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 2023  novembre 14 Martedì calendario

Perché l’Talia si chiama Italia

Paolo GiulieriniIl processo di nascita dei nomi che designano i vari luoghi della penisola italiana segue uno standard che si ripete spesso inalterato in ogni tempo. Di norma, esiste un nome locale che non necessariamente include tutto il territorio e che esprime come le popolazioni del luogo si autodefiniscono nella propria lingua. Se avviene poi un incontro tra popoli, è sulla base delle interazioni e della quantità di informazioni che ricaviamo dall’uno e dall’altro o sulla prevalenza dell’uno sull’altro che si creano una genesi e una eventuale imposizione del nome.
Quando i Greci conobbero l’Egitto, lo chiamarono Aiguptos, forse derivandolo da Hut ka Ptah, «casa del ka (anima) di Ptah (dio di Menfi)». Poi usarono parole della loro lingua per chiamare monumenti e località: le grandi tombe dei faraoni diventarono piramidi, cioè tortini di cereali, perché ne avevano la forma; gli obelischi ottennero questo nome perché simili agli obelòi, gli spiedi; il delta del Nilo fu chiamato così perché la sua forma ricorda quella della lettera greca rovesciata. Quando Cristoforo Colombo, cercando le Indie, si imbatté in un nuovo continente, lo battezzò Indie Occidentali; il nome rimase a lungo, fino a quando grazie ad Amerigo Vespucci, agli inizi del XVI secolo d.C., iniziò a comparire, nelle carte più aggiornate, il nome di Nuovo Mondo o America. Anche il popolo che la storiografia occidentale conosce come Aztechi si chiamava in realtà Mexica, e noi chiamiamo così gli Inca per la scelta degli spagnoli di usare il vocabolo quechua inca, cioè capo, imperatore, mentre il nome che in origine il popolo Inca aveva dato all’insieme dei territori governati dalla monarchia era Tahuantinsuyu.
Anche per l’Italia antica è avvenuto qualcosa di simile. Uno dei primi nomi della penisola fu Enotria: un nome che sicuramente è collegato al significato generale di terra degli Enotri, ma anche alla vite e al vino, essendo l’oinótron, in greco, il paletto su cui poggia la giovane vite. L’Italia fu nota ai Greci anche come Ausonia, perché abitata dagli Ausoni e come Esperia, cioè terra dell’Occidente: in questo caso i Greci si rifecero alla natura, e al fatto che vedevano calare il sole dalla parte della penisola.
Esiste poi l’ipotesi che la parola Italia – al di là dell’artificiosa congettura antica che la associa al re Italo – provenga dal nome Italòi con cui i Greci designavano una tribù che abitava l’estrema punta dell’odierna Calabria, e che più tardi, per estensione, il termine sia stato usato per tutti i territori confinanti. Non è poi da escludere che il nome Italòi fosse legato al culto del simulacro di un vitello (vitulus in latino e ouitlu in osco-umbro), da cui la parola Ouitoulìa, terra dei Vituli o dei vitelli (forse in questo caso così chiamata anche dagli indigeni), che avrebbe poi perso la v per caduta del digamma, la lettera persa dal greco classico. Alcuni indizi toponomastici, tradotti in latino dai Normanni, potrebbero confortare tale ipotesi: basti pensare a Taurania, Taureana di Palmi, Gioia Tauro, Taurianova, Bova, Bovalino, Itala, tutti nomi in cui il collegamento con vitelli e animali affini è evidente. Anche all’epoca delle guerre di Pirro in Italia, come vedremo, gli elefanti, mai visti prima, furono definiti buoi lucani. E durante la guerra sociale romana, sulla monetazione risalente al 90 a.C. sono rappresentati sia una personificazione dell’Italia come dea, con una legenda ITALIA in latino o l’equivalente VITELIU in alfabeto osco (a seconda che la zecca produttrice utilizzasse una delle due lingue), sia un toro nell’atto di incornare una lupa. Con la conquista romana il nome Italia si sarebbe diffuso gradualmente in tutta la penisola.
Per quanto riguarda invece le singole regioni che sono nel nostro programma di viaggio, scopriremo che molte hanno recuperato i nomi degli antichi popoli italici, anche se non sempre c’è una piena corrispondenza tra i due piani temporali. Possiamo dire già da ora, però, che con la divisione del Paese in regiones sotto l’impero di Augusto si raggiunge il punto di arrivo di un processo iniziato nove secoli prima: la Regio I fu il Latium et Campania; la II Apulia et Calabria; la III Lucania et Bruttii; la IV Samnium; la V Picenum; la VI Umbria et ager Gallicus; la VII Etruria; la VIII Aemilia; la IX Liguria; la X Venetia et Istria; la XI Regio Transpadana. A queste si aggiungevano la Provincia di Sicilia e la Provincia di Sardinia.È evidente dai nomi scelti che prevalga un forte senso di riorganizzazione italica, mentre dello straordinario passato greco non rimane traccia. Con l’introduzione giuridica delle regioni in tempi ben più recenti, possiamo dire che la strada seguita riprende, almeno per la metà, quella scelta nel periodo augusteo: rileggendo i nomi delle regiones, infatti, troviamo una corrispondenza di molte con quelle attuali.
Ma di fatto, al di là dei nomi dati dagli altri, dei confini variabili, delle fusioni di popoli, le radici nascoste di chi aveva sempre abitato quei luoghi o di chi quei luoghi venne ad abitarli persistettero tenacemente.
E con un’idea di quello che troveremo, ma sempre pronti a farci sorprendere dagli antichi Italici, andiamo alla scoperta della loro storia e di quello che ci hanno lasciato.
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Il testo sopra è un estratto
dal nuovo libro di

Paolo Giulierini
L’Italia prima di Roma
Rizzoli, pagg. 252, € 22
Pubblicato per Rizzoli da
Mondadori Libri S.p.A.

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