la Repubblica, 12 novembre 2023
Fuggire della mafia
LOCALITà SEGRETA, NORD ITALIA – L’appuntamento è a un casello autostradale. Poi l’indicazione di una piazza. Passo rapido, sguardo circospetto. Eccola Anna, 40 anni. La guardi e ti chiedi come faccia a vivere in fuga da 11 anni, una vita di facciata, senza passato, nome di fantasia, ma quello vero sui documenti. Ti chiedi come sia riuscita questa giovane vedova di mafia a salvare i suoi bambini, una femmina e un maschio, dalla caccia della sua famiglia che la insegue da quando, una notte del 2012, decise di lasciarsi tutto alle spalle per regalare ai suoi figli un futuro lontano dalle cosche.«Piacere, Anna…adesso mi faccio chiamare così. Per la verità non so più neanche io chi sono».Anna, perchè vive così?«Quattro volte mi hanno individuato, per miracolo sono riuscita a salvare i bambini, a fuggire, a cambiare di nuova casa, città. E la cosa più brutta è che a darci la caccia è la mia famiglia. Per mio padre aver lasciato che io mi sottraessi al mio destino è un affronto. E mia madre ancora peggio, fiera e serva di quella figura maschile che di forte non ha nulla».Ci racconti tutto dall’inizio.«Mio padre è un affiliato alle cosche del Catanese e anche la famiglia di mio marito. Certo, sapevo qual era l’ambiente in cui sono cresciuta ma non avevo contezza di altro, ho sempre lavorato nell’azienda di famiglia da quando ero ragazzina e mio marito lavorava nel cantiere del padre. Mai indagato, mai arrestato».Ma una sera non è tornato a casa.«Doveva andare a prendere i bambini da mia madre e non si è visto. Non rispondeva al telefono e la notte non è tornato a casa. Il giorno dopo ho capito subito che c’era qualcosa che non andava e che lo avevano ucciso.La sua stessa famiglia».E come l’ha capito?«Ti sparisce un figlio, un nipote, fai qualcosa, lo cerchi, ti muovi. E invece si preoccupavano solo di quello che facevo io. Mia madre mi disse subito: “La tua vita è finita, d’ora in poi fai quello che dicono tuo padre e tuo fratello. Piangitelo, metti il nero, chiuditi a casa ma stai zitta”».Ma lei non stava affatto zitta.«Sono stata sempre ribelle, ma questo non potevo sopportarlo, andavo per strada e gridavo a tutti quello che avevano fatto. Il corpo di mio marito non è mai stato ritrovato, solo dopo, dai giornali, seppi che ad eliminarlo era stato suo zio perchè lui si stava allargando troppo».Sola, con due bambini piccoli.Come è riuscita a fuggire?«Mi sono ribellata a quel destino che avrebbe fatto di mio figlio un altro piccolo mafioso e di mia figlia un’altra donna serva di questi uomini senza onore. Ho chiesto aiuto a tanti, invano. Poi un giorno ho visto un volantino di Libera in un negozio. E sono entrata in contatto con don Luigi Ciotti. Mi ha aperto una cartina davanti e mi ha detto: dove vuoi andare? Prima ho portato in salvo i bambini, poi ho messo insieme due cose e sono sparita».Senza una casa, un lavoro, unanuova identità?«Un’impresa titanica. Sapete cosa significa cambiare nome ma avere i documenti con quello vero, crescere i tuoi figli raccontando tutta la verità ma chiedendo loro di mentire sempre, senza mai fare un errore che potrebbe costarci la vita? E vivere con il costante terrore che ci trovino?».E infatti vi hanno trovato.«La prima volta nel 2014, a scuola.Quella mattina Dio ci ha salvato. Non è suonata la sveglia. Mi chiama la direttrice : “Ci sono due uominidavanti le classi dei suoi figli, dicono di essere venuti a prenderli. I loro nomi erano nell’elenco degli alunni nel corridoio. Chiamo Don Ciotti: “Prendi i bambini e scappa”. Poi, grazie a lui, sono riuscita ad ottenere che i miei figli venissero iscritti a scuola con falso nome ma che alla fine del percorso didattico venisse riconosciuto il titolo di studio. Poi è successo in palestra, e altrove».Una vita a ostacoli tutti i giorni.«Ogni gesto è un rischio. Il tampone durante il Covid, un accesso in ospedale. La tessera sanitaria riporta il nostro vero nome. E ora l’università per mia figlia. Capisce che il suo ragazzo non sa come si chiama veramente? Io ovviamente non posso lavorare, vivo grazie a don Ciotti. Perché dobbiamo far pagare ai figli colpe che non sono loro».Anna, cosa chiede?«Lancio un appello a Giorgia Meloni: tanti anni di battaglie non possono sfumare. Ho cercato di far crescere i miei figli liberi, senza paura, cerco di motivarli. Rifarei tutto ma oggi ho bisogno di dare un senso a tutto questo. Io e le donne come me chiediamo solo di poter avere una nuova identità, senza questa tutti i diritti fondamentali, la scuola, la sanità, il lavoro, la dignità della persona ci sono negati. Ogni mattina a ffronto la battaglia che la giornata mi presenta. Se lo Stato non ci aiuterà, condannerà noi a vivere nascosti mentre i mafiosi continuano a girare liberi per strada».