Corriere della Sera, 13 novembre 2023
Come funziona il patto con gli evasori
Un patto con gli evasori in un’Italia dove i dati accertati dal Mef fanno impressione: 41,45 miliardi di evasione da lavoro autonomo o reddito di impresa per 4,1 milioni di contribuenti. Sono così suddivisi: ci sono quasi 3 milioni di autonomi (di cui 1,7 in regime di flat tax al 15%) e 453.429 società di persone che complessivamente evadono il 69,2% dei redditi Irpef per 32,4 miliardi, e altre 674.551 società di capitali che evadono il 23,8% di Ires per 8,98 miliardi.
Il governo Meloni ritiene che la causa dell’evasione sia un fisco «troppo poco amico» e quindi nella legge di delega fiscale (n. 111 del 9 agosto 2023, art. 17 comma 1, lettera g) propone un concordato preventivo per i prossimi 2 anni, estendibili ad altri 2. Vediamo che cos’è e come funziona.
Proposta dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate presenta a ciascun contribuente con un volume d’affari sotto i 5 milioni di euro una proposta che vale per la tassazione nel 2024 e nel 2025 con una stima del reddito imponibile. Il calcolo avviene sulla base delle informazioni presenti nella banca dati dell’Anagrafe tributaria e nei modelli Isa che sono una sorta di pagella (con voto da 1 a 10) sul livello di affidabilità fiscale di ciascuno.
Il contribuente si confronta con l’Agenzia delle Entrate in un contraddittorio semplificato e, se accetta, per due anni paga le imposte in base alla proposta che gli viene fatta. Esempio: l’offerta dell’ Agenzia delle Entrate alla mia società di persone definisce per gli anni 2024 e 2025 un reddito imponibile di 75 mila euro al posto dei 52 mila di solito dichiarati. Qualora nel 2024 la mia società consegua un reddito imponibile di 100 mila e nel 2025 di 120 mila le mie imposte e contributi saranno sempre calcolati su 75 mila euro.
L’accordo però mette come condizione che venga dichiarato tutto quello che guadagno, e se sgarro, o comunque dichiaro meno, non perdo il beneficio del concordato solo se i ricavi nascosti non superano il 30% di quelli dichiarati.
I vantaggi
Per il contribuente o la società che evade le tasse ci sono, dunque, due vantaggi su tutti: 1) paga meno del dovuto, anche perché difficilmente i dati e le informazioni che utilizzerà il Fisco per calcolare l’imponibile sono completi; 2) non subirà accertamenti dall’Agenzia delle Entrate nei 2 anni successivi (a meno che non decadano i presupposti). I controlli, semmai ci saranno, si concentreranno su chi non aderirà al concordato. In sintesi: il Fisco amico non mi chiede tutto, mi concede un margine di errore, e poi non mi controlla.
Non ci sarà, invece, nessuno sconto sull’applicazione dell’Iva che andrà pagata secondo le regole ordinarie. Ma nella pratica cosa bisogna fare per aderire?
I requisiti
Strada aperta anche a quel 1,7 milioni di autonomi con redditi fino a 85 mila euro che pagano la flat tax al 15%, ai quali l’Agenzia delle Entrate ricalcolerà l’imponibile un po’ al rialzo: chi aderirà potrà comunque mantenere il regime forfettario. I requisiti di adesione prevedono che non ci siano pendenze con il fisco (o non superiori a 5.000 euro) e la qualifica di soggetto «fiscalmente affidabile», ossia con un punteggio Isa almeno di 8 (come previsto dal decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 3 novembre). Su 4,1 milioni di contribuenti al momento la pagella fiscale in ordine ce l’hanno in poco più di 1,1 milioni, cioè il 28% del totale. Una percentuale che sale al 47% se si esclude quel 1,7 milioni di contribuenti in regime forfettario che aderisce alla Flat tax, perché l’Isa non ce l’ha, e pertanto non è possibile sapere se sono o meno fiscalmente affidabili.
