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 2023  novembre 12 Domenica calendario

Intervista a Fabio Volo


Fabio Volo lei andrà in paradiso?
«Ma non so neanche se esista».
Dice uno dei personaggi del suo nuovo libro che per gli antichi egizi bastava rispondere «sì» a due domande: hai dato gioia?/hai ricevuto gioia?
«Se è così, sì. Ma io credo che paradiso, purgatorio e inferno siano qui, in questa vita».
E lei attualmente dove sta?
«All’inizio del purgatorio, però sono appena uscito dall’inferno».
Milano, intanto si sosta al caffè della Triennale. Sul tavolo la sua ultima fatica letteraria: «Tutto è qui per te» (Mondadori). La 13esima, dopo 9 milioni di copie vendute. La prima dopo la separazione con Johanna, la madre dei suoi due figli.
L’inferno è stato lasciarsi?
«No, ci siamo lasciati proprio per evitarlo. L’inferno è quando finisci dentro a un problema e non riesci a vederne l’uscita. Sono i tuoi limiti. E non è che poi non ci rientri più».
Nel romanzo il protagonista è Luca, un 50enne che si lascia, cerca nuove passioni, ritrova vecchi amori. E si confronta con tre donne molto risolte, forti. È lei?
«Diciamo che mi interessava raccontare la storia di un uomo che scappa dalla sua condizione. E che capisce che non esiste soluzione esterna alla sua felicità».
Il tema della separazione però torna ossessivamente.
«La separazione non è un fallimento. I rapporti si evolvono, conta l’intelligenza. Io non credo di amare meno la madre di miei figli. E non credo che lei ami meno me. C’è un modo di stare insieme diverso. Oggi ci preme creare un ambiente amorevole per i nostri figli. Siamo anche andati in vacanza insieme, in Amazzonia».
Ma dopo tre anni ha capito perché tra voi è finita?
«Quando incontri una persona, quella è una promessa di felicità. Se la promessa non si avvera, ti arrabbi. È come un tradimento. Ma l’altra persona non c’entra. La promessa è una tua proiezione, sei tu che carichi l’altro di questo peso. Se non hai risolto i tuoi nodi, non risolvi niente».

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Fabio Volo all’epoca della relazione con Johanna Hauksdottir
Li ha risolti? Ed è ancora single?
«Non sto con nessuno, sono rimasto alla ricerca delle miei cose. La risposta non è un’altra donna».
È stato innamorato davvero nella vita?
«Migliaia di volte, mi innamoro anche delle giornate, dei libri, dei film...».
Sì, ma le storie importanti?
«La donna più importante della mia vita è stata ed è ancora la madre dei miei figli. Rimane lei, domani non so».
Nell’immaginario è visto come un grande conquistatore, un grande...
«Ho capito che cerca la parola per non offendermi: donnaiolo, vuole dire!».
Ecco.
«Avevo quell’immagine lì, dello womanizer, come dicono in inglese. Ma non mi appartiene più. Ho fatto le cose giuste negli anni giusti, non ho il regret di andare in discoteca a 51 anni, sarebbe un fallimento».
La prima volta?
«A 16 anni. Ero in Spagna, in vacanza. A quell’età cominciavano a farlo tutti, per cui dovevi farlo anche tu. Ho conosciuto una ragazza, non so neanche chi fosse. Non aveva niente a che fare con fare l’amore. Poi non è che da lì tutti i giorni, eh... Passò un anno prima che risuccedesse».

Quante donne hai avuto?
«Non le conto».
Qualche follia l’avrà fatta...
«Una sera con una ragazza decidiamo di appartarci dietro a un negozio della Decathlon, l’auto era sua, chiese a me di guidarla. Improvvisamente sento bussare alla portiera: era un carabiniere. Mi dico: è finita. Lui invece gentilissimo: “Ragazzi, attenti, questa zona non è raccomandabile”. Sollevo il finestrino e tiro un sospiro di sollievo. Un instante dopo lei mi fa: “Per fortuna che non ci ha chiesto i documenti, quest’auto l’ha rubata mio padre”. Oggi non sarei qui forse».
Luca vive l’esperienza con la ventenne Matilde. Neanche questa è reale?
«Non l’ho vissuta e non ti dico che sono contento (ride). Ma ho amici coetanei che hanno storie così. Oggi le 25enni sono più mature, evolute e fanno fatica a relazionarsi con uomini un po’ persi. Mentre i loro genitori se ne stanno su Instagram...».

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Fabio Volo tra le copie del suo nuovo libro
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Cioè?
«Quando ero giovane non c’erano i social, dopo scuola ci si trovava in piazza sulla panchina: si fumava di nascosto, limonavi. Avere una mamma di 55 anni, vestita sexy, che balla su TikTok è come se allora te la fossi trovata sulla panchina a fianco, a farsi le canne. Questi ragazzi non hanno più il riferimento di un adulto che sappia stare al suo posto».
Domenica il suo primo figlio Sebastian compirà 10 anni. Alla sua educazione sentimentale ha pensato?
«Quello che faccio con loro è parlare per fargli capire che con me possono parlare di tutto. Do pochi giudizi. Loro sono dei mini-adulti, cerchi di dirgli delle cose e scopri che hanno sempre saputo. Sentono tutto».
Della vostra separazione cos’hanno sentito?
«Per adesso vedo dei bambini sani, comprensivi».
Con suo padre, invece, il rapporto non fu sempre facile.
«Era berlusconiano, c’erano confronti e scontri. Ma non è che non ci siamo mai parlati. Mi ricordo che non voleva che vedessi Rai 3. Io intanto lavoravo a Mediaset, dopo le Iene però tornavo a casa a fare il pane con lui in bottega. Mi ha insegnato la disciplina».
Ha detto: mi ha salvato un suo bacio.
«Mio padre non mi ha mai dato baci, perché era un uomo d’altri tempi. Non era uno affettuoso con noi, rideva e scherzava, ma non era come me con i miei figli, che me li mangio. Un giorno, quando era già malato, gli ho fatto la barba io, per me è stato un momento mistico. Mentre mi avvicino per andare sull’altra guancia, lui mi ha dato un bacio. Fu inaspettato e toccante».

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Fabio Volo con la mamma (da Instagram)
Oggi cosa gli direbbe?
«Ho capito tante cose di mio padre attraverso la relazione con i miei figli. Vorrei potergli parlare con questa consapevolezza. Ci lamentiamo sempre che i genitori non ci capiscano, però è altrettanto vero che noi figli non capiamo loro. Io vorrei che i miei mi capissero».
È vero, invece, che pensa che giornalisti e intellettuali la odino?
«In Italia le categorie vivono negli acquari, con le loro dinamiche. Io ci sono finito dentro scrivendo libri e tutti i pesci hanno cominciato a dire: “Ragazzi, questo non è del nostro acquario, dura poco». Si sono sentiti minacciati. Ma non sono entrato dicendo: “Ho venduto 9 milioni di libri in 25 Paesi, sono il più bravo di tutti”. Sono sempre stato io quello a non prendersi sul serio. Comunque non sono le persone a cui voglio piacere».
Murgia con lei fu spietata: «Gli alberi si vendicheranno». Vi siete mai riconciliati?
«No. Disse anche che dei testi di Battiato erano canzonette: per me sono illuminanti. Oggi è difficile parlarne perché lei non c’è più. Però secondo me anche Murgia nella vita si è sbagliata. Recensì quel mio libro («A cosa servono i desideri», ndr) come fosse un romanzo: era un libro di domande, li avevo visti fare a San Francisco anni prima. In California c’era pure una scuola. Lei forse non lo sapeva. Adesso in America i libri di tendenza sono tutti così. Però probabilmente ho anticipato i tempi. L’ho fatto anche con altre cose: ho realizzato una serie tv dove interpretavo me stesso, i critici mi dissero che ero egocentrico e narciso. Tre anni dopo l’hanno fatta tutti: Verdone, Bisio..».
Fedez, pure. Tra voi ci fu uno screzio.
«Avevo detto una cosa in radio e lui si era offeso. Poi i suoi follower mi hanno inondato di insulti. Ci siamo scritti: lui mi ha chiesto scusa, io gli ho chiesto scusa».
Vivrebbe in vetrina come fa lui?
«Figuriamoci, nelle foto metto ancora i cuoricini sulla faccia dei miei figli. Ma non voglio dare un giudizio. Io vivo ancora di pancia, faccio quello che mi piace: se vado a mangiare una pizza non è che penso che devo fare una foto alla pizza. Il suo è un altro modo di lavorare. Io sono come un contadino, lui è quello laureato. È il frutto del marketing. Non mi pare che ci sia niente di spontaneo».

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Fabio Volo a Parigi
Chi sono i suoi amici?
«Quelli storici di Brescia; poi alcuni che ho acquisito in questi anni a Milano».
Del suo mondo?
«Non ne ho tanti. Con Accorsi andiamo d’accordo, ci vado a bere una birra. Anche con Favino. Cattelan lo vedo in radio, ma non è che lo chiamo per andare a mangiare la pizza».
Milano le piace ancora?
«Sì, ho bisogno di una città che mi offra delle cose. Certo, Milano è peggiorata; ma dopo il Covid anche New York e Parigi non sono più belle come prima».
Dall’Italia scappano tanti giovani.
«Fanno bene. Abbiamo una gestione familiare del lavoro: se incontro un ragazzo in Spagna mi dice: “Lavoro 8 ore, se ne faccio 9 mi pagano un’ora di straordinario”. Qui invece la risposta è: “Poi ci aggiustiamo...”. E ti schiavizzano. Se io fossi un ventenne, oggi me ne andrei dall’Italia».
Non abbiamo parlato della separazione che ha fatto più clamore negli ultimi tempi: Meloni-Giambruno.
«Non penso che in quei fuori onda lei abbia scoperto un uomo che non conoscesse. Per altro era molto più fastidioso il modo in cui lui camminava. Ma lungi da me giudicare, errori ne ho fatti un sacco nella vita. Il problema è un altro».
Quale?
«Il karma. Sono convinto che Meloni dentro di sé non creda davvero all’idea di famiglia tradizionale, come neanche Salvini che è separato due volte. Il punto è non tenere conto del dolore che intanto, con le parole, creano a certe famiglie. Quello prima o poi torna».
Si sposerebbe?
«Mai. Ha più senso andarsene con la propria donna dentro un bosco e chiedere una benedizione. Mi chiedo: con un figlio firmi un accordo per dire che gli vorrai bene?».
Non crede in Dio?
«Medito tutti i giorni da qualche anno. Sento che siamo in connessione con qualcosa. Che sia poi uno con la barba non mi interessa».
Ha un sogno?
«Mi piace la vita che faccio. Ma ora riaprirò la panetteria di famiglia, a Brescia. Torno alle origini. Non che mi metterò a fare il pane, eh. Devo ancora visualizzarmi cosa ci sarà dentro. Forse sarà una catena. Dentro però ci sarà la foto di papà».
Il libro è pieno di citazioni enologiche. Lei che vino si sente?
«Un Valpolicella, percepito come un Lambrusco».
Le dà fastidio?
«No, è buonissimo».