciatrice, non manca mai un bersaglio, reale o ideale che sia. Illibata e “grande madre” dalle molte mammelle nella statua di Efeso, rappresenta un modello di forza femminile introspettiva e guerriera, abituata a contare su sé stessa, a non volere un uomo al fianco e a regolare con implacabile durezza i propri conti.