la Repubblica, 12 novembre 2023
È scappato il leone
È durata solo mezza giornata la libertà del leone di Ladispoli. Scappato da un circo e rifugiato in un canneto sul greto di un fiume. Spaventato, forse nostalgico della sua gabbia e del suo salario – una bistecca monumentale. Mi sento partecipe delle emozioni di tutte le persone coinvolte: soprattutto il leone, poi il personale del circo, la cittadinanza di Ladispoli, le autorità tutte.
C’è qualcosa di antico, in certi fatti di cronaca, che in fondo conforta, nel senso che decelera: altro che Intelligenza Artificiale, qui è la paura delle fauci a tenere banco. La foresta, mica il web. Il leone di Ladispoli ci riporta a quello che siamo sempre stati, scimmie appena scese dagli alberi e ancora soggette al terrore ancestrale della belva che di noi vorrebbe fare un solo boccone. Il circo, il baraccone, e molta produzione horror con effetti speciali (evoluzione del baraccone) ancora di questo trattano: la paura di essere divorati, la contentezza, un poco sempliciotta, di domare la belva e dominare la natura.
“La popolazione è invitata a rimanere in casa”, ha detto il sindaco. L’enorme gattone è libero per le vie, con una sola zampata potrebbe (metaforicamente) abbattere una casa, e tornano in mente infinita letteratura, cinema, canzoni. Jack London, Dersu Uzala, Kipling, Sandokan, Jannacci (“e gridare aiuto aiuto è scappato il leone!”), Brassens e Il gorilla, le giungle di ovunque, occhi di brace nel buio, William Blake.
Ognuno aggiorni alle sue letture, alle sue visioni e ai suoi sogni la notizia che “un leone si aggira per le vie”. Vidi anni fa, nel cuore delle Langhe, un puma tra le vigne.
Non avevo bevuto, lo giuro. Forse lo avevo sognato. Forse c’era davvero.