Linkiesta, 13 novembre 2023
Gentile Gualtieri, ecco perché non pagherò la tassa sui rifiuti che mi ha mandato. Ama e fatti amare
Gentile sindaco Gualtieri, mi accingo a scriverle questa missiva dal nord, ripromettendomi di non eccedere in punti e virgola e moria delle vacche, onde porle un problema filosofico che attiene all’economia politica e ai bilanci delle città.
Poiché il mondo è pieno di gente malfidata, sarà meglio dica subito che io e lei, l’ultima volta in cui ci siamo incontrati, ci davamo del tu. Certo, era molto tempo fa: eravamo ragazzi di belle speranze. Poi io sono passata da giovane cialtrona a cialtrona senile, e lei si è sacrificato a fare il lavoro più ingrato del mondo: il sindaco di Roma.
Per rimarcare l’ufficialità di questa lettera aperta e il fatto ch’essa sia indirizzata al ruolo che lei ricopre e non a lei come già giovanotto che mi capitò di conoscere quando c’era la lira, le darò del lei. Giuro che non è un modo per prendere le distanze dai romani, sebbene prendere le distanze dai romani non sia una brutta idea.
Come credo lei sappia, ho vissuto a Roma per diciassette incredibili anni. Incredibili nel senso che non riesco a capacitarmi d’aver sopportato così a lungo i limiti di quella città. Che erano, allora, uguali identici a ora: come credo lei sappia, è mia convinzione che Roma non sia peggiorata, ma che siano solo arrivati i telefoni che fanno le foto.
Me ne sono andata da Roma all’inizio del 2008, sono quasi sedici anni, e la principale differenza è: le foto le facevano solo i turisti giapponesi. Noialtri non fotografavamo buche, mucchi di spazzatura, ratti, cinghiali, ragazze di etnie indicibili che ci rubavano i cellulari mentre stavamo seduti al bar, punkabbestia con cani (punkabbestia con cani che, dal 2001 al 2006, ho scavalcato ogni sera percorrendo ponte Sisto per tornare a casa dalla redazione, senza mai fotografare né loro né il tramonto sul Tevere, le foto del quale sono il modo in cui i romani cercano di convincere loro stessi di vivere in un bel posto).
Negli ultimi anni sarò venuta a Roma, boh, cinque volte. Sono primatista del trovare il modo di non fermarmici a dormire neanche una notte, avessi pure una riunione romana il giorno del mio compleanno e mi toccasse festeggiare col prosecco del Frecciarossa: se non pernottare a Roma fosse una specialità olimpica, io sarei medaglia d’oro.
Ora, sindaco Gualtieri, lei si starà chiedendo perché mai ritenga di rimarcarle la mia assenza da Roma, sembrando un po’ quegli ex che ti citofonano per dirti che non ti pensano proprio. Il fatto è che da qualche tempo mi sono cominciati ad arrivare dei bollettini per la tassa sulla spazzatura relativi a una casa dove non abito più a Milano.
È stato allora che ho scoperto la mia natura: sono arrivata a cinquant’anni prima di accorgermi che, per me, le tasse sono come la mancia al ristorante. Devi meritartele. Da quando ho visto com’è gestita la spazzatura a Bologna, l’organizzazione della raccolta milanese mi pare valga il Nobel per la pace e pure quello per la Medicina. Quindi ho pagato i bollettini di una tassa che non è di mia competenza. Per gratitudine verso un lavoro ben fatto.
Si dev’essere sparsa la voce – ahò, questa Sorcioni paga tutto senza controllare – e quindi da qualche giorno mi sono arrivati i bollettini della Ta.Ri. relativi alla casa romana dalla quale me ne sono andata quindici anni e nove mesi fa.
La vostra efficienza, forse lei lo sa, non gode di buona reputazione. E quindi, appena ho iniziato a dire «ma vi rendete conto, mi chiedono la tassa dei rifiuti quindici anni dopo», subito sono fioccate le battute sui tempi di reazione romani, i ritardi romani, la romanità romana.
Ma il fatto, sindaco Gualtieri, è che il bollettino dice d’essere relativo al secondo semestre del 2023, mica d’essere una tardiva richiesta per quando abitavo lì ed effettivamente lì producevo rifiuti – non solo sentimentali.
Ora, so bene che c’è una truffa che vige in tutta Italia, e che prevede che, mentre al pagare la tassa sui rifiuti si viene iscritti d’ufficio prendendo la residenza da qualche parte, andandosene da quella residenza non sia automatica la disiscrizione (è un po’ come quando gli abbonamenti alla tv a pagamento si disdicevano con la raccomandata con ricevuta di ritorno: la tassa sui rifiuti è gestita in modi adeguati al mondo prima di Netflix).
Come non mi metto a contestare bollettini – li pago come premio del lavoro ben fatto, o non li pago e penso che me ne occuperò poi quando verranno a sequestrarmi i mobili – allo stesso modo non mi cancello dalle liste di coloro che pagano la tassa sui rifiuti: il mio tempo ha un valore e, finché lo Stato non mi paga per farmelo perdere, io non lo perdo.
Però so, perché è successo appunto con quella casa di Milano, che quando subentra un nuovo inquilino che inizia a pagare quella tassa, automaticamente il sistema (intelligente tipo algoritmo californiano) capisce che tu non produci più spazzatura in quell’appartamento, e ti cancella.
Ora, il punto non è che il vostro sistema si svegli nel 2023 e decida che io abito di nuovo in via dell’Anima (peraltro: era una casa stupenda, ne ho una nostalgia struggente, le si perdonava quasi persino il fatto che fuori ci fosse Roma).
Il punto è che, nella vostra letterina, c’è scritto che mancano alcuni altri miei pagamenti passati. Relativi al 2013, al 2014, al 2022. Tra il 2008 e il 2012 posso capire l’assenza di richieste: sono passati più di dieci anni, persino la monnezza romana ha fatto in tempo ad andare in prescrizione. Ma tra il 2015 e il 2021? Non mi contestate gli arretrati perché in quegli anni ho pagato in stato di sonnambulismo, in una trance da “Febbre da cavallo” in cui invece di scommettere pagavo tasse non dovute?
Oppure, come dicono gli automobilisti di qualunque città quando prendono una multa, il comune sta cercando di fare cassa, mandando bollettini a caso? (Molto a caso: la metratura riportata nel bollettino è la metà di quella della casa dove abitavo).
Escluderei l’ipotesi «la casa è rimasta sfitta e quindi tu continui a essere quella che ufficialmente produce monnezza in quell’appartamento»: una casa così non rimane sfitta quindici giorni, figuriamoci quindici anni.
Escludo anche di pagare come premio per un lavoro ben fatto, sebbene ogni volta che qualcuno si lamenta della spazzatura romana mi tocchi ricordare che in centro, a Roma, c’era la raccolta porta a porta già quando ci arrivai nel 1991, mentre a Bologna nel 2023 si moltiplicano i cassonetti, e insomma non sarete i migliori del mondo ma c’è chi sta molto peggio e se la sente pure calda, come direste dalle sue parti.
Veniamo noi con questa mia a dirvi: io ora con questa letterina ci faccio i sottobicchieri, ma non è che adesso ogni sei mesi mi arriva una richiesta di sanare i bilanci d’una città da cui me ne sono andata continuando a pagarle tasse a caso? Se questa è l’intenzione, vorrei appellarmi alla nostra antica conoscenza e pregarla d’intercedere: può dire all’ufficiale giudiziario incaricato del sequestro per tasse romane non pagate se si porta via quella credenza in cui tenevo i bicchieri ma che non mi piace più?
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