il Giornale, 13 novembre 2023
Intervista a Roberto Boninsegna (che compie 80 anni)
Gli 80 anni di Bonimba sono il compleanno di una generazione: quella di Roberto Boninsegna, appunto, ma di Riva, Bettega, Prati, Pulici, Graziani, Chinaglia, Pruzzo, attaccanti che oggi sono solo un miraggio. E lui, Bonimba, di mondiali ne ha fatti due: «Nel 1970 e nel 1974: per motivi diversi ci hanno contestato entrambe le volte». Lo chiamò così Gianni Brera, che lo definì anche «il più grande attaccante del mondo». Era, e resta, una rovesciata nella storia e un simbolo dell’Inter. Tradimenti, dice lui, inclusi.
Allora Roberto, com’era il calcio di Bonimba?
«Giocavo con Mazzola e Facchetti nelle giovanili nerazzurre: quando fu l’ora della prima squadra mi hanno scartato. Non piacevo ad Herrera, ma non me l’aspettavo».
Cominciò un giro d’Italia.
«In prestito: Prato, Potenza, Varese. Mi spedivano sempre da qualche parte. Dopo sei anni mi cedono al Cagliari».
Che arriva secondo.
«E Scopigno mi fa: Siamo in troppi, dobbiamo cedere un attaccante e Riva non se ne vuole andare. Infatti è ancora lì...».
Quindi altro giro.
«Rispondo: Me ne vado solo per tornare all’Inter. A Cagliari arrivano Domenghini, Gori, Poli e soldi, cominciano 7 anni bellissimi con uno scudetto e tre classifiche cannonieri. Ma una me l’hanno tolta per un autogol inventato in Tv».
Com’era l’Inter di allora? Problemi con Mazzola?
«Alla fine se son tornato all’Inter è stato proprio merito di Sandro. Una volta in Nazionale mi disse ti piacerebbe, eh?, facendo un sorrisetto. E poi è successo».
Poi il Messico.
«Con Valcareggi sì che avevo un rapporto difficile. Fui chiamato perché alla vigilia si fece male Anastasi. C’era il dualismo Mazzola-Rivera, Sandro aveva i santi in paradiso. Gianni è stato un signore a giocare quei 6 minuti: Pelè rideva».
Torniamo all’Inter: sette anni da idolo dei tifosi.
«E poi ero al mare e mi chiama Fraizzoli: La società ti cede alla Juventus. Ma come la società? Presidente: sopra di lei non c’è nessuno. Niente: volevano Anastasi, dissero che ero calato: Caspita ho fatto 175 gol in 7 anni. Mi minacciarono: o vai, o smetti».
Bonimba bianconero: eresia.
«Invece tre anni splendidi, 2 scudetti e una Uefa. Ho rifiutato il rinnovo perché volevo giocare a Mantova, ma poi non se ne fece nulla».
Juve-Inter 2-0, doppietta di Boninsegna.
«Era odio-amore. Mi dispiaceva, ma io alla Juve stavo bene. Agnelli ti chiamava a casa per sapere come stavi, indimenticabile».
Eppure stava per finire in fabbrica.
«A Potenza non mi pagano: ero lì grazie a Italo Allodi. Chiamai papà chiedendo soldi, lui risponde: Senti, il posto alle cartiere Burgo per i figli dei dipendenti c’è sempre».
Come finì?
«Tornai a casa e diedi le sei cambiali insolute da 100mila lire l’una ad Allodi perché facesse qualcosa. Quei soldi non li ho più visti, poi l’Inter mi mandò a Varese».
Un’altra occasione perduta.
«C’è anche questa: qualche anno fa Moratti mi vuole come team manager. Parto per Milano ma in autostrada la segretaria avvisa che ha un contrattempo. Mai più sentito, poi han preso Cordoba. E la finale di Madrid? Mi invitano sull’aereo dei giocatori, poi mi telefonano: Non c’è posto, può viaggiare coi dipendenti. Son rimasto a casa».
Mai voluto fare l’allenatore?
«Sono stato 12 anni a capo delle rappresentative di C1 e C2: dovevano darmi l’Under 21, ma ci andò Giampaglia. Io mi sono dimesso, lui è rimasto qualche mese».
Perché mancano attaccanti?
«Sono periodi così. Certo che ora è più facile: io ero marcato da libero e stopper, oggi la difesa è sempre a zona, se uno è intelligente si sceglie il difensore. Però se è otto anni che non si va a un mondiale un motivo ci sarà».
E c’è stato un Bonimba dopo Bonimba?
«Per i miei 10mila follower sono stato il miglior centravanti del dopoguerra. E la Gazzetta mi ha messo nell’11 titolare dell’Inter di sempre. Per cui...».
Juve-Inter: come finisce?
«L’Inter è più in forma, la Juventus vince con grande fatica. Per i miei 80 anni la seconda stella sarebbe un bel regalo...».