il Fatto Quotidiano, 12 novembre 2023
Le banche fanno 40 mld di utili
Grazie al rapido e imponente rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea, le banche italiane faranno festa a fine anno: i loro profitti potrebbero arrivare a 43,4 miliardi di euro, con un aumento del 70% rispetto ai 25 miliardi registrati nel 2022. Un risultato eccezionale, come abbiamo già avuto modo di raccontare, che ora la Fabi (il principale sindacato dei bancari) ha messo nero su bianco in un’analisi. Un record che, però, non porterà nemmeno un euro alle casse dello Stato. C’è, infatti, la conferma che le banche hanno deciso di non versare la tassa sugli extraprofitti, varata dal governo Meloni, e si terranno oltre 4 miliardi di euro.
Nel dettaglio, nei primi nove mesi, gli utili dei primi cinque gruppi bancari (Intesa, Unicredit, Banco Bpm, Bper e Mps) si attestano già a 15,7 miliardi di euro, ma i risultati attesi sono circa tre volte superiori al quinquennio precedente. Nel 2021, gli utili si attestavano a 16,4 miliardi, nel 2019 a 15,7 miliardi, nel 2018 a 15,1 miliardi, mentre nel 2020 – complice la pandemia – il risultato complessivo fu di soli 2 miliardi.
A contribuire al risultato record del 2023 ha contribuito anche la decisione delle banche di non pagare la tassa sugli extraprofitti introdotta dal governo questa estate come misura “sociale”. Ma tutte le banche hanno optato per l’accantonamento a riserva non distribuibile pari a 2,5 volte l’importo teorico del prelievo fiscale. Come abbiamo scritto, nemmeno le banche a controllo pubblico, Mps e Mediocredito Centrale, pagheranno l’imposta al loro azionista di riferimento, il ministero dell’Economia, lo stesso che l’ha varata solo tre mesi fa. Secondo le stime dell’esecutivo, la misura avrebbe dovuto garantire alle casse dello Stato tre miliardi di euro. In particolare, per le prime cinque banche si tratta di 4,2 miliardi per il 2023. A settembre, il governo ha offerto alle banche una scappatoia: al posto di pagare la tassa, gli istituti di credito hanno potuto destinare gli utili a riserva, senza la possibilità di distribuirli agli azionisti. E così hanno fatto. “Le nostre previsioni confermano che il settore sta attraversando una fase straordinaria: i risultati legittimano le nostre richieste economiche per il nuovo contratto nazionale”, commenta il segretario del sindacato Lando Maria Sileoni che, forte di questi dati, continua a spingere per un aumento mensile per i 270mila lavoratori del settore.
Intanto dopo la crescita dei profitti delle banche, chissà quando gioirà un po’ anche la clientela. Per ora ci sono solo le maxi rate pesantissime per le famiglie che hanno un mutuo a tasso variabile e il calo dei prestiti registrato dalla First Cisl. Nei primi nove mesi dell’anno le cinque big hanno ridotto il credito del 5,8%. Mentre non c’è ancora traccia dei rialzo del tasso d’interesse applicato ai conti correnti. Insomma il denaro continua a non fruttare niente a favore dei risparmiatori che depositano in banca i loro risparmi, mentre per gli istituti è l’anno d’oro.