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 2023  novembre 12 Domenica calendario

Intervista ad Achille Lauro


Nuovo capitolo artistico, nuovo sound per Achille Lauro, tornato con «Stupidi ragazzi», singolo che punta sull’elettronica e si rifà «a sonorità londinesi e berlinesi, filone non molto esplorato in Italia».
Chi sono questi «Stupidi ragazzi»?
«II pezzo fa una riflessione su esperienze autobiografiche. È una ballad intima che ha una visione dell’amore cinica e personale. Ciò non vuol dire che io non creda nell’amore e non lo idealizzi, ma è difficile, ci vuole molto impegno».
Uno sguardo adulto.
«Io credo nell’amore maturo. L’amore non è l’attrazione iniziale che può capitare tutti i giorni, ma sono due persone che vogliono costruire qualcosa. Stare insieme non è semplice: si cresce, si cambia e non è detto che se stai 10 anni con una persona rimanga la stessa che hai conosciuto».
Lei si sente cresciuto?
«Sto vivendo tanto e ho una visione più matura di quel che sono stato. È un momento bello, in cui sono libero. Mi sono dedicato alla musica, ho viaggiato, mi piacerebbe anche andare a stare un po’ a New York, e sento che posso fare quello che mi va, anche la cosa più fuori moda possibile».
E quando riguarda la sua carriera fin qui cosa vede?
«Che ho fatto un percorso pazzesco. Ogni disco è una fase diversa, ho fatto 5 Sanremo, un tour con orchestra. A 33 anni ho difficoltà a trovare quel che non ho fatto».
Bilancio molto positivo...
Stare insieme non è semplice: si cresce, si cambia e non è detto che se stai 10 anni
con una persona rimanga
la stessa
che hai conosciuto
«Sono un esponente del mondo contemporaneo abbastanza importante e sto cercando ciò che si trova solamente in me. Achille Lauro può piacere o non piacere, ma bisogna ammettere che la mia identità è abbastanza unica».
C’è chi ha visto in Rosa Chemical delle somiglianze con lei, è d’accordo?
«Non attacco mai i giovani, per alcuni il modello può essere Elvis o chissà chi, per altri può essere Achille Lauro. Se vedo un ragazzo che si esprime come me, vuol dire che ho fatto un gran percorso. Ma al di là di Rosa, penso ci sia stata un’onda partita da quel che ho fatto. Anche a Sanremo, non voglio essere presuntuoso, ma quello del 2019 non era come oggi. Prima i ragazzi stavano nelle gabbie, inquadrati, ora cercano di essere se stessi».
La sua immagine fluida ha fatto scuola?
«Al di là del fluido, io ho cercato di portare sul palco la mia anima. Se sono stato percepito come uno stendardo di libertà, fluidità, essere chi si vuol essere, ne sono contento. Ma non mi sono mai proclamato paladino di qualcosa, ho fatto quel che sentivo».
Tornerà a Sanremo?
«In questi anni penso che col Festival ci siamo dati tanto a vicenda e siamo cresciuti insieme. Stavolta non so, magari lasciamo spazio ad altri».
Sta lavorando a un disco?
«Ho tanta musica, con una forte identità. Ma mi voglio prendere il mio tempo, esplorare, provare, sbagliare».
Non mi aspetto che la gente mi capisca ma cerco di essere avanti Dopo la tutina a Sanremo tanti si sono chiesti “ma questo da dove viene”?
A proposito di sbagli: è pentito della sua partecipazione all’Eurovision 2022 per San Marino?
«No, io per la mia musica colgo le occasioni che ci sono. Ho cercato di portarla a un panorama internazionale e sono andato lì con la mia visione».
L’anno prossimo sarà a «Una nessuna centomila». Le sta a cuore il tema della violenza sulle donne?
«Mi sta a cuore il tema della violenza in generale, cerco di prendere parte alle cause giuste. L’anno scorso ho realizzato un progetto stupendo andando a parlare nelle scuole e concludendo con un discorso all’Onu. Ma faccio anche cose che nessuno sa nel sociale, è il mio modo di dare».
Fedez si sta battendo per il bonus psicologo: che ne pensa?
«Tante persone crescono sole, confrontarsi è importante. Una volta chi aveva bisogno dello psicologo era malvisto, invece è determinante, specie per i giovani dopo la pandemia. Io sono stato fortunato perché scrivere è anche conoscersi e curarsi. Se non avessi scritto non so che farei oggi, c’era qualunque rischio».
A cosa si riferisce?
«Vengo da una situazione familiare complessa, dalla periferia violenta. Ero un turbolento minorenne e scrivere è stata una specie di terapia».
Si sente capito?
Se sono stato percepito come uno stendardo di libertà, fluidità,
ne sono contento Ma non
mi sono
mai proclamato paladino
di qualcosa
«Non mi aspetto che la gente mi capisca, ma cerco di essere sempre un po’ più avanti e spero che questo crei dibattito. Tanti che mi hanno visto con la tutina a Sanremo avranno detto “questo da dove è uscito”, ma sono tutt’altro che un prodotto di marketing».
C’è sostanza, intende?
«Nulla di quel che mi è capitato è successo a caso. Tutto è l’esatta trasposizione di quel che ho in mente. In Italia c’è un pregiudizio: si pensa che un artista sia esibizionista, anziché capire che c’è un pensiero dietro».