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 2023  novembre 15 Mercoledì calendario

Caro dentista


Ogni anno 5 milioni di italiani rinunciano ad andare dal dentista mettendo così a rischio non solo il sorriso ma la propria salute. Perché come documenta l’Oms le malattie orali quando non curate fanno aumentare di cinque volte il rischio di ammalarsi di diabete, malattie cardiovascolari e tumori, oppure di avere complicanze quando si è malati già. Il problema è che se per tutte le altre cure la sanità pubblica arretra, nella nostra bocca non ha mai fatto nemmeno capolino. Basti vedere i dati di spesa: 8 miliardi l’anno quella sostenuta di tasca propria dagli italiani, appena 85 milioni, lo 0,07% del totale, quella coperta dal Servizio sanitario nazionale. Che almeno sulla carta dovrebbe garantire, dietro pagamento di un ticket, emergenze come ascessi, fratture dentali o sospette neoplasie. Il resto, come impianti o una semplice otturazione lo Stato le passa solo a pazienti «con particolari vulnerabilità sanitarie che rendono indispensabili le cure dentarie o in caso di vulnerabilità sociale». Questo sempre sulla carta, perché nei pochi ospedali pubblici dove il dentista è di Stato i tempi di attesa sono incompatibili con il dolore che spesso i denti scatenano quando si ammalano.
E allora non resta che pagare. Tanto, se si sceglie di andare da un vero dentista “made in Italy”. Abbiamo chiesto un preventivo per tre impianti e a Roma il conto che ci hanno presentato è di 6.100 euro. Quasi la metà di quei 13 mila l’anno con cui in media tira avanti un pensionato. E molti rinunciano. Magari facendo come Denis che racconta: «Ho imparato a parlare senza mostrare i vuoti che ho nella bocca, ma non mastico praticamente più. Avrei bisogno di vari impianti perché una malattia mi ha fatto spaccare i denti, ma ci vogliono 20 mila euro. Cifre che non posso permettermi».
Dal 2018 al 2021, dicono i dati elaborati per noi dall’Andi, l’associazione dei dentisti, la fetta di italiani che si è recata dal dentista in un anno è scesa dal 50,8 al 40,2%, come dire che 5 milioni hanno rinunciato alle cure dentarie. Non parliamo poi rispetto all’Europa, dove la percentuale di chi va almeno una volta l’anno dal dentista è del 56,5%, con punte dell’88% come in Danimarca. E non è che ci si vada di più perché i denti oltralpe siano più fragili, ma semplicemente perché sono di più coloro che possono sostenere i costi. Da noi impossibili anche per quella piccola fetta, tra il 12 e il 15% della popolazione, riferisce sempre l’Andi, che ha una assicurazione o una mutua che copra le spese odontoiatriche. Una statistica elaborata navigando su Facile.it rileva che i costi di una polizza variano dai 190 ai mille euro l’anno, ma con copertura totale solo delle spese per cure canalari, carie e pulizia dentale. Mentre per tutto il resto scattano le franchigie da 500 a 2.000 euro e con tempi di rimborso che vanno dai 6 ai 18 mesi.
Ecco allora che in molti scelgono due alternative. Entrambe pericolose. La prima è quella di affidarsi, coscientemente o no, nelle mani di odontotecnici o comunque falsi dentisti che praticano prezzi stracciati senza avere una laurea. Un sommerso di 15 mila abusivi contro 60 mila “regolari”.
La seconda alternativa è andare a curarsi all’estero. Lo fanno 50 mila italiani ogni anno, per un totale di 6 milioni da quando è iniziato questo turismo delle cure dentarie a buon mercato. I Paesi più gettonati sono Slovenia, Croazia, Serbia, Romania e Albania. Basta sbarcare a Tirana per vedere pareti e fiancate dei taxi tappezzati di pubblicità in italiano di studi odontoiatrici. Come spiega Artdur Dema, direttore di una clinica dentale albanese, i costi sono bassi «perché qui le tasse sono solo del 15% e un’assistente di poltrona costa 500 euro, contro i 1.500 minimo dell’Italia». Ma a volte, come documentano i pazienti di ritorno dall’Est, ci sono anche materiali scadenti – «mi hanno messo denti più bianchi dei confetti», racconta Marco – oppure si applica la formula «la cura in un giorno», spesso incompatibile con la sicurezza. «Il 30% dei miei pazienti ha fatto un’esperienza all’estero sottoponendosi a cure veloci. Ma senza una buona preparazione ante intervento e controlli successivi si rischia di perdere l’impianto così come prima si sono persi i denti», spiega Pietro Felice, direttore della Chirurgia orale all’Università di Bologna. «Si costringono i pazienti a terapie mediche somministrate in tempi che non sono quelli necessari da un punto di vista biologico e così gli insuccessi dopo sono inevitabili», gli fa eco la presidente dell’Ordine degli odontoiatri del Friuli Venezia Giulia, Alessandro Serena. Ma per catturare clienti si reclamizzano le cure in un giorno che scongiurerebbero spese di viaggio altrimenti più alte del risparmio. Salvo poi finire per spendere di più. Come è successo sempre a Marco in Albania. «Fatta tutta una serie di impianti in un solo giorno dopo una settimana dal mio ritorno in Italia continuavo ad avere dolori atroci. Telefonavo in clinica ma nessuno mi rispondeva. Alla fine mi sono finto un nuovo paziente e mi hanno fatto tornare per tre volte con le spese di viaggio a mio totale carico», racconta. Esperienze infelici alle quali si affiancano quelle di chi è tornato con il sorriso smagliante. Fermo restando che bisognerà studiare qualche alternativa a viaggi della speranza dai quali non sempre si torna sorridenti. —