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 2023  novembre 13 Lunedì calendario

Il risiko delle procure


Definiti i vertici degli uffici giudiziari requirenti di Napoli e Firenze, si muovono le pedine sullo scacchiere per le prossime nomine dei capi dei pm di altre procure italiane rilevanti. Un risiko a incastro deciso da un Csm che per la prima volta è a maggioranza di destra e che continuerà a ridisegnare il rapporto politica-magistratura sull’asse Palazzo Chigi-Palazzo dei Marescialli.
Da qui alla primavera si deciderà chi andrà a ricoprire il ruolo direttivo in sedi prestigiose come, ad esempio, Torino e la Procura Generale di Roma. Senza dimenticare il dopo-Gratteri in un ufficio giudiziario centrale al Sud come Catanzaro che dopo l’addio del magistrato di Gerace (eletto a maggioranza a guidare la più grande procura d’Italia, quella partenopea) è molto ambita anche – e non solo – come trampolino di lancio avendo negli ultimi anni vissuto una stagione esaltante in termini di lotta alla ‘ndrangheta. E non lasciando indietro i due uffici giudiziari di Catania e Messina centrali, non quanto Palermo ma comunque tanto, nelle politiche di contrasto a Cosa Nostra.
È però Torino il perno centrale da cui molte cose discenderanno. La corsa al dopo-Anna Maria Loreto (la prima procuratrice donna della storia andata in pensione lo scorso 5 giugno) è pronta a entrare nel vivo nel capoluogo piemontese. Vede in pole position due (o tre) magistrati senza però negare una legittima e fondata possibilità anche agli aggiunti interni (tra i quali Marco Gianoglio, capo del pool «reati economici», che ha indagato sui bilanci e sulle presunte plusvalenze della Juventus) che concorrono tutti – e contemporaneamente – anche per il secondo vertice dell’ufficio giudiziario, quello della Procura generale di Corte d’Appello lasciato sguarnito dal sopravvenuto pensionamento dell’esperto Francesco Saluzzo. E per la quale si sono candidati in sette tra cui Lucia Musti, ex reggente della Procura Generale di Bologna ed Enrico Cieri di Alessandria.
Per la procura ordinaria piemontese c’è Giovanni Bombardieri, attuale procuratore di Reggio Calabria, uomo esperto nella lotta alla ‘ndrangheta, già «Aggiunto», per diverso tempo, alla procura di Catanzaro: un direttivo «pesante» che conta sette anni di ruolo. C’è anche Maurizio Romanelli, volto storico della procura di Milano e ora a capo dell’ufficio di Lodi. A sparigliare le carte potrebbe arrivare Giuseppe Amato, ora capo della procura di Bologna e prima di Trento e Pinerolo, figlio di Nicolò Amato già a capo del Dap.
Ma insistenti rumors collocano quest’ultimo in piena corsa per la Procura Generale di Roma. Una maratona – per inciso – qualificata e complessa. Perché oltre ad Amato, il nome forte è quello di Antonio Patrono attualmente a capo dell’ufficio requirente di La Spezia, ma già membro del Consiglio Superiore. E sarebbe difficile – nel merito – motivare anche un diniego a Michele Prestipino, già procuratore di Roma con nomina annullata dal Consiglio di Stato a maggio 2021.
Meno certezze si intravedono al Sud. Sul dopo-Gratteri, ad esempio, per guidare l’ufficio di Catanzaro (le domande scadono giovedì). Concorre Vincenzo Capomolla magistrato di certificata esperienza, già vicario di Gratteri. Potrebbero affacciarsi altri «Aggiunti» tra i quali il magistrato Giuseppe Lombardo che a Reggio Calabria è responsabile della Direzione Distrettuale Antimafia, ma un nome forte sarebbe anche quello di Francesco Curcio procuratore di Potenza dal marzo 2018.
I primi due figurano anche nell’affollata corsa alla procura di Messina sulla quale si deciderà a breve e che oltre a Lombardo vede Rosa Raffa (attuale reggente) e Antonio D’Amato (già componente del Csm) tra i candidati un passo avanti agli altri nonostante la presenza, ad esempio, di profili di assoluto rilievo come Sebastiano Ardita (aggiunto a Catania e già al Csm) e Marzia Sabella, attuale procuratore aggiunto a Palermo che potrebbe concorrere per la nomina di guida dell’ufficio giudiziario di Catania insieme al collega Paolo Guido, il magistrato che ha arrestato Matteo Messina Denaro. Ma anche qui c’è chi giura che il nome di Ardita tornerebbe in corsa.