Chi ha la pagella fiscale attendibile
Il prof. Marco Leonardi della Statale di Milano e il prof. Leonzio Rizzo dell’Università di Ferrara hanno spacchettato i dati. Prendiamo come esempio la categoria dei commercianti di dimensioni medio-grandi. Quelli che possono essere considerati più affidabili (Isa sopra 8) sono il 43%, dichiarano in media un fatturato di 575.690 euro e un reddito imponibile lordo di 61 mila. Perché dovrebbero aderire pagando in più visto che, rientrando nella categoria di quelli presumibilmente in regola, non sono nel mirino dei controlli?
Potrebbe convenire a chi in realtà non ha proprio tutti i conti a posto, ma ha solo ingannato l’algoritmo, e aderendo si porta a casa proprio la garanzia della sospensione degli accertamenti per due anni.
Chi ce l’ha inattendibile
È poco affidabile invece, il 57% dei commercianti di dimensioni medio-grandi (Isa sotto 8): il fatturato medio dichiarato è di 434 mila euro e il reddito imponibile di 19.150 euro lordi. I soldi di questa probabile evasione come il governo intende recuperarli? La speranza di Meloni & C. è che dichiarino spontaneamente un po’ di più per prendersi il voto 8, e quindi poter aderire al concordato preventivo con i suoi vantaggi. Una scommessa difficile da vincere perché legata completamente al comportamento spontaneo dell’evasore, in cambio di «minori oneri connessi alla gestione, da parte del contribuente, delle attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria e, quindi, alla riduzione delle occasioni di conflitto e dei conseguenti contenziosi». La prova che è poco più di un’illusione recuperare in questo modo un po’ di evasione è nelle stime che fa il governo stesso: dalle previsioni risulta che da chi dichiarerà un po’ di più per prendersi il voto 8 saranno recuperati solo 605 milioni di euro. Secondo il professor Leonardi e il professor Rizzo avrebbe avuto più senso prevedere che l’Agenzia delle Entrate facesse una proposta a chi è poco affidabile, andandoli davvero a stanare, e proponendo poi un accordo tarato sul reddito imponibile simile in tutto e per tutto a quello del contribuente che sta sopra 8.
I professionisti
Per fare un altro esempio: il 51% dei professionisti medio-grandi ha un Isa superiore a 8, un fatturato in media di 171.550 euro e un reddito di 105.940; mentre il 49% con Isa inferiore a 8 dichiara in media 170 mila euro di fatturato e 64 mila euro lordi di reddito imponibile. Affinché il provvedimento possa avere più probabilità di successo in termini di recupero di evasione, anche in questo caso il vantaggio per lo Stato sarebbe quello di fare una proposta a questi ultimi.
Chi non aderisce al concordato
In ogni caso il patto con gli evasori può funzionare solo se c’è una minaccia credibile di controlli in caso di rifiuto del concordato preventivo. Vuol dire che, chi non accetta la proposta dell’Agenzia delle Entrate sarà sottoposto a controlli puntuali ed inesorabili. L’articolo 34 comma 2 del decreto legislativo dice: «L’Agenzia delle Entrate e il Corpo della Guardia di finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale». Per fare più controlli serve più personale: resta da capire come il proposito sarà attuato nella pratica visto la cronica carenza di risorse.
Il precedente
In questo provvedimento non c’è nulla di nuovo: è del tutto simile a quello messo in campo dal ministro Giulio Tremonti nel 2003. Si rivolgeva a 3 milioni di contribuenti: le adesioni sono state 250 mila e in 2 anni lo Stato ha incassato 57,5 milioni contro i 3,58 miliardi stimati. In questo caso le stime complessive sono ben al di sotto: nella relazione tecnica è indicata la cifra di 760,5 milioni di euro. Con un’aggiunta che dice tutto: «Nonostante le quantificazioni sopra sviluppate, alla presente disposizione non si ascrivono cautelativamente effetti positivi di gettito». Tradotto: sono pochi soldi e non è detto che si riesca ad incassarli.