la Repubblica, 12 novembre 2023
Intervista a Laura Pausini
Che la ragazza abbia carattere lo ha dimostrato in tante occasioni, l’ultima a luglio a Venezia, quando ha continuato a cantare sotto il nubifragio a Piazza San Marco. «Ho fatto tanti anni di pianobar all’aperto, e capitavano le serate di pioggia. Se il pubblico andava via smontavamo, ma il babbo mi ha insegnato: “Se resta anche una persona, si continua a cantare”». Laura Pausini gira il mondo, 70 milioni di dischi nel mondo, è una star internazionale legata alle radici. È uscito il nuovo album Anime parallele,il 15 andrà a Siviglia: vincitrice di quattro Latin Grammy e un Grammy, sarà premiata come Latin Recording Academy Person of the Year 2023. L’8 dicembre parte il tour italiano – Rimini, Roma, Mantova, Firenze, Eboli, Bari, Padova, Bologna, Torino, Bolzano, Milano – andrà alla conquista dell’Europa e dell’America.Che effetto fa portare l’Italia nel mondo?«Il primo della mia generazione è stato Eros Ramazzotti. Gli devo molto, quando ho cominciato ad andare in giro ero l’unica donna, “la sorella di Eros”. Mi ha fatto molto piacere il successo dei Måneskin, quello di Mengoni col tour europeo.Spero che spunti una nuova giovanissima».La musica è cambiata.«Grazie al digitale arrivi dappertutto. Negli anni 90 dovevi partire per portare la canzone alla radio, sono stata un mese in Germania, Francia, Finlandia: per 10 anni non sono stata a casa mai. Oggi basta una mail».Ebbe successo subito: come andò?«Il 27 febbraio 1993 a Sanremo all’Ariston c’era il direttore di una radio importante in Olanda che si innamorò della Solitudine, si informò: chi è? È della Warner, lavoriamoci.Bisognava impegnarsi e essere disciplinati. Vogliamo dirla tutta?».Diciamola.«Se non ci fosse stato Pippo Baudo che sceglieva La solitudine, non sarei qui. Da direttore artistico ti seguiva passo dopo passo: alle prove era lì a darti consigli: “La devi cantare più convinta”. Credeva in noi».Il disco “Anime parallele” è un manifesto sui diritti perché percorriamo insieme le stesse strade, ma con desideri diversi.«Da quando faccio questo mestiere non mi sono mai schierata politicamente, non sono in grado, non capisco tante cose, mentre sui diritti umani faccio canzoni. Sono l’unica cosa importante. Canto e scrivo quello che sento».Argomento preferito, l’amore.«Cavolo, è il motivo per il quale siamo stati creati. Siamo qui per scoprire gli altri e vedere negli altri chi siamo.Rispettando le differenze restiamo liberi. Motivo per il quale nel disco i corpi sono stati posizionati sulle strisce pedonali della terra».In “Davanti a noi” spiega il legame con suo marito Paolo Carta “liberi di scegliere una rotta differente”.«Mi sono sposata dopo 18 anni perché ho capito che ognuno di noi ha lapropria individualità. Lasciandoci liberi di essere chi siamo preserviamo il rapporto. I miei amici sono allucinati perché ci guardiamo come se fossimo fidanzatini. Tra noi c’è amore, passione, fiducia e rispetto delle libertà reciproche».È gelosa di lui?«I primi anni, molto… Oddio, sono gelosa anche oggi se qualcuno lo guarda in maniera ammiccante».Perché ha voluto sua figlia Paola nelle canzone “Dimora naturale”?«È sul legame tra un genitore e un figlio, avevo pensato di fargliela trovare come sorpresa il giorno dell’uscita dell’album. L’ho cantata di notte, ho lo studio di registrazione in casa, lei è scesa e ha insistito per cantarla. Le ho messo le cuffie, ha cantato sul ritornello dov’era registrata la mia voce, in italiano e in spagnolo. Pensavo di tenerla per noi, ma il mio manager mi ha detto di lasciarla. È una delle canzoni più vere della mia carriera».“Flashback” è dedicata a una ragazza che ha subito violenza da parte del padre, siete in contatto?«Sono legatissima ad Alessia, 15 anni fa mi chiamò in radio, piangeva.Abbiamo avuto un rapporto telefonico quotidiano del quale non avevo mai parlato: però la mia partecipazione a “Una nessuna centomila” era dedicata a una ragazza di Torino che si chiamava Alessia. Ora ha pubblicato un libro, è diventata infermiera, si è sposata e ha due bambini. Ho scrittoFlashback e non le ho detto niente fino al giorno delle foto del disco: tra quelli che attraversano le strisce con me c’è lei».Ha detto che non si sente all’altezza della sua carriera: chi è oggi Laura Pausini?«La Laura che prende l’aereo è la stessa che prendeva il treno delle 7.30 a Solarolo e ora ha quasi 50 anni.Non sono più solo italiana, non sono più solo mia. Non penso mai a me come a una star, non sognavo di diventare famosa. Non avevo mai visto una donna fare pianobar, si figuri se pensavo che sarei andata a Sanremo o all’Olympia di Parigi o al Madison Square Garden di New York. Vivo la contraddizione. Aspiro a essere naturale dentro una vita che di semplice non ha niente».Che pensa della dittatura della bellezza, sente la pressione?«Non ho mai potuto puntare su quello però mi chiedono spesso perché porto i pantaloni neri. Mi sembra ridicolo, devo rispondere se canto male. È vero, la pressione c’è. La senti, alla mia età, a livello di marketing: va di moda il reggaeton? Allora fai un duetto con un giovane. E perché non un po’ più di seno di fuori? Ogni artista ha il diritto di scegliere come presentarsi».Il 16 maggio compirà 50 anni: com’è il rapporto con l’età?«Un rompimento di cavolo, spero di diventare come le persone che arrivano a un traguardo serene. In questo momento mi dà solo fastidio, non so neanche se festeggerò».Esagerata.«Per me il periodo più bello è stato dai 39 ai 43 anni, con Paola piccola».Andrà al Festival di Sanremo, dove tutto è cominciato?«Non ci sarò, anche se mi hanno chiamato. Sono in tour».È grande amica di Paola Cortellesi: che ha provato guardando “C’è ancora domani”?«Ci sentiamo tutti i giorni. Alla Festa del cinema di Roma, ho sentito il cuore fuori dal corpo, ho pianto tutte le lacrime per l’orgoglio che va oltre la nostra amicizia. Il pubblico lo ha capito, il suo è un film importante, come La vita è bella